Premessa
Giuseppe Aragno - 19-10-2002
Da giovane speravo di rimanere com'ero fino alla fine dei miei giorni. Oggi che la giovinezza è lontana temo di essere troppo uguale a com'ero a vent'anni. E' come se mi fossi sdoppiato: se mi guardo allo specchio non mi riconosco, e tuttavia più il tempo passa e più mi avvedo che tra le pieghe dei pensieri e dei sentimenti tenacemente si nasconde il ragazzo che sono stato e non c'è più.
Non ho una storia personale e tutto quello che potrei raccontare è un non senso: inizi senza fine. Non si raccontano a parole decenni di parole, un'esistenza che si riduce a una linea di tendenza, un'ipotesi mai verificata, la linea di mezzo tra quello che poteva essere e non è stato. Non si racconta, credo, se non nel quadro d'una storia di respiro più ampio in cui anche la mia anonima vicenda personale assume un rilievo, non perché abbia un qualche valore soggettivo, ma perché si inserisce nel dramma di una generazione che esce sconfitta dal palcoscenico della storia, dopo aver fatto stupendi sogni collettivi.
Che potrei raccontare? Che sono com'ero, che non sono salito sul carro del vincitore e non ho seguito la strada "normale" dell'evoluzione? Che non sono diventato un saggio conservatore e che, anzi, non sono né saggio e né conservatore? E' vero, la rivolta m'è rimasta dentro. Ma i miei compagni di strada che hanno seguito la parabola "classica" hanno messo i piedi per terra e stanno contribuendo a cambiare davvero la nostra società.
In peggio - mi esplode subito dentro - in peggio come fanno servi e cialtroni.
Ma chi dice che sia io ad avere ragione? Potrei avere torto, potri essere io quello ch'è fuori posto, quello che si trova al posto sbagliato. Potrei, proprio perché resto ancora dov'eravamo insieme tanti anni fa. Il bello è che di questa cosa mi vanto con me stesso: sono com'ero, mi dico. Ma è cosa di cui vantarsi?

La mia storia.

Potrei immaginare di dividerla in capitoli, ma dovrei partire da lontano e cercare le mie radici nelle vicende del nostro paese, che s'intrecciarono singolarmente col mio destino di uomo che ancora non c'era.

"Aragno", ecco il titolo del primo capitolo.

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 Lilla    - 28-05-2003
Come è vero il sentirsi sdoppiati: cambiati di fuori ma uguali di dentro! Io però mi sento molto "patetica" in questa immutabilità interiore, non oso più che tanto manifestarla, gli inevitabili confronti/scontri di questi anni con i miei "simili" mi hanno provato, mi hanno lentamente fatto sentire fuori posto,....... un vecchietta tanto per bene che va in giro con guanti cappellino e veletta ... cioe a dire una persona patetica e inadeguata... sto semplicemente mollando?

 Emilia    - 11-06-2004
E' una storia importante, direbbe un famoso cantante. La cosa più bella di questa storia e della persona che l'ha scritta e vissuta è proprio il fatto di essere rimasto Se stesso, indipendentemente dalle mode e dalle correnti politiche del momento. Saltare sul carro del vincitore non mi è mai piaciuto, ma per rimanere se stessi il prezzo che si deve pagare è a volte molto alto. Non tutti hanno il coraggio di farlo. Quel che conta è crederCi fino in fondo...poi anche se si resta perdenti, Ci si sente a posto con la propria coscienza. E' la propria coscienza quello che conta, non il fatto di stare a destra, sinistra o al centro. La via di mezzo è sempre difficile da trovare, la ragione dove sta?, cosa sia giusto o sbagliato chi lo sa?