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Quale valutazione?

 

Il bell'intervento di Laura, a cui mi fa molto piacere aver dato un contributo, mi offre l'occasione per rispondere anche ad Antonio che mi chiedeva cosa io intendessi con la richiesta che siano i Presidi a valutare gli insegnanti. Credo che all'origine di tutto ci sia un equivoco da chiarire, equivoco che io stesso, data la mia proverbiale poca chiarezza, ho alimentato. Il punto è: che significato dare al termine valutazione? Il ministro, molti suoi collaboratori, una lunga schiera di pedagogisti, numerosi colleghi, ecc., ritengono che

valutare significhi "misurare" la qualità del nostro lavoro di docenti. A cascata, il nostro lavoro di docenti consiste nel "misurare" le competenze dei ragazzi. Misurare rispetto ai progressi, al raggiungimento degli obiettivi, ecc. La misurazione presuppone il riferimento a determinati standard e l'impiego di strumenti standardizzati. Domanda: chi stabilisce gli standard, in base a quali parametri, criteri, ecc.? Ora, occorre essere chiari su questo: gli standard non sono mai neutri. oggettivi, presuppongono al contrario una scelta, esprimono un'intenzione, una visione della scuola, della sue funzioni, del suo ruolo. La scelta degli standard corrisponde ad un'idea della società, è una scelta politica in senso proprio. Chi ha introdotto il principio costituzionale della libertà di insegnamento aveva sicuramente presente questo aspetto del problema. Io rifiuto l'idea di essere valutato, misurato, sulla base di standard che ripugnano alle mie convinzioni culturali e pedagogico-educative e che comunque non ho contribuito a scegliere ed elaborare insieme ai miei colleghi di lavoro, ai ragazzi, alla comunità scolastica tutta (genitori,

personale non docente, ecc.). Per questo ho contestato e contesterò con forza il concorsone alla radice e la stessa istituzione del servizio nazionale di valutazione.

Mi si potrebbe facilmente obiettare che proprio il ministro ha con forza, a più riprese, sottolineato il fatto che i percorsi educativi debbano essere individualizzati. Ma individualizzati sulla base di che? Poniamo che io riesca nell'enorme sforzo di predisporre 20 percorsi diversi per i miei 20 alunni di Prima. Utilizzerò forse 20 standard diversi e quindi nessuno standard, dato che questi non può essere tale se non à applicabile ad una

generalità di casi? Ovviamente no. Progettare 20 profili individualizzati significa elaborare 20 diversi percorsi metodologici. Lo standard comune resta, è il punto chiave, si riassume nella locuzione magica dei documenti ministeriali: certificare le competenze (per definizione, certificare qualcosa presuppone che questo qualcosa sia dato, definito). Ma se nella

mia classe di 20 io mi trovo con 3 alunni  extracomunitari, 2 nomadi, un audioleso, 2 ragazze con ritardi cognitivi non dichiarati, come potrei certificare in questo caso competenze incertificabili? Non potrei. Per questo gli standard finiranno per garantire il successo scolastico soltanto a quei ragazzi che si collocano su un registro medio: italiani, di buona famiglia, seguiti dai genitori, integrati nel tessuto-sociale e culturale,

ecc. In poche parole questo modello di scuola tende all'autoriproduzione e non alla promozione sociale. Che fine faranno i miei ragazzi extracomunitari, le due nomadi, il sordo (si può dire, anzi lo preferiscono), e gli altri non integrati, compreso il ragazzino che scrive temi bellissimi, si porta a spasso il sordo di cui ha imparato il linguaggio gestuale e impiega il suo tempo in classe non a seguire le lezioni del certificatore ma a disegnare stupende scene oniriche, paesaggi,

personaggi, animali? Faranno la fine che sempre hanno fatto i diversi: espulsi, emarginati, esclusi.

Altra obiezione: chiunque esercita una professione, utilizza un qualche modello. Giustissimo. Solo che quello in cui credo io e' basato non sulla valutazione di competenze tecnico-pratiche misurabili in termini quantitativi ma sulla valorizzazione delle risorse di ciascuno ai fini dell'autopromozione di sé e per questo preferisco nel mio caso il concetto di modello a quello di standard. 

E qui, per concludere: quale ruolo per il Preside? Lo ha spiegato molto bene Laura nel suo intervento: "Se ci sono nella categoria insegnanti che demeritano, beh. credo sia già prevista la procedura da seguire, sarà il capo di istituto a chiedere un'ispezione ministeriale nei loro confronti". E per demerito credo che intendesse riferirsi alla violazione delle regole elementari che garantiscono il buon funzionamento dell'attività scolastica: accertare le competenze professionali dei docenti, la loro preparazione, il modo di rapportarsi coi ragazzi (in sostanza, la capacità di ascolto), ecc. E poi potrà dedicare il resto del suo tempo a giocare a fare il manager.

 

Marino Bocchi

mabo@pianeta.it