La scuola di Renzi
Giuseppe Aragno - 22-12-2013
Nella scuola che ha in mente Renzi «si impara davvero». Un giornalista gli chiederebbe se pensa di tornaci, a scuola, lui che ha studiato quando non si imparava nulla, ma uno così acuto non s'è trovato e il «sindaco d'Italia» vola come un treno: prima di tutto, dice, un forte investimento. Edilizia scolastica, docenti, formazione, sviluppo tecnologico della didattica: tutto coperto d'oro. Nessuno gli chiede da dove prenderà i quattrini, col pareggio di bilancio in Costituzione e i mastini della troika alle calcagna, e lui si scapicolla. Il menu, studiato ad arte, è buono per ogni palato, destra, centro e la sciatta imitazione della sinistra che passa il convento: la valutazione all'Invalsi, il modello anglo-sassone come pietra filosofale, più potere a dirigenti scolastici che non capiscono nulla di pedagogia e didattica, un'ennesima revisione delle procedure di selezione - vince chi lavora meglio e di più a costo zero - e via con le progressioni di carriera, la tecnologia nella didattica, psicologi - una terapia a sostegno della disperazione? - e il mirabolante premio di produzione per i migliori. Non è chiaro - nessuno ha cercato di capirlo - ma c'è il dubbio fondato che a formar cittadini non pensa nessuno; si vorrebbe un gregge e il padrone premierà chi non ragiona e non fa ragionare. Di qui partirono ai tempi loro Berlinguer, Moratti, Gelmini e Profumo - la destra dei berluscones fedeli o traditori e la sinistra passata armi e bagagli dal marxismo al liberismo - e siamo ridotti con gli analfabeti in Parlamento.
Nel gioco delle tre carte il finto tonto vince, incassa il malloppo e tace. Per lui, parlano gli occhi compiaciuti per l'onestà del compare, che paga senza fiatare, e il lampo tentatore di chi intasca un gruzzolo insperato. Quando il terzo lestofante fa lo scettico e cerca il pelo nell'uovo, lui lo guarda ironico, alza la posta e vince ancora. Muto, una smorfia furba e gli occhi eccitati, si gioca tutto come dicesse a se stesso: "ora o mai più" e torna a far bottino. I venditori di fumo danno corpo alla speranza del disperato, gli fanno vedere luci accese dove tutto è buio pesto e va sempre così: i gonzi abboccano all'amo e si fanno spennare. Si ruba in mille modi, ma a volte c'è dell'arte e persino la legge aggiunge al reato una parola che sa di complimento: furto con destrezza. Lo sanno tutti, però, che nemmeno il migliore dei pifferai porterebbe i suoi topi a morire, se non vi fossero condizioni date e sorci ormai pronti a farsi incantare.
«Vuoi anche i voti del centrodestra? Vuoi i voti di Grillo?» chiedono da un po' i finti tonti, compari di Renzi, e lui vende tappeti: «Assolutamente sì. Non è uno scandalo, è logica: se non si ottengono i voti di coloro che non hanno votato il Partito Democratico alle precedenti elezioni, si perde». Un tempo, a parità di condizioni - compreso il cieco sostegno della stampa - di logico ci sarebbe stata solo la reazione della gente disgustata e il fenomeno da baraccone avrebbe chiuso bottega in un amen. Fino all'anno scorso - è vero pare un secolo - persino uno come Bersani lo cancellò dalla scena, ma s'è lavorato per girare a ritroso le pagine della storia ed ecco i risultati.
Fino a qualche anno fa, un leader convinto di poter convincere in un sol colpo il qualunquista, chi soffre d'orticaria se parli di politica, l'elettore di destra, di sinistra e persino l'astensionista, avrebbe rischiato la camicia di forza. Finché la destra ha rappresentato un pianeta con radici nella storia e un sistema di disvalori che a molti sembravano valori, un leader di destra sano di mente non avrebbe mai pensato di conquistare consensi in un pianeta antagonista, tra gente di sinistra che lottava per una società fondata su valori alternativi e contrapposti a quelli della destra. Oggi no. Da quando la «sinistra parlamentare» ha ripudiato Marx, adottando il pensiero liberista per puntare a centro, c'è stato un inarrestabile e profondo sconfinamento in territori tradizionalmente occupati dalla destra. Il «cambiamento» di Renzi, giunto in piena corsa, diventa perciò per la storia della repubblica il punto culminante di un arretramento culturale e politico più drammatico di quello prodotto da Berlusconi e si riassume in un dato sconvolgente: per la prima volta nella nostra storia, un uomo che esprime valori di destra giunge a guidare un grande partito che ha radici e base di consenso tra quella che un tempo era gente di centrosinistra. Non era accaduto nemmeno con Berlusconi, che, a onor del vero, vaneggiava e vaneggia di comunisti alla Bersani. Renzi non ha soluzioni per la scuola, che silura come Gelmini e Carrozza, né vie nuove per la politica. Giungiamo a lui perché i partiti, i suoi veri compari nel gioco delle tre carte, ridotti a comitati elettorali e camarille, hanno interpretato a loro modo l'invito di Cattaneo a fare gli italiani. Ne son venuti fuori così gli elettori che occorrevano al leader del «tempo nuovo», quelli «che non hanno bollini e non hanno etichette». Il «bestiame votante» che a fine Ottocento inquietava Antonio Labriola.
Il Renzi politico non è figlio di se stesso. L'ha creato il lavoro condotto alternativamente da governi che hanno condiviso un punto fermo - il mitico «centro» - , una legge elettorale incostituzionale e un programma unico, di volta in volta definito, a seconda dei casi, di «destra» o di «sinistra». Un programma che aveva e ha nel mirino i diritti garantiti della Costituzione.

