Un appello alle Regioni
Paola Blondi - 01-06-2004
La bozza di decreto sul cosiddetto diritto dovere è uscita dal Consiglio dei ministri e attende il parere delle Commissioni parlamentari e della Conferenza Stato/Regioni.

Alle prime spetta il compito, anzi il dovere, di ripristinare l'obbligo scolastico per il primo ciclo. Un decreto non può riformare la Costituzione e chi è rappresentato in Parlamento (noi cittadini, per intenderci) pretenderebbe, mi pare a buon diritto, di non dover sempre vigilare in proprio, con ricorsi e denunce, auspicando che i passi dovuti vengano dai nostri rappresentanti parlamentari.
Alla seconda spetta di esercitare per davvero le nuove competenze concorrenti in materia di istruzione. Cosicché c'è molto da dire sull'apprendistato, sul bug di età, sulla garanzia di un reale percorso formativo a scuola.

Ma c'è di più, e qui sta l'appello rivolto alle Regioni.

L'attuale bozza di decreto, in attuazione della legge 53/03, fa riferimento al sistema dei licei e al sistema dell'istruzione e formazione professionale, di cui nulla sappiamo di più preciso, in attesa dei decreti legislativi in merito. Non a caso al momento il decreto sul diritto dovere fa riferimento all'ordinamento attuale della scuola secondaria superiore.
Che si profilino all'orizzonte due "canali" sta scritto nella legge 53; che per il momento ciò sia virtuale è un dato di realtà.
Cosicché abbiamo due anni - così fa intendere la bozza di decreto - in cui il prolungamento dell'obbligo scolastico, alias diritto dovere, sta in un unico canale, quello attuale di ordinamento, nella sua tripartizione (licei, tecnici, professionali) che è comunque tutta scuola. Per la paura di quello che verrà (o potrebbe avvenire) non è il caso di perdere l'occasione di rendere vero questo prolungamento dell'obbligo nel primo biennio. E' un intero ciclo di secondaria superiore (non più un anno solo, con tutti i problemi relativi) in cui grazie all'autonomia le istituzioni scolastiche, favorite dagli Enti locali, potrebbero realizzare percorsi di un certo significato, con crediti finali efficaci. A scuola. Magari potenziando l'integrazione con la formazione professionale, ai sensi delle leggi vigenti sull'obbligo formativo. Nel caso specifico il "retrodecreto" ci è utile, giacché permette di realizzare modelli di esperienza di non poco valore anche per contrastare l'interpretazione di un ventilato "secondo canale". Questo obbligo a 16 anni, assicurando competenze di base per tutti, a scuola, starebbe anche nelle linee dell'Europa (Strategia di Lisbona) e delle scelte più praticate nei sistemi scolastici dei Paesi europei, Germania compresa. E' un'occasione da non perdere.
Peccato che siano in atto le sperimentazioni che derivano dall'Accordo del giugno 2003 e dai conseguenti Protocolli regionali. Cosicché in talune Regioni dopo la terza media si va nei percorsi della formazione professionale, in altre Regioni sono programmati "bienni integrati". Soluzioni ben diverse, entrambe però di minore pregnanza dell'attuale "retrodecreto" che permette un prolungamento dell'obbligo nella scuola.
Ma - per fortuna c'è un ma - l'Accordo siglato in Conferenza Stato/Regioni dice ben chiaro che le sperimentazioni sono attuate nelle more del decreto attuativo del diritto dovere, per sanare un vuoto legislativo. Tra breve il decreto ci sarà, quindi l'Accordo decade. Automaticamente. Sono in forse le stesse sperimentazioni che dovrebbero avviarsi nel prossimo settembre, le Regioni debbono darne immediata informazione alle scuole e alle famiglie.
E se qualche Regione vorrà continuare nella propria strada (pensiamo alla volontà politica di percorsi nella formazione professionale) dovrà non essere "coperta" dalla Conferenza Stato/Regioni, dovrà rispondere ai giovani e alle famiglie non solo di un illecito, ma anche di un percorso che è "secondo" senza alcuna ragione.


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