1. La legge Moratti con la quale si intende cambiare l’intero sistema scolastico è una legge delega. Una volta approvata la delega, non si discute più nelle aule parlamentari su come sarà la scuola, tempo e spazio di vita per milioni di persone. Decide il governo. Con decreti attuativi.
2. Così è stato per il primo decreto, quello che riguarda il percorso scolastico fino alla scuola media, inviato alle competenti commissioni parlamentari prima ancora del prescritto parere di Anci, Upi e Conferenza unificata Stato- Regioni. E si dà parere sul primo decreto senza conoscere il contenuto di tutti gli altri.
3. Riduzione del tempo scuola, cancellazione del tempo pieno alle elementari e del tempo prolungato alle medie; eliminazione della collegialità e della corresponsabilità tra i docenti attraverso il ritorno al maestro unico, ribattezzato "tutor" della classe; personalizzazione dei percorsi; anticipo delle iscrizioni a due anni e mezzo nella scuola dell'infanzia e a cinque anni e mezzo nella scuola elementare; scelta già nell’ultimo anno della media su "cosa fare da grandi" (proseguire nella scuola optando tra uno degli otto licei o andare alla scuola professionale quadriennale), port-folio dello studente: questi i punti caratterizzanti del decreto.
4. Alcune modifiche su spinta dell’Anci, della Conferenza unificata Stato-Regioni e di un vasto movimento di protesta sono state accolte. L’anticipo nella scuola dell’infanzia solo se gli enti locali garantiscono risorse per l’accoglienza dei bambini che non hanno ancora tre anni; la possibilità di continuare ad aggregare le scuole dell’infanzia e quelle del primo ciclo in istituti comprensivi; il richiamo alla valorizzazione delle diversità, comprese quelle legate alle disabilità; la gratuità per le attività facoltative e l’obbligo di frequenza una volta scelte; il mantenimento del numero dei docenti (gli organici) per un anno per le attività di tempo pieno e tempo prolungato.
5. Ma non è cambiata la logica del provvedimento che, come già in tutte le finanziarie del governo di centro-destra, ancora una volta è quella del risparmio (meno insegnanti, meno ore) ed è soprattutto quella di un veloce servizio a domanda individuale: sono le famiglie che scelgono (l’anticipo, materie,orari), nella logica di “percorsi personalizzati”. Un moderno supermarket educativo. Una privatizzazione dell’apprendimento.
6. Questo decreto non è solo illegittimo (sotto il profilo della costituzionalità, dell’eccesso di delega e della mancata copertura finanziaria di alcune disposizioni ) è anche una modesta proposta. Dal punto di vista culturale e organizzativo. Una proposta che colpisce al cuore la “meglio scuola”, il suo sapere, la sua operatività, la sua capacità organizzativa, quell’abitudine, consolidata negli anni e attraverso un lavoro comune, a intercettare bisogni di apprendimento, oggi sempre più differenziati, ma tenendoli insieme in quel luogo sensibile e pubblico che è la classe e la comunità scolastica. Dove c’è un rapporto continuo e di interscambio tra genitori, insegnanti, dirigenti, enti locali. Il luogo pubblico dove il progetto si costruisce insieme e si porta avanti senza inutili rincorse, rispettando i tempi lenti dell’apprendere, senza gerarchie tra maestri, né tantomeno tra discipline, che sono finestre per guardare il mondo, un tutt’uno nella testa dei bambini.
7. La scuola dell’infanzia italiana è ai primi posti nelle comparazioni internazionali, al quinto la scuola elementare. Ed è una scuola impegnata in un processo di cambiamento. Altro che una scuola con regole e standard uguali per tutti! E allora colpisce l’accanimento “riformatore” proprio sugli aspetti che hanno costruito in questi anni la qualità di un processo, certo non uniforme, certo non concluso. Il team di insegnanti, l’articolazione dei percorsi per rispondere al disagio e all’eccellenza, ma nell’ambito di un progetto unitario, il tempo come risorsa per migliorare l’apprendimento di ciascuna e ciascuno.
8. E’ per questi motivi che così forte e convinta è stata l’opposizione a questo decreto. E’ per difendere un’esperienza di qualità che i genitori hanno dato vita a forme di protesta inedite e spontanee, dalle manifestazioni di piazza, all’occupazione delle scuole, alle “passeggiate sulle strisce”, alle migliaia di dibattiti e di assemblee per capire e per dire le proprie ragioni. E’ per difendere la loro professionalità, la loro autonomia progettuale, la loro libertà di insegnamento che tanti docenti, le loro rappresentanze sindacali e professionali chiedono insieme ai genitori il ritiro del decreto e al tempo stesso si organizzano nelle scuole proprio a partire da quanto l’autonomia didattica e organizzativa consente loro.
