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UN CONCORSO (S)QUALIFICANTE

 

Da cinquant’anni a questa parte i ministri della pubblica istruzione (quasi tutti democristiani) si sono sempre distinti per il loro immobilismo e per la loro incapacità di realizzare riforme radicali e coraggiose di cui la scuola sente il bisogno da tempo immemorabile (frequentavo il liceo negli anni cinquanta quando già si diceva che le cose non potevano più andare avanti così ed urgeva una riforma della scuola).

Nel mio campo di insegnamento (matematica e fisica nel liceo scientifico) le “innovazioni” si sono trovate soltanto nelle tracce dell’esame di maturità che divenivano gradualmente (e giustamente) più complesse mentre i programmi ministeriali rimanevano surgelati ed invariati.

Le uniche novità negli anni 70 furono, sulla scia dell’assemblearismo sessantottardo, l’introduzione dei decreti Malfatti (un nome decisamente appropriato) e la riforma dell’esame di maturità (con l’apoteosi dell’ipocrisia costituita dai vergognosi giudizi analitici e sintetici che eravamo costretti a redigere ogni anno, e la pseudo scelta da parte della commissione della materia relativa alla seconda prova orale).

Altre modifiche sono state la scuola media unica e la creazione dei moduli alle elementari: tutte innovazioni molto criticate e che si sono rivelate decisamente negative.

Ma tant’è !

Dopo una serie interminabile di ministri democristiani speravo che l’inserimento nel dicastero della pubblica istruzione di un professore universitario (anche se con convinzioni politiche diverse dalle mie), fosse una garanzia per ottenere finalmente quel rinnovamento strutturale illuminato e profondo, tanto atteso da docenti e genitori.

Invece, dopo aver nominato 40 saggi (alcuni dei quali mi hanno lasciato un po’ perplesso, per esempio l’attore Michetti, che sarà pure un ottimo professionista, ma non capisco quanta conoscenza abbia del mondo della scuola), ed aver atteso un bel po’ per riflettere sul da farsi, dopo alcune decisioni prontamente ritirate quando gli studenti hanno manifestato il loro disappunto, non ha trovato di meglio da fare che ristrutturare l’esame di maturità.

In altre parole ha cominciato dalla coda !

Ha iniziato a ristrutturare l’esame finale che deve essenzialmente verificare il lavoro svolto dagli insegnanti e dagli studenti nell’arco dell’intero corso di studi.

I contenuti delle varie discipline, le cattedre, il monte ore: tutto è rimasto invariato. Si cambia soltanto l’esame di maturità (intanto cambiandogli nome e sistema di votazione), lasciando invariato tutto il resto !

Il nuovo esame finale risulta poi logisticamente molto complesso, pieno di adempimenti burocratici, e prevede fra l’altro l’introduzione di questionari (una volta, tanti anni fa, ferocemente osteggiati dalla sinistra la cui delicata elaborazione e i risultati, come è universalmente riconosciuto, sono molto discutibili).

Sarebbe bastato rendere obbligatorie a tutti gli studenti le quattro materie orali scelte dal ministero ogni anno (forse questa soluzione sarebbe stata troppo banale !).

Arriviamo infine a parlare del famigerato “concorsone”.

Per varie ragioni (non ultima l’opera livellatrice dei sindacati che hanno tanto combattuto per inserire il contratto di lavoro nel pubblico impiego: bel risultato ! L’unico contratto decente è quello che la nostra categoria fece quando nacquero i Cobas, contro i sindacati) la retribuzione degli insegnanti si è appiattita rendendola uguale per tutti in base al principio demagogico che non ci possono essere insegnanti di serie A e insegnanti di serie B.

Mai sentita fesseria più grande.

Viviamo tutti nel mondo della scuola e sappiamo benissimo che non tutte le materie di insegnamento richiedono lo stesso grado di responsabilità e lo stesso impegno (leggi fatica).

Inoltre sappiamo anche che non tutti gli insegnanti svolgono il proprio lavoro con la stessa passione dedicandosi anche a progetti di approfondimento di vario tipo sia da soli che con gli studenti, sia durante le ore di scuola che nel pomeriggio.

E’ per questa ragione, ormai universalmente riconosciuta, che il ministero ha sentito la necessità di riconoscere un compenso straordinario a quegli insegnanti che effettivamente eseguono un lavoro qualitativamente e quantitativamente molto maggiore rispetto agli altri.

L’ineffabile ministro Berlinguer (che tra l’altro per ogni sua iniziativa non ha mai, dico mai, sentito prima il parere dei diretti interessati) non ha trovato di meglio da fare che indire un esame concorso (nel quale ci sarà anche il solito megaquestionario cervellotico), in cui insegnanti verranno chiamati a stabilire se altri colleghi meritano o no la retribuzione accessoria.

E’ vero che la commissione dovrebbe essere composta principalmente da docenti universitari, ma dato l’alto numero di candidati da esaminare sarà certo che gran parte delle commissioni sarà composta da docenti in servizio o in congedo.

Non era più semplice prevedere che gli insegnanti interessati, alla fine dell’anno scolastico dovessero presentare una documentazione dei lavori fatti, e che le commissioni dovessero soltanto stabilire quali fossero valide e quali no ?

In seguito al malcontento generale della categoria sembrava poi che l’aumento dovesse essere allargato a tutti i docenti (ma la necessaria copertura finanziaria dove l’avrebbero presa ?).

Infine, ciliegina sulla torta, il ministro ineffabile si è rimangiato tutto ed il concorso si farà a data da destinarsi e con modalità ancora da stabilire.

Viva l’Italia !

 

P.S.

Dubbio finale: il giorno 18 febbraio ci sarà un imponente sciopero degli insegnanti per manifestare contro il concorso. Non sarà che in imminenza delle consultazioni regionali il ministro non voglia scontentare quella larga (larghissima) parte di insegnanti schierati verso posizioni di sinistra ?

Con l’intento di riproporre dopo le elezioni (Mussi docet !) un nuovo concorso con piccole modifiche ?

Staremo a vedere.

 

Carlo Sintini