Migrare implica non solo uno spostamento territoriale, un cambiamento fisico dei luoghi e delle persone con le quali si sono instaurati solidi legami, ma anche passare da una cultura, la propria, ad un'altra. Nel lento processo di scambio interculturale che la migrazione presuppone, passaggio destabilizzante ed incerto, il cibo con il suo potere evocativo di luoghi, persone e momenti particolari, contribuisce in maniera determinante ad affermare l'identità dell'individuo e del gruppo etnico a cui appartiene, a lenire il dolore dell'abbandono degli affetti.
Allo stesso tempo il pasto, in quanto rappresenta un momento d'incontro il cui centro è legato ad un'esperienza sensoriale immediatamente percepibile e che non ha bisogno di mediazione per essere compresa, può agire da tramite tra le culture, favorendo l'interazione tra individui diversi. Ma se il cibo favorisce il contatto tra le culture, esso non ne esce indenne e subisce cambiamenti correlati ai tempi e ai modi dell'incontro in una contaminazione spesso multiforme e arricchente.
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