Tags: Renzi, Invalsi, valutazione, dirigenti scolastici, Gelmini, Berlinguer, Moratti, Profumo, Costituzione


interventi dello stesso autore  discussione chiusa  condividi pdf

 Aida Tiziana Barisone    - 22-12-2013
Se avesse dato, nel suo articolo, almeno una soluzione ai problemi in cui versa la scuola italiana si potrebbe discutere. Invece, oltre a dire che Renzi ha valori di destra, che vuole solo prendere i voti di chi non ha votato PD (mi spieghi, per favore, in un sistema democratico come si governa senza maggioranza) ed altre considerazioni che durante le primarie sono state usate a iosa, anche in modo molto pesante e scorretto.
Non credo che il nuovo segretario del PD possa fare miracoli, ma ha avuto la fiducia della maggioranza degli iscritti prima e di quasi il 70% di chi ha votato alle primarie poi. Saremo tutti allocchi? E non mi risponda, per favore, che anche Berlusconi prende tanti voti... Il "popolo del PD" e quello delle primarie non sono come gli elettori di centro-destra e se molti, in fila per votare ancora una volta l'8 di dicembre, anche se scoraggiati da una crisi economica, politica e sociale fortissima, hanno votato Renzi, qualcosa significherà.

 Cortese    - 22-12-2013
Che i dirigenti non capiscano nulla di didattica lo dice Lei. Sono persone che provengono da una vita di insegnamento, che possiedono, come si dice, il mestiere. A differenza dei tanti pedagogisti che mancano di competenza in situazione, che usano bene le parole, ma poco più. Che pretendono di ammantare di scientificità teorie che nulla hanno di scientifico ( almeno in senso popperiano). Prova ne sia il fatto che nulla è falsificabile e che tutto e il contrario di tutto può trovarsi detto e contraddetto sulla manualistica. Non esiste la didattica, avulsa dalla disciplina di insegnamento: è sufficiente parlare con i docenti migliori in ogni materia specifica per persuadersene. Ben venga il ritorno della didattica in mano a persone di scuola. Faccio notare sommessamente che il disastro della scuola si è avviato da quando la lobby dei pedagogisti ha colonizzato il Miur e da quando la selezione in ingresso è gestita da costoro.

