Un primo giorno di scuola
Giovanna - 08-11-2012
Vi presento la bella storia di un primo giorno di scuola, quello di un bambino che chiameremo Vladimir, raccontato dalla sua mamma, che chiameremo Giovanna. Non sono i loro veri nomi, leggendo capirete perché. Vi dico solo che Giovanna è Mamma di una Casa-famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII, una di quelle volute da don Oreste Benzi, dove si accolgono le persone che altri rifiutano. Ecco il racconto di "Giovanna".
Riccardo Ghinelli



"Avrei voluto raccontarvi cosa ho provato portando Vladimir a scuola per la prima volta nella sua vita, però forse non riesco a trovare le parole giuste, perché ci sono emozioni che non si riescono a esprimere con le parole, bisogna viverle e basta. Perciò vi racconto un po' come andata.
Il primo miracolo è stata una bellissima giornata: dopo quattro giorni di pioggia, vento e grandine è uscito il sole. E poi, faceva pure caldo. Noi, la sera prima, mentre pioveva fortissimo, ci chiedevamo come lo avremmo portato, con tutta questa acqua.
Mentre salivamo in macchina, come sempre in ritardo, Vladimir era molto agitato, con il suo cuoricino pieno di paura. Certo si sentiva dire, da qualche giorno, "Vladimir va a scuola Vladimir va a scuola" e sicuramente una cosa nuova fa sempre paura. E lui ne aveva tanta. Però era bellissimo, con quel grembiule azzurro. E mentre mettevamo in macchina tutte le cose che dovevamo portare (ossigeno, aspiratore, carrozzella...) pensavo fra me e me "ma questo giorno e veramente un miracolo, dopo tanti tantissimi ricoveri, mesi passati all'ospedale, tanti interventi. Quante volte ho sentito dire "non ce la fa" oppure "ci, dispiace ma lo dobbiamo operare di nuovo", quante volte l'ho visto pieno di tubi e fili piegato dal dolore sul un letto di ospedale. Ed eccoci a oggi che a 5 anni comincia una nuovo periodo nella sua vita, la scuola, come gli altri bimbi.
Primo impatto: si aprono le porte e arrivano cinque maestre a salutare Vladimir. Lui alza lo sguardo e non ha bisogno guardare le facce: gli basta vedere i camici bianchi. Ho visto raramente la faccina così terrorizzata. Poverino chissà cosa ha pensato. Però dai suoi occhi ho letto: "mi avete imbrogliato, scuola vuol dire ospedale!" e se avesse potuto camminare sicuramente sarebbe scappato. Però è rimasto la nella sua carrozzella e solo quando l'ho preso in braccio si è rassicurato un po'. Ma nell'asilo i camici bianchi dovrebbero essere vietati!
Poi sentendo le voce delle maestre che dicevano non siamo dottori, siamo le zie che ti faranno giocare, vieni ti facciamo vedere tanti giochi, ci sono pure tanti bimbi, si calmava piano piano.
Secondo incontro di Vladimir, i bimbi: che ridere! Provate a immaginare: si aprono le porte e vedo una trentina di bimbi seduti, fermano il respiro appena entriamo. Tutti con la bocca aperta fissano Vladimir, anche se erano stati preparati all'arrivo di un nuovo amichetto e gli avevano spiegato un po' com'è. Silenzio totale. Dall'altra parte Vladimir che alza la testa e fissa con la bocca aperta tutti questi bimbi: nella sua vita, tutti questi bimbi messi insieme non li aveva visti mai. Sembrava quasi un incontro con un extraterrestre.
Per interrompere questo momento le maestre propongono a fare "bravo" al nuovo arrivato ed ecco Vladimir si mette a ridere: finalmente una cosa bella! Gli piacciono i "bravo" come gli piace sentirsi dire quanto sei bello e bravo. Allora i sorriso di Vladimir ha fatto emozionare pure le maestre che avevano le lacrime nei occhi. Forse questo incontro anche per loro era importante, perché anche loro avevano paura della sua delicatezza e della gravità delle sue condizioni.
Poi quasi quasi volevano cacciarci con la forza, né io né Carla volevamo uscire dall'asilo, perché anche per noi era difficile lasciarlo così, con degli estranei.
Aveva paura perché era tutto nuovo e poi, certo, anche per lui era strano sentirsi lasciato da solo. La sua sicurezza era l'assistente specialistica che da un mese frequentava la casa per conoscerlo e per imparare ad assisterlo. Perciò appena gli veniva una crisi di panico, uscivano fuori dall'aula in una stanza piccola e sentendo solo Maria si assicurava, perché troppa confusione, troppi voci, troppo rumore, gli facevano paura. I bimbi erano molto ma molto interessati al loro novo amichetto e hanno fatto tante tante domande, ovviamente da maggior parte riguardavano i buchi di Vladimir.
Una volta tornato a casa voleva stare solo in braccio, così, per assicurarsi che non l'abbiamo lasciato, che ci siamo. Poi di pomeriggio gli è salita la febbre ed oggi è stato casa per le vacanze del ponte.
Sono sicura che la sua presenza a scuola ha un senso. È arrivato fin qua ed è stato possibile portare un bimbo cosi complesso a scuola. Oggi, quando la crisi è dappertutto, non abbiamo trovato dei grossi problemi nell'avere tutta l'assistenza che necessitava Vladimir.
Grazie davvero al Signore, per questi piccoli angeli, che ci donano delle emozioni forti, ci fanno crescere, ci fanno volare".

Tags: scuola, disabilità, sostegno, inserimento


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