9. Il Ministro Moratti - forse preoccupata di un movimento che davvero non si può esorcizzare e nel tentativo di tranquillizzare le famiglie - si è lasciata sfuggire che in fondo non cambia niente. Insomma stop and go. E l’ultima circolare attuativa del decreto appare più che mai evasiva e confusa. Sembra far marcia indietro, sembra scoprire che esiste l’autonomia scolastica, ma in realtà non scioglie nessun problema. Limita i danni, almeno per un anno, sul tempo scuola e sull’organizzazione scolastica. Ma resta la funzione del tutor, l’insegnante con compiti “prevalenti” nella classe. Resta l’idea di spezzettare l’orario. Restano le assurde indicazioni nazionali allegate al decreto, redatte come vecchi programmi checché ne dica il Ministro, che, finalizzate come sono all’educazione morale e spirituale, dimenticano questioni mica da poco come l’evoluzionismo, la letteratura per l’infanzia, e la rivoluzione industriale. Resta che nella scuola media si studierà meno italiano, meno storia e meno inglese. Della musica e dell’educazione tecnica non parliamo nemmeno. E resta che alla fin fine la gestione di questa confusione viene scaricata sulle scuole.
10. Questa “modesta proposta” va restituita al mittente. Non si può costruire una scuola che intenda combattere la dispersione e migliorare la qualità dell’apprendimento con l’ottica della riduzione e del risparmio, con l’ottica della personalizzazione/separazione dei percorsi, che sembrano scivoli che portano dritto alla scelta a soli tredici anni tra liceo e scuola professionale. Occorre promuovere invece nuovi investimenti nel sistema, una valorizzazione del ruolo degli insegnanti, la generalizzazione della scuola dell’infanzia (ancora una volta rinviata da questo decreto) - perché è lì che si colmano i gap culturali e sociali -, l’elevamento dell’obbligo scolastico, un sapere libero, aperto, curioso, che accetti la sfida della multiculturalità, una cultura del rispetto e dell’inclusione; e occorre fare dell’istruzione e della formazione una questione centrale nell’agenda e nelle priorità di spesa dei governi. Non si tratta solo di idee diverse sulla scuola, si tratta, com’è evidente, di idee e progetti profondamente diversi sulla società e sullo sviluppo del paese.
Alba Sasso
Diario - speciale scuola, anno IV n. 2, 2 apr 2004
La vignetta è di Vincenzo Andraous
Redazione - 10-04-2004
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Sembra che il Movimento non sia l'unica preoccupazione della Moratti. Leggiamo sul Corriere della Sera:
Controlli e nuove norme per le scuole non statali
«Basta con i diplomifici» Moratti frena i privatisti
ROMA - Sono troppi e già questo è strano. Ma in più i privatisti che si presentano all’esame di Stato sono quasi sempre studenti modello. Con pagelle piene di otto. Così dotati da poter quasi sempre saltare un anno o due. Troppo bravi per essere veri. Dubbi che il ministro per l’Istruzione Letizia Moratti ha espresso per iscritto in sessanta pagine di relazione «sullo stato si attuazione della legge sulla parità scolastica». Con cui ha annunciato maggiori controlli sulle «storiche anomalie e irregolarità» riscontrate negli istituti parificati, in particolare quelli alternativi alle secondarie superiori statali.
Accusati di essere dei diplomifici a getto continuo.
Sui banchi della maturità troppo spesso ci si arriva prendendo scorciatoie impossibili nella scuola pubblica. Tra i privatisti studiosissimi una categoria a parte è quella degli «ottisti». Ovvero quei candidati che promossi al quarto anno delle Superiori con un 8 in tutte le materie possono chiedere di essere ammessi all’esame di Stato «per merito». Per frenare l’invasione di questi «superbravi», si legge nel documento della Moratti, è allo studio uno strumento normativo adeguato che riveda i requisiti.
Introducendo la regolare frequenza del corso di studi e il massimo dei voti in ogni materia negli ultimi due anni come requisito obbligatorio per potersi presentare alla maturità. Altra anomalia riscontrata negli istituti parificati è la «piramide rovesciata». Ovvero il curioso andamento delle iscrizioni. Il numero di alunni che frequentano le superiori gestite da privati balza da 11.476 iscritti al quarto anno ai 25.022 del quinto anno. Più del doppio. Spetterà agli uffici scolatici regionali negare la parità alle classi collaterali quando non vi sia stata frequenza negli anni precedenti. Ovvero nei casi di più anni «recuperati» in uno solo.
Nella sua relazione la Moratti si ripropone di adottare ulteriori misure «per conseguire la piena libertà dei genitori» di scegliere una scuola privata per i propri figli. Diritto che «soltanto le famiglie più abbienti finora possono esercitare». Bisogna quindi «porre le condizioni, anche finanziarie, per garantire gli alunni disabili e svantaggiati». Il bonus 2004 (50 milioni di euro in finanziaria) è importante ma ancora non basta, ribadisce il ministro dell’Istruzione, servono altre risorse.
Nell’anno scolastico 2002-2003, secondo i dati della relazione al Parlamento, il servizio di istruzione risulta erogato a 8.815.149 alunni di cui 7.765.189 delle scuole statali, 934.068 nelle 12.266 private paritarie (gestite nel 51,9 per cento dei casi da enti religiosi) e 115.892 nelle private non paritarie. La spesa pubblica per gli istituti privati nel 2003 è stata di 527.474.475 euro.
G. Ca.
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