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Dell’educare.28
… i bambini non crescono come le piante
Aldo Ettore Quagliozzi
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Una brevissima nota tratta da un lavoro del professor Umberto Galimberti apparso sul quotidiano “la Repubblica“ del 5 gennaio dell’anno 2003 apre la serie delle paginette del nostro immaginario sillabario alla lettera “i“, “i“ come infanzia, come ingenuità, come immaginazione, ma anche come indifferenza ed insensibilità, come talvolta accade nel rapporto educando-educatore da parte di quest’ultimo allorquando, con fare eccessivamente precettivo, non coglie le necessità proprie dell’educando inducendo in esso atteggiamenti di ribellione, di iperattivismo o al contrario una chiusura nel suo mondo che in tante sciagurate occasione spinge alla condizione negativa della depressione.
“( … ) … i bambini non crescono come le piante, dove basta un seme caduto in un terreno adatto. I bambini crescono bene solo se si parla tanto con loro, non con una parola precettiva ( … ), ma con una parola curiosa che si intrattiene con loro per scoprire il perché dei loro movimenti, delle loro ideazioni, delle congetture con cui i bambini creano lo schema del loro mondo, in cui noi siamo ospitati come compagni di viaggio nella scoperta del nuovo e non come guide che già conoscono tutte le vie e perciò le indicano senza lasciarle scoprire.
E questo perché un bambino ama se stesso e il mondo che lo circonda attraverso le scoperte che fa e che può comunicare, e non perché segue vie tracciate, che possono essere anche quelle giuste, ma che lui non sente come sue.
E allora si ritira in un se stesso non scoperto, come non scoperto è il mondo che lo circonda. E in questa sequenza di ubbidienze cieche, lungo percorsi che non riconosce come suoi, alla fine o si ribella e diventa iperattivo ( … ) o si chiude in se stesso e si deprime ( … ). ( … )”
agosto 2004
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