 Stefano Bucchi    - 22-12-2013
Che i dirigenti non capiscano nulla di didattica mi pare che lo dimostri il suo commento, caro Cortese. Un preside non avrebbe mai sostenuto che la crisi della scuola sia da attribuire alla “lobby dei pedagogisti!”. Io i presidi me li ricordo bene e spero di non offenderla se le dico che il paragone coi dirigenti scolastici è improponibile. Ho cercato una definizione di Dirigente Scolastico in Wikipedia, libera enciclopedia che coi pedagogisti non c’entra evidentemente nulla; ecco che cosa ci ho trovato: “Il dirigente scolastico, inquadrato nella dirigenza dello stato (Area V della Dirigenza), è (decreto legislativo n. 165/01, art.25) "responsabile della gestione delle risorse finanziarie e strumentali e dei risultati del servizio. Nel rispetto delle competenze degli organi collegiali scolastici, spettano al dirigente scolastico autonomi poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane. In particolare il Dirigente Scolastico organizza l'attività scolastica secondo criteri di efficienza e di efficacia ed è il titolare delle relazioni sindacali". Il Dirigente Scolastico ha ricevuto poteri sempre più ampi con l'autonomia scolastica concessa negli ultimi anni agli istituti scolastici, trasformandosi da "Preside-Burocrate", funzionario inquadrato come personale direttivo del Ministero, in "Preside-Manager", personale con qualifica dirigenziale.Il dirigente controlla le risorse finanziarie concesse dallo Stato alla scuola a lui affidata, e deve fare periodicamente resoconto del bilancio al Consiglio d'Istituto. È sua la firma sotto ogni circolare o documento emesso dalla scuola, e di conseguenza è anche sua la responsabilità su ciò che i documenti dicono. In sostanza, col tempo sta avendo sempre più le funzioni di un normale dirigente d'azienda”.
Stefano Bucchi

 Giuseppe Aragno    - 22-12-2013
Una soluzione, cara Barisone? Cancellare la riforma Gelmini, che il Partito Democratico diceva di avversare; piantarla di dirottare risorse pubbliche a sostegno del privato; utilizzare per la scuola la montagna di soldi che governi sostenuti dal PD sperperano ogni anno, per acquistare armamenti e finanziare operazioni di guerra; chiudere un baraccone inutile e costoso come l’Invalsi; tornare ai principi base di una buona scuola: continuità didattica e rapporto alunni classe vincolato a parametri di efficienza e sicurezza (da 25 alunni siamo passati a 26, 27 e poi 30 (con le immancabili “deroghe”, abbiamo classi di 31, 32 e persino 35 alunni in aule che già stentavano a contenerne 25); presidi invece di manager; blocco della “sperimentazione” che accorcia i percorsi di studio; stipendi europei per il personale scolastico. Questo per cominciare. Il PD non ha bisogno dei miei suggerimenti, sa bene come salvare la scuola, ma non lo fa. Non può. Si è legato le mani, forzando la Costituzione e approvando l’obbligo del pareggio di bilancio. In quanto al sistema democratico, che vuole che le dica? Da tre legislature le Camere sono elette con una legge ora ufficialmente incostituzionale. Come si governa senza maggioranza? Ce l’avete insegnato voi come si fa: si chiede il voto. dichiarando che non sarà mai usato per fare governi con Berlusconi e Alfani, poi, quando il “popolo del PD” abbocca all’amo, si fa un bel governo con Berlusconi e Alfano. Allocchi? Questo lo ha detto lei. In ultimo e per finire, il “popolo delle primarie”. Lei saprà certamente delle tessere moltiplicate come i pani e i pesci e dei voti giunti direttamente da chi vota Berlusconi e Alfano. E’ vero, c’è una crisi fortissima. A rovinare la scuola, però, non è stata la crisi, ma le scelte dissennate con cui essa è stata affrontata da governi prima sostenuti e ora guidati dal PD.


 Sergio Marchi    - 24-12-2013
Leggendo interventi di questo tipo mi viene voglia di cancellarmi dalla newsletter...

 Valeria Viale    - 24-12-2013
Si ricomincia! Sono iscritta a Fuoriregistro da due anni, ma leggo la rivista da moltissimo tempo e sono veramente stanca di questo modo di fare. E' sempre così purtroppo, non c'è proprio dubbio, appena sulla rivista si legge un articolo che non è solo tecnico, ma anche scomodo e intelligente, arrivano puntualmente interventi inaccettabili come quelli del lettore Sergio. Commenti che non commentano, non dicono nulla, stroncano e si riducono a una minaccia di andarsene. Uno che ha qualcosa da dire, la dice, motiva il dissenso, discute. Che modi sono questi? E qual è lo scopo di chi l'ha scritto? Se ne vuole andare? E se ne vada, ma chi se ne importa? Che ce ne facciamo di una simile arroganza?

 Luciano Pellegrino    - 24-12-2013
Mi spiace per il collega Sergio, ma a me, invece, ha fatto venire voglia di iscrivermi. E l'ho fatto.