L’évaluation des établissements d’enseignement obligatoire en Europe
Grazia Perrone - 19-04-2004
E' disponibile online la nuova pubblicazione della rete Eurydice "Valutazione delle scuole dell'istruzione obbligatoria in Europa".


Dalla lettura del testo in oggetto si evince – in primo luogo – che la tendenza alla decentralizzazione delle risorse (economiche e … “umane”) è, ormai, una prassi generalizzata in ambito europeo.

La “questione” docente – è questa, in estrema sintesi, la conclusione dell’incontro, svoltosi a Dublino il 18 e il 19 marzo scorso, dei ministri dell’Istruzione dei 30 Paesi aderenti all’Ocse – non è una mera questione di politica economica poiché è strettamente legata a due fattori di natura "contingente":

» Le politiche relative allo sviluppo e alla valorizzazione del “capitale umano” (neologismo orribile ma – ahimé – piuttosto in voga oggigiorno);

» Le politiche della qualità e della competitività del “sistema” scuola.

E’ in questo contesto di “devoluzione” gestionale e didattica coniugata all’efficienza, all’efficacia e – all’immancabile – “produttività” (!?) che, in ambito comunitario, acquista un valore preminente la necessità di prevedere un sistema di controllo – univoco – che sia in grado di garantire un livello o qualità (“standardizzata”) di istruzione.

Qualità standardizzata e documentata “spendibile” in tutti i Paesi dell’Unione.

Nella maggior parte dei paesi comunitari in esame – secondo Eurydice – le singole istituzioni scolastiche sono soggette sia alla valutazione esterna (tramite ispettori di nomina governativa) sia interna (autovalutazione degli istituti). In quest’ultimo caso la valutazione può essere effettuata (di “norma”) dal capo di istituto ovvero tale valutazione può costituire un’eccezione … nel caso in cui al singolo docente debba essere accordata una progressione professionale e stipendiale (Francia).

La valutazione

La valutazione interna avviene nelle comunità francofone e germanofone del Belgio e – limitatamente alla scuola primaria – in Francia e Lussemburgo. Questo tipo di valutazione può essere affiancato da una valutazione esterna delle scuole curata da personale appositamente preparato e specializzato in ambiti specifici.

Nelle comunità del Nord Europa (ad eccezione dell’Islanda) la responsabilità della valutazione degli istituti scolastici è affidata agli Enti pubblici responsabili del “servizio” istruzione i quali, generalmente, delegano tale incombenza ad agenzie specializzate individuate a livello nazionale.

In tutti i casi in esame - è opportuno rammentarlo - non sono i singoli insegnanti ad essere valutati - il cosiddetto merit pay - ma il “sistema scuola” nel suo complesso mediante la valutazione dei risultati conseguiti dagli alunni.

E' in questo contesto sociologico europeo già consolidato, sperimentato e affermato che “nasce” e muove i primi passi – nel nostro Paese - il Sistema Nazionale di Valutazione il cui fine è quello di (…)”Stabilire gli indicatori di qualità del nostro sistema di istruzione e formazione, è la finalità prefissata dall’INValSI con lo scopo, pienamente rispondente alla volontà del Governo, di offrire al nostro paese l’immagine di una scuola reale. Tale obiettivo, perseguito attraverso la rilevazione sistematica dei livelli di apprendimento e della qualità complessiva delle istituzioni scolastiche, ci pone a confronto con altre realtà scolastiche – formative europee e necessita, attraverso tale comparazione, di rinvenire elementi indicatori di qualità rispettivamente condivisibili. Entrano, quindi, in campo i concetti di produttività del sistema, di obiettivi di qualità, della definizione di metodologie oggettive nella rilevazione e misurazione, introdotti nella nostra organizzazione scolastica per la prima volta dal Testo Unico del 1994, art. 3, che debbono necessariamente essere ampliati da ulteriori elementi di ricerca, atti a valutare non solo l’efficienza e l’efficacia del nostro sistema educativo, ma in particolare la congruenza dello stesso con le esigenze della nostra comunità in riferimento alla competizione internazionale. Si è affermata la necessità di meglio allocare le risorse complessivamente disponibili nel sistema di istruzione - formazione, considerata la nuova ripartizione costituzionale delle competenze tra Stato e Regioni, cosa diversa dal valutare il capitale umano delle singole comunità scolastiche, in termini di acquisizione di competenze attraverso la somministrazione di prove periodiche e sistematiche (..)” come ben chiarisce Marcella Guglielmelli.

