Questione della valutazione |
Per una scuola “trasparente”
La
tematica della valutazione è sempre di assoluta attualità nella scuola.
Tuttavia la più recente cultura della “rendicontazione” che mira alla ricerca
della qualità nei servizi pubblici, insieme all’avvio sperimentale dell’autonomia
tende a spostarne l’ambito specifico e tradizionale dalla sola valutazione
degli apprendimenti anche alla valutazione insegnamenti e dei processi che si
realizzano all’interno della scuola.
Troppo spesso si sente ripetere che il sistema
scolastico è, quasi per definizione, “autoreferenziale”, ossia che non si
lascia osservare, misurare e controllare. Il Censis stesso ha recentemente
addebitato alla scuola italiana la mancanza di una vera e propria «etica del render conto», dovuta
all’assenza di una cultura autovalutativa che porti a “misurare” quanto ogni
singola scuola realmente produce. La recente evoluzione in campo
amministrativo, contrassegnata da leggi quali la L. 142/’90 e la L. 241/’90 che
introducono il principio della trasparenza, può quindi essere letta come
tentativo di soddisfare queste domande di “trasparenza” e di buon rendimento
delle attività pubbliche produttrici di beni e servizi il cui contenuto
intrinseco è la “prestazione” e di cui anche la suola oggi fa parte.
Prima dell’emanazione della Carta dei Servizi non si
avevano dubbi: l’utenza vantava un diritto alla prestazione, ma gli standard
qualitativi di quest’ultima venivano definiti da norme interne, secondo criteri
di discrezionalità stabiliti dall’amministrazione. In tal situazione la
valutazione interna era quindi determinata dall’autoreferenzialità. In una
società complessa, tecnologicamente avanzata, fortemente terziarizzata e sempre
più esigente in ordine ai diritti delle persone e ad un ampliamento reale delle
garanzie democratiche, un pubblico servizio deve però far fronte anche e
soprattutto alla domanda sempre più mirata e qualificata degli utenti a cui è
rivolto. Da questa esigenza di “rendere conto” attraverso il D.P.C.M. del 7
giugno 1995 viene quindi introdotta anche nella scuola la «Carta dei Servizi».
I punti cardine di questa evoluzione normativa
possono essere ben riassunti in questo modo:
il primo è costituito da una maggiore attenzione
alla domanda dell’utenza; il secondo dalla conseguente introduzione del concetto
di soddisfazione del fruitore nell’ottica della “qualità totale”; il terzo dalla richiesta di capacità di
proiezione esterna; il quarto dall’emergere dei concetti di efficacia ed
efficienza, e quindi dall’impegno di realizzare la qualità del servizio di cui
si diventa “responsabili” in prima persona; e infine dalla richiesta alle
singole istituzioni scolastiche di mettere in pratica un’”etica
dell’autovalutazione”.
Tra gli elementi rilevati, in particolare,
l’autovalutazione di Istituto rappresenta oggi uno strumento professionale
prezioso per gli operatori scolastici, utile ad affrontare le sfide poste dalla
radicale revisione del nostro sistema scolastico. Mentre, infatti, prima
dell’emanazione del «Regolamento per l’autonomia delle istituzioni scolastiche»
c’era comunque un certo limite di garanzia delle prestazioni dato dal curricolo
stabilito in maniera identica per tutti a livello nazionale, oggi, invece, ogni
scuola avendo guadagnato, seppure ancora in via sperimentale, ampi spazi di
decisionalità sia sotto il profilo organizzativo che didattico, deve farsi essa
stessa garante del diritto dell’utenza ad una prestazione di qualità. Il nuovo
spazio decisionale delle scuole comporta, dunque, la capacità da parte dei suoi
operatori di dotarsi di strumenti di controllo del proprio operato sul piano
educativo e organizzativo, fortemente centrato sulla responsabilità dei servizi
offerti, prima ancora che sugli esiti formativi ottenuti da tali servizi.
In questa direzione l’assunzione di responsabilità
da parte di ogni singola scuola in merito
alla qualità dei processi formativi erogati e dei risultati
ottenuti, concretizzata nella messa in
atto di un percorso autovalutativo e nell’elaborazione di un rapporto di
valutazione, rappresenta un nuovo fattore
di forte legittimazione nei confronti dell’utenza e degli interlocutori
esterni. In questo modo, la scuola si fa carico del proprio lavoro e ne “rende
conto” ai soggetti interni ed esterni, potenziando così la sua natura
professionale e la propria autonomia decisionale.
