Inclusione e delusione
Francesco di Lorenzo - 23-04-2016
Chiedersi cosa ci sia dietro le parole, o ragionare di più sul significato che attribuiamo ad alcune di esse, non sarebbe una cattiva abitudine. Ora, dopo i casi relativi ai ragazzi autistici che sono stati lasciati fuori dalle gite scolastiche o abbandonati a se stessi, siamo tutti a parlare di mancata 'inclusione'. Che, però, è solo una parola d'ordine lanciata del Miur. (Il sottosegretario Faraone non ha perso l'occasione ed ha detto che si deve andare oltre l'inclusione perché è arrivata l'ora di riformare tutto il sostegno. In quale direzione, non si sa).
La linea che il Ministero ha adottato da qualche anno e che è indicata nei documenti è perentoria: nelle nostre aule siamo passati dall'integrazione all'inclusione. Chi lo abbia stabilito, come e quando sia stato decretato questo 'fondamentale' (per loro) passaggio, non si sa. Sarà questione di ignoranza nostra, ma sarebbe bello sapere con quali criteri si è stabilito che la fase dell'integrazione sia un fatto acquisito. Ci sono dati che lo indicano?
I fatti di questi giorni sugli alunni autistici ci dicono, invece, qualcosa di diverso. E ci dimostrano che le parole non sempre confermano quello che avrebbero intenzione di indicare. In pratica vien fuori che qualcuno ha deciso dall'alto di 'includere' lasciando buchi enormi nell'integrare. Di fatto costruendo l'inclusione sulle sabbie mobili. Così, ad un minimo tocco, il castello frana e si scopre la vuotezza delle parole.
Sarebbe stato meglio rafforzare le basi, cioè la vera integrazione, che poi l'inclusione viene da sé.

...

In una recente intervista, il prof De Mauro, linguista di fama ed ex ministro dell'Istruzione, ritorna su un suo vecchio pallino e ci avverte: in Italia siamo messi male per quanto riguarda l'analfabetismo funzionale, che è poi, anche, in ultima analisi, la nostra incapacità di comprendere un testo semplice.
È vero, ci dice nell'intervista, che pure gli altri Paesi non è che siano messi benissimo, ma nessuno raggiunge 'i livelli negativi di Italia e Spagna'. Insomma, non c'è da essere allegri, se nell'intervista si legge: 'soltanto un po' meno di un terzo della popolazione ha quei livelli di comprensione della scrittura e del calcolo ... che vengono ritenuti necessari per orientarsi nella vita di una società moderna'.
Il problema è che l'analfabetismo ha dirette conseguenze sulla vita sociale, influisce non poco sul nostro modo di essere e di comportarci. Illustri economisti hanno ben spiegato quanto negativamente incida sulla capacità produttiva del paese un grave analfabetismo sia strumentale che funzionale. E se abbiamo un'economia poco dinamica che ristagna da decenni, un po' di colpa dovremmo darla anche alla nostra ignoranza.
Alla domanda poi su quale sia la percentuale degli italiani che comprendono i discorsi dei politici, il prof ci dice che è inferiore al 30%.
Insomma i politici italiani (ma, se anche in misura minore, pure di altri paesi) vivono, campano, prosperano sull'ignoranza generale. Hanno proprio bisogno di coltivare l'analfabetismo per continuare a sedurre con le loro stupidità e le loro menzogne. Per mistificare ed attrarre.
Insomma, sembra un discorso fatto apposta per aumentare l'antipolitica. Ma non è così. Basti solo si pensare alla fonte, il prof De Mauro, alla massa di studi che ha prodotto, alle sue raffinate analisi che partono dagli anni sessanta del secolo corso.
Socrate diceva 'c'è un solo bene: il sapere. E un solo male: l'ignoranza', qualcosa vorrà pur dire se siamo sempre in crisi e scegliamo sempre le persone sbagliate?





Tags: Miur, integrazione, inclusione, autismo, analfabetismo, De Mauro, ignoranza, sapere


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