Le funzioni valutate cambiano, ovviamente, da un Paese all’altro a seconda del grado di effettiva autonomia (didattica e gestionale) delle singole istituzioni scolastiche. Cambiano, anche, gli obiettivi dei modelli di valutazione che si divaricano dall’esame del “semplice” rispetto delle norme e dei regolamenti (analisi del livello di "legalità" delle singole istituzioni scolastiche che in Italia è inesistente … basti guardare al considerevole aumento del contenzioso giurisprudenziale in atto, sostanzialmente, sottaciuto da tutte - o quasi - le forze politiche e sociali [1]) fino al concretarsi di ausilio tecnico alle singole istituzioni scolastiche che le consentano di diventare dei centri educativi di qualità.

Criteri e procedure della valutazione

In tutti quei Paesi in cui la valutazione del sistema dipende dal livello centrale (è il caso del nostro Paese) la tendenza in atto – riscontrata nel rapporto Eurydice – è quella di uniformare i criteri di valutazione predisponendo questionari a livello centrale. Al contrario laddove i valutatori dipendono dalle autorità locali (nel nord Europa) esiste – a supporto e complemento – una legislazione di riferimento “tarata” su obiettivi educativi predefiniti dai vari livelli dall’Amministrazione centrale in base ai quali i valutatori abilitati (e formati in tal senso) svolgono la loro attività di verifica e controllo.

I criteri utilizzati per valutare i risultati si riferiscono, principalmente, alle competenze e alle conoscenze degli alunni: in alcuni casi si prendono in esame i dati quantitativi in altri (in Francia … nel caso di una richiesta di progressione professionale) le abilità cognitive e sociali degli allievi sono valutate attraverso l’osservazione della classe.

Generalmente le singole Amministrazioni hanno fissato degli standard minimi di “prestazione” didattica che si basano, sostanzialmente, su due approcci distinti e complementari:

» Tutte le scuole devono raggiungere o superare un determinato standard prestabilito a livello centrale;

o, in subordine:

» Il livello “minimo” da raggiungere viene stabilito in base alle caratteristiche (sociali, culturali, ambientali e …?) della popolazione degli alunni di ciascuna scuola.


In tutti i Paesi sia pure con modalità e accenti diversi – conclude il rapporto - si riscontrano “resistenze” sindacali (e professionali) in merito alla pubblicazione dei risultati della valutazione delle scuole.

(..)”Non vogliamo creare competitività tra le scuole, bensì un continuo miglioramento (…)” ha precisato il presidente del gruppo di lavoro per la valutazione, Giacomo Elias, commentando - a "caldo" - lo schema di decreto legislativo che istituisce il Servizio Nazionale dell'Istruzione ma, in un Paese come il nostro, nel quale le strumentalizzazioni politiche prosperano e abbondano, mi riesce difficile dar torto alle forze sociali.

Specie in considerazione del fatto che il "neonato" istituto nasce sotto l'egida (e "tutela") politica ed economica [2] del governo in carica e a quest'ultimo (e a quello che verrà) è subordinato.

Con buona pace di quell'autonomia di giudizio (e di azione) che - un'Ente di controllo con autonoma disponibilità finaziaria e gestionale - dovrebbe avere.

Una, italica, "anomalia" che - mi auguro - le competenti Commissioni parlamentari e la conferenza unificata Stato-Regioni alle quali il decreto legislativo è stato indirizzato per il, prescritto, parere vorranno sanare.

[1] Sintomatica - in questo contesto di "legalità" come fattore qualitativamente valido per la valutazione delle singole istituzioni scolastiche - la recente denuncia della Moratti sulla "facilità" - tanto per utilizzare un eufemismo - con la quale si consegue il diploma di licenza media superiore nelle scuole "paritarie" private (vedi commento). Un'ulteriore controllo di "legalità" andrebbe effettuato - sempre a proposito delle "paritarie" - sull'effettiva disponibilità ad accogliere nelle proprie strutture educative soggetti con gravi disabilità psicomotorie. Un obbligo giuridico (e sociale) al quale, spesso, queste strutture erogatrici - per legge! - di un "servizio pubblico" si sottraggono.