In questo contesto è bene osservare come
dall’esperienza ministeriale del «Progetto
Qualità», che aveva tra gli altri obiettivi proprio quello di «diffondere la cultura del “controllo”»
dei servizi erogati, sia già nato, attraverso la C.M. 403/’97, uno specifico «Servizio Nazionale per la qualità
dell’istruzione», al quale tra i diversi compiti è stato assegnato proprio
quello di fornire alle scuole «strumenti
metodologici adeguati per promuovere la capacità di autovalutazione».
La necessità di progettare interventi
di controllo, autoanalisi e autovalutazione nasce dalla constatazione che,
nella realizzazione del servizio progettato,
a determinare la qualità prodotta intervengono molte variabili mai
pienamente rispondenti a quanto previsto. Anche se la progettazione è stata
particolarmente puntuale e ha tenuto in debito conto sia le condizioni
operative concrete che la possibilità dell’insorgere di imprevisti, la
produzione/erogazione del servizio deve essere attentamente verificata. Ecco
perché diventa necessario estendere l’attenzione dalla sola analisi e
valutazione degli esiti in termini di apprendimento degli alunni, a quella del
processo negli elementi dei diversi fattori, attività e interazioni che
concorrono alla produzione/erogazione del servizio scuola. Il conseguimento
dell’obiettivo di un ipotetica commissione per la qualità , che è quello di
produrre un miglioramento del servizio offerto, dovrà quindi prendere le mosse
da una ricognizione di massima di tutti gli aspetti delle attività della scuola
per individuare quelli su cui focalizzare l’analisi e, quindi, orientare
quest’ultima alla comprensione dei fenomeni indagati, per disporre di un punto
di partenza adeguato su cui innestare l’azione migliorativa. Il progetto di autoanalisi,
anzitutto, dovrà perciò selezionale gli “indicatori” di qualità più rilevanti
sui quali procedere con la raccolta e l’organizzazione delle informazioni, che
potrebbero ad esempio essere concretamente rappresentati dai criteri usati per
la formazione delle classi; dal rapporto in ogni classe tra alunni in
situazione di handicap o appartenenti a culture diverse e i normodotati; dalla
strutturazione degli spazi; dagli eventuali accordi di integrazione tra scuola
e territorio; dal clima del rapporto tra gli insegnanti; dai criteri di
formazione dei “gruppi di insegnamento”….. Ad ogni modo, malgrado gli esempi
fatti, il campo delle variabili che possono essere considerate è molto ampio.
Si tratta per questo di scegliere e, soprattutto, di imparare a mettere in
relazione le misure tra loro e con i fenomeni che si vogliono indagare.
Terminata l’analisi si disporrà di una serie di
informazioni organizzate che misurano o descrivono le prestazioni della scuola:
i risultati degli allievi, il servizio offerto, le attività realizzate…….; e
misurano o descrivono altresì le risorse esistenti e il loro utilizzo:
personale, strutture, strumenti…..
Bisognerà a questo punto usare le informazioni raccolte per capire se
effettivamente il servizio scolastico offerto risponde ai requisiti di qualità
precedentemente stabiliti, e resi noti all’utenza attraverso la Carta dei
Servizi e il Piano dell’Offerta Formativa,; se funziona più o meno bene; se è
possibile migliorarlo. Per quanto riguarda i criteri in base a cui valutare
l’efficacia dei risultati ottenuti o l’efficienza del modo in cui sono state
organizzate e realizzate le attività, le scuole italiane possono oggi disporre
di adeguati standard di riferimento, stabiliti a livello nazionale dall’ «Istituto Nazionale per la valutazione del
sistema di istruzione» nato dalla trasformazione del CEDE con il
recentissimo D.L. 20/’99. Questa nuova istituzione fornirà dunque i criteri
generali di qualità del servizio in base ai quali ogni scuola potrà definire i
propri specifici; fornirà, poi, l’indicazione di finalità e obiettivi e anche
qualche indicazione su quale grado di avvicinamento ad essi debba essere
ritenuto soddisfacente. Tutto questo nel rispetto delle indicazioni offerte dal
“Regolamento per l’autonomia delle istituzioni scolastiche”.
Un primo punto di partenza per l’autovalutazione
delle singole istituzioni scolastiche è quindi dato dal fatto che l’autoanalisi
permette di costruire una rappresentazione della scuola e del suo operato che,
proprio perché fondata sulla rilevazione di dati obiettivi, non coincide o
coincide solo parzialmente con la percezione che gli operatori interni ne
hanno. Questo accorgersi da parte del corpo docente che esiste un divario tra
gli obiettivi prefigurati e la realtà effettiva delle cose costituisce già una
prima forma di valutazione. Dal momento che gli operatori avranno
precedentemente declinato la “qualità attesa” in obiettivi cui l’erogazione del
servizio avrebbe dovuto rispondere, il confronto tra la realtà effettiva e
questi ultimi potrà quindi essere
sviluppato in modo puntuale , pertinente e produttivo.
