L’EDUCAZIONE AL BELLO Il disagio esistenziale e il senso di impotenza
Il valore dell’attribuzione di senso e significato al mondo
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L’EDUCAZIONE AL BELLO
Il disagio esistenziale e il senso di impotenza


di LAURA TUSSI


Il valore dell’attribuzione di senso e significato al mondo


I ragazzi difficili presentano limiti all’attività intenzionale di attribuzione di senso e significato al mondo e alla realtà nel pensare la propria collocazione rispetto agli altri. Questi limiti dell’intenzionalità provocano nel ragazzo un’idea di impotenza di sé di fronte al mondo e di nullità. Questo tipo di percezione è caratterizzata da un “eccesso di mondo” o da un “eccesso dell’io”. Il mondo continua a sfuggire ad un fittizio potere sulla realtà, nonostante un io che si considera onnipotente, causando una frustrazione assidua del sentimento di onnipotenza e suscitando la sensazione di un baratro, di un vuoto, un’angoscia incolmabile rispetto ai ripetuti tentativi di fagogitazione universale votati all’insoddisfazione. Nei ragazzi difficili si percepisce un senso di avvilimento, di rinuncia e di fatalismo che caratterizza la loro esistenza. Anche gli atteggiamenti provocatori, spavaldi, rivendicativi rispetto al proprio modo di vivere manifestano, ad uno sguardo entropatico, un acuto senso di insoddisfazione che scaturisce dalla sostanziale incapacità di attribuire un senso alla propria vita. Occorre ripensare la percezione del ragazzo difficile che manifesta questa onnipresente sensazione di nullità del sé. Il ragazzo a disagio in difficoltà non è una persona appagata e soddisfatta del suo comportamento antisociale, ma si rivela alla ricerca di un modo per non sentirsi completamente e definitivamente oppresso dal senso di impotenza. Dunque il comportamento irregolare e “difficile” pare essere il risultato di una visione della realtà focalizzata su una modalità distorta di considerare e percepire la correlazione tra l’io e il mondo, producendo così un senso di nullità del sé che comporta una finalità sostanziale della rieducazione, ossia la costruzione di un ottimismo esistenziale.


L’effetto egosintonico con il reale


Il senso di soddisfazione è appagato dal considerarsi all’origine di un progetto di investimento di senso e significato nei confronti del mondo in grado di verificarsi in base ai dettami imposti dalla realtà e tramite un percorso di pattualità di senso e negoziazione di significato con l’alterità, con l’altro da sé, con gli altri. Tutto questo è definito ottimismo esistenziale che rivela l’attuale o possibile effetto egosintonico del reale. Per giungere ad un’affermazione dell’ottimismo esistenziale, il ragazzo deve compiere esperienze focalizzate sul bello, favorendo la capacità di crearsi un senso estetico, attraverso cui appropriarsi della categoria della bellezza con cui interpretare ogni realtà. Non è necessario imprimere nel ragazzo una serie di oggetti belli o di imporgli una gerarchia elaborata e classificatoria della realtà, ma risulta utile concedergli la possibilità di sperimentare l’emissione di un giudizio, attribuendo senso e significato al reale. La presa di coscienza che il reale non è il risultato di un processo interpretativo che può variare in base ai suoi connotati particolari e al loro relazionarsi al soggetto osservatore. Così il ragazzo scopre il risvolto soggettivo dell’attribuzione di senso e di significato al reale, collocandosi al principio della dinamica di significazione. Occorre che l’educatore susciti delle discussioni per mettere a confronto non solo il risultato del processo cognitivo culminante nel giudizio estetico, ma anche i concetti che dimostrano l’assunzione di una determinata opinione, di un preciso parere sulla realtà, sperimentandone i molteplici aspetti del reale che scaturiscono dal confronto tra punti di vista differenti. Sussistono percorsi soggettivi di significazione del reale per cui ogni individuo elabora la propria interpretazione. Le esperienze di fruizione del bello creano il senso interpretativo della realtà, favorendo così la modifica della percezione del mondo. Questo percorso educativo può condurre alla capacità di riconoscere l’altro come soggetto. L’educazione estetica inizia dal confronto con quei momenti apicali che siano praticabili tramite paradigmi presenti nello stile cognitivo tramite cui il ragazzo interpreta il mondo, come la sfida nei confronti delle difficoltà, il senso dell’avventura, il fascino dell’imprevisto e dello straordinario. La fruizione pedagogica dell’esperienza del bello si delinea quale soluzione adeguata per creare una riqualificazione del mondo tramite cui il soggetto rappresenta ed interpreta la propria esistenza nel mondo e con gli altri. Raccontarsi al mondo e con gli altri tramite il senso del bello che dovrebbe permeare l’esistenza è un’esperienza emotiva ed emozionale nella ricerca di senso e di significato da attribuire all’esperienza di superamento delle difficoltà, delle fasi della vita permeate di avventura, del fascino dello straordinario e dell’imprevisto.


Educare alle differenze


L’educazione al bello comporta così l’acquisizione di quell’ottimismo esistenziale da spartire nel quotidiano per se stessi, con gli altri, in un’imperfezione esistenziale implicita, ma non eliminabile, in quanto comporta l'incompiutezza indistinta, la diversità implicita in ogni individuo che rappresenta un'insostituibile ricchezza per e nell'umanità, nel confronto inesausto, nell’incontro positivo con se stessi e con gli altri, ricco di narrazioni infinitesimali e di racconti di esperienze quotidiane. Educare al bello significa proporre al ragazzo il concetto che l’ideale estetico possibile sussiste in ogni incontro con il mondo, con le persone e con le esperienze del difficile, del pericoloso che possono acquistare la loro particolare bellezza. Ritenere che il mondo sia bello o possa essere bello in parte, dipende dal punto di vista con cui lo si considera, avendo circoscritto all’interno della propria esistenza delle nicchie di pensiero prioritarie e tutelate in cui l’ottimismo esistenziale non è più considerato una chimera predicata dall’entusiasmo, ma un vissuto che scaturisce da una specifica relazione con il reale. L’educazione al bello offre ai ragazzi in difficoltà una visione prospettica sul mondo che pretende di essere intrecciata con altre, offerte dal percorso rieducativo. L’educazione al bello risulta un percorso imprescindibile dell’intervento educativo, per la capacità di provocare la costruzione di percorsi progettuali di metabletica del mondo, in un’azione di trasformazione. L’intima relazione tra soggetto e oggetto come costruzione della conoscenza, apre un ambito metabletico del reale. Questi aspetti risultano particolarmente importanti in quanto riuniscono in sé due momenti centrali del percorso rieducativo, quali l’educazione all’impegno personale e alla responsabilità sociale. L’introiezione del senso dell’impegno interconnette con l’assimilazione del senso di responsabilità come necessità di rispondere di tale adeguatezza agli altri.


Bibliografia:


Bertolini P. (1972), Il problema della gioventù socialmente disadattata, Milano Vallardi
Bertolini P., Autonomia e dipendenza nel processo formativo, Firenze, La Nuova Italia
Merleau-Ponty M. (1945), Fenomenologia della Percezione, Milano Il Saggiatore, trad 1980
Piussi A. M. (1989), Educare nella Differenza, Torino, Rosenberg &Sellier
      

nome:Laura cognome:Tussi email:tussi.laura@tiscalinet.it

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