[2] Le risorse finanziarie destinate al nuovo Istituto di valutazione nazionale sono state determinate in 7,3 milioni di euro per il 2004 e in 10,3 milioni di euro a partire dal 2005. Questi fondi (precisa il Miur in una nota) sono stati già stanziati con la legge n. 350/03: Finanziaria 2004. (FONTE: Sole 24 Ore).

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 ilaria ricciotti    - 19-04-2004
Con questo governo tutto sembra lecito, legittimo ed ottimale:
ridurre, trasferire, stravolgere e tagliare, tagliare, tagliare.
Come potranno le scuole italiane competere con altri stati dell'Europa unita,
se ogni giorno alla scuola viene inflitta una ferita?
O siamo scemi, noi che protestiamo quotidianamente,
o gli altri ci propinano leggi e decreti che non servono di sicuro ad arricchire la mente.
Servono soltanto a seguire una logica, un sistema non riformato,
servono a lievitare le logiche non dell'educazione, ma del mercato.

 Gruppo di lavoro    - 19-04-2004
Claudia Fanti ovvero:IL SENNO DI PRIMA

Nel 2002 viene pubblicato il 2° quaderno del documento dell’associazione "Treelle" (i cui nomi di spicco sono quelli di Attilio Oliva, Umberto Agnelli e altri)

Riportiamo di seguito integralmente l'articolo Scuola, la qualità è un caso, di Marco Ludovico, tratto da Il Sole 24 Ore del 7 novembre 2002 (in rosso sono riportati i commenti di Claudia Fanti)


ROMA - La qualità della scuola «assomiglia troppo a una lotteria». E in Italia il processo di autonomia scolastica è «impensabile senza un servizio di valutazione che faccia da contrappeso». Ieri è stato presentato il secondo quaderno dell'associazione "Treellle": «L'Europa valuta la scuola. E l'Italia?» illustrato dal presidente esecutivo, Attilio Oliva (ex responsabile scuola di Confindustria). Il Quaderno esamina tre delle più avanzate esperienze europee (francese, inglese e svedese) nel settore. In Italia, secondo "Treellle", ogni scuola dovrebbe innanzitutto avviare un processo di autovalutazione secondo "griglie comuni"; in una seconda fase dovrebbe essere incentivata una valutazione dall'esterno, attraverso un corpo di valutatori professionali, soprattutto per gli istituti in difficoltà. A regime le stesse scuole dovrebbero selezionare e valutare i propri insegnanti nell'ambito dell'autonomia.

Questa è un’ affermazione veramente "pericolosa" e un po’ ingenua: chi parla non conosce le realtà scolastiche e quanto siano difficili gli equilibri di gestione dei rapporti e quanto essi incidano immediatamente sul clima delle attività didattiche.

La valutazione migliore, secondo "Treellle", si realizza perciò nei singoli istituti. «Il sistema italiano - ha commentato Oliva - è in ritardo di almeno dieci anni. Anche in Italia, propone "Treellle", si dovrebbe procedere alla stesura di un rapporto annuale per conoscere spese e risultati del sistema scolastico, informare la pubblica opinione e operare confronti internazionali».

Indagini che richiederebbero altre spese inutili, proprio quando manca l’indispensabile!

La valutazione, sostiene Oliva, «non serve per assegnare premi o sanzioni, ma per aiutare gli operatori a migliorare il servizio e informare la comunità».

Mi piacerebbe sapere come vorrebbe fare Attilio Oliva a modificare le teste delle persone, eventualmente ne trovasse di livello non proprio ottimo, forse "tagliandole"?. Semmai il problema del sistema italiano è quello di trovare il modo di far nascere nelle scuole una mentalità della ricerca pedagogica e didattica effettuata insieme dai docenti, di trovare un "meccanismo" nell’organizzazione oraria del servizio che renda tutti i docenti partecipi della costruzione di percorsi didattici (dico didattici e non di gestione come spesso accade ora: la didattica è il problema principe, non i megaprogetti o le gite scolastiche o i concorsi per trovare denaro…!), che crei una rete di rapporti in cui i meno preparati (per inesperienza o altro) vengano coinvolti dai più preparati in un continuo scambio di vedute e materiali, in un clima di relazioni reso sereno dalla consapevolezza della ricerca del bene comune. Non è un’utopia perché già si fa in molte scuole, soprattutto nelle scuole dell’infanzia ed elementari. La qualità come conseguenza di un sistema di competizione per premi e punizioni è invece un’utopia: le teste e le modalità del far scuola non verrebbero certamente mutate. Anzi, si creerebbe un clima di sospetto, di irrigidimento sulle proprie posizioni, magari fino ad arrivare addirittura al mobbing di cui tanto si parla. Chiunque sia a capo di una scuola o ci lavori come docente o altro sa quanto sia dannoso creare differenziazioni o fare emergere allo scoperto le differenze, soprattutto di qualità, al suo interno: la ricaduta, sul lavoro di classe di chi si sente in qualche modo "ferito" da giudizi poco positivi,è immediata e negativa! Inoltre i problemi peggiorano e l’insegnamento anche.