È pur vero che questa prima forma di autovalutazione
è ancora “autoreferenziale”, poiché sono gli stessi elementi che erogano il
servizio a valutarlo; malgrado ciò se questi conducono la valutazione con
metodo, al fine di stabilire cosa funziona e cosa no per migliorarlo, e non
invece con lo scopo di “scovare il colpevole”, questa operazione potrà sfuggire
al rischio di trasformarsi in una
frettolosa autogiustificazione. Oltre a ciò, l’autoanalisi, attraverso gli
strumenti offerti dalla Carta dei Servizi quali questionari, interviste e
sondaggi da proporre all’esterno, dovrebbe poi essere riuscita ad indagare
anche quali valutazioni esprimono sul servizio i suoi referenti esterni. Queste
ultime, infatti, rappresenterebbero il necessario punto di vista esterno che
integrato agli elementi rilevati dall’analisi dei fattori dall’interno
della scuola e agli elementi rilevati
dal Servizio Nazionale di Valutazione, conduce ad una valutazione maggiormente
attendibile. È chiaro che in un’ottica di autovalutazione il più possibile
obiettiva i contributi “esterni” non dovranno certamente essere percepiti nella
logica della sanzione o della rivalsa, ma in quella della corresponsabilità, della
collaborazione, dell’intesa tra coloro che hanno stipulato un «Contratto formativo». L’autovalutazione
dell’efficacia e dell’efficienza della scuola non ha, tra l’altro, lo scopo di
assolverla o di condannarla, ma di aiutarla a conoscersi e offrire così un
quadro di riferimento all’azione.
La valutazione dell’efficacia e dell’efficienza
dell’operato della scuola condotta a partire dai risultati dell’autoanalisi
consente così di giungere ad una descrizione dei “punti di forza” della scuola,
degli elementi che ne sostengono la qualità, e dei suoi “punti di debolezza”,
ossia di quei fattori che ne limitano la qualità o non le consentono di
produrla. Una chiara consapevolezza dei punti forza consentirà di capire su
cosa è possibile far leva per migliorare la qualità del servizio o per farla
percepire più adeguatamente. La conoscenza dei “difetti” indicherà, invece, su
che cosa occorre intervenire. Lavorando sulla lista dei difetti occorrerà
individuare quelli che rappresentano un reale ostacolo per la qualità del
servizio e costituiscono per questo un problema che deve essere risolto. Una
volta individuati i difetti da eliminare e averli contestualizzati è poi
importante capire perché si verificano. L’individuazione di quei particolari
tipi di relazione che sono i rapporti di causa-effetto consentirà, infatti,
intervenendo sulle cause, non solo di rimediare alle effetti indesiderati, ma
di evitare che esse si ripresentino.
Possiamo dunque concludere il nostro discorso osservando come procedere all’autovalutazione dell’Istituto significhi anzitutto esaminare attentamente processi e dati che misurano i risultati reali e gli scostamenti rispetto a quelli attesi e quindi acquisire gli elementi per confermare le scelte fatte o per costringere a rivederle. Inoltre, la valutazione dei risultati serve a stabilire se l’intervento realizzato ha davvero risposto adeguatamente ai bisogni che si intendeva affrontare e risolvere; suggerisce spunti per integrare l’azione con altri interventi che ne rafforzino l’efficacia complessiva o per mettere a fuoco altri problemi che interferiscono con essa ostacolandone la realizzazione o limitandone l’efficacia. Ancora, l’autovalutazione di Istituto è essenziale per stabilire se le soluzioni adottate funzionano e possono perciò essere applicate stabilmente o su larga scala; per riconoscere le condizioni alle quali sono realmente efficaci o anche di quali adattamenti hanno bisogno per essere traslate in diversi contesti.
Tutto ciò invita però a tenere conto sia del fatto
che il mancato raggiungimento di un unico obiettivo non debba decretare
l’inefficacia assoluta del programma, sia della possibilità di aver raggiunto a
tal punto i risultati previsti da evidenziare un’eccessiva modestia degli
obiettivi, che devono conseguentemente essere spostati più in alto.
Il punto di partenza della qualità nella scuola
dell’autonomia è dunque costituito dall’autoanalisi e dall’autovalutazione
dell’efficacia e dell’efficienza del servizio erogato da ciascuna scuola, e
quindi delle scelte decisionali “autonomamente” effettuate. Le strategie
autovalutative divengono così lo strumento con cui ogni scuola interrogando se
stessa, il proprio funzionamento e i propri referenti esterni può riconoscere
la sua peculiarità e i suoi difetti, ponendovi conseguentemente rimedio.
Anna Paola Sabatini
annsaba@tin.it