Di avviso diverso Umberto Agnelli, che di "Trellle" è il presidente: il meccanismo incentivi-disincentivi, sostiene, va istituito. Certo, dice Agnelli, devono esserci «non solo punizioni, ma bisogna identificare un sistema di premi per le scuole che danno risultati validi, poiché le sole punizioni non sono sufficienti».

E’ incredibile come si sposti il problema dalla sostanza ai particolari irrilevanti: la scuola ha bisogno di risorse umane ed economiche, ha bisogno di affrontare alcuni nodi irrisolti come quello di una diversa organizzazione negli ordini di medie e superiori. Troppe materie, troppe ore che si succedono le une alle altre in un ritmo incessante di cambi di materie e docenti, ognuno col proprio programma da portar avanti; troppi ragazzi per classe stipati nelle aule; troppo poco tempo per la relazione interpersonale proprio in una società che ne richiederebbe il doppio visti i problemi sotto il naso di tutti!

È perciò necessario mettere in atto delle «fasi pungolanti attraverso, appunto, un sistema di premi e punizioni per i docenti».

Questa richiesta darebbe il via a un’ennesima spesa inutile che vedrebbe ancora una volta le scuole impegnate a lavorare sul marginale costruendo griglie e scegliendo criteri improbabili e impossibili abbandonando di nuovo ciò che è essenziale, cioè tempo per la ricerca didattica e per la rielaborazione di scelte strategiche per superare gli insuccessi!

Attilio Oliva si è anche detto convinto della necessità della selezione degli insegnanti da parte delle scuole stesse, come già accade in Gran Bretagna o nei Paesi Bassi. «In Italia ciò sembra una bestemmia. Ma questo dovrebbe essere l'obiettivo futuro».

E’ una bestemmia senza meno: non ci dovrebbe neppure essere bisogno di spiegarne il perché. La scuola statale italiana, a parte rari casi di nepotismo ai concorsi, si è onestamente servita di personale che accedeva ai ruoli per punteggio e non per "simpatie o empatie" con l’amministrazione.

Nell'incontro di ieri un duro attacco al ministro dell'Istruzione e all'attuale politica scolatica è stato sferrato dall'ex ministro della Funzione, Sabino Cassese. Secondo Cassese «sono tre le doti che un buon ministro dell'Istruzione dovrebbe possedere: la qualità di essere un grande architetto di sistema, la capacità di saper trainare risorse economiche adeguate e la dote di saper essere vicino al mondo della scuola con un contatto diretto con docenti alunni. Poche volte - ha sottolineato l'ex ministro - abbiamo avuto un ministro dell'Istruzione che avesse tutte e tre queste doti, ma mai abbiamo avuto un ministro che non ne avesse nessuna come sta accadendo oggi».

Mai, in Italia, il Ministero e i suoi collaboratori hanno ascoltato le "sofferenze" e le "emergenze" della scuola che non sono mai state soltanto quelle dei docenti, ma quelle delle persone tutte: si provi a chiedere a intere generazioni di insegnanti e di ex studenti che si sono susseguite dal dopoguerra a oggi se qualcuna a memoria d’uomo ricordi di aver ottenuto risposte valide ai problemi reali dal Ministero!

Quanto alla riforma scolastica (si veda l'altro articolo), si tratterebbe, secondo Cassese, di una «riforma che non riforma alcunchè. La scuola in questi mesi ha visto solo tagli e nessun aumento di spesa». Pronta la replica del sottosegretario Valentina Aprea: «Il ministro Moratti raccoglie proprio le tre caratteristiche ritenute indispensabili dal professor Cassese per svolgere questo compito: capacità di architettura, di attrazione di risorse economiche, e di comunicazione con i protagonisti del mondo scolastico».