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Un libro di racconti organico e coerente come un romanzo
Oppressi ma mai rassegnati i personaggi de "L'Angelo di Botero (AeB edizioni, Acireale)" di Marinella Fiume (marinellafiume@yahoo.it)
Redazione Tracciati
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Marinella Fiume, dottore di ricerca in Lingua e Letteratura italiana, insegna materie letterarie nei Licei. Ha al suo attivo diverse pubblicazioni di critica letteraria, etnostoria e storia delle donne; tra queste: Vita di Orazia contadina e guaritrice (Palermo 1988), Il vecchio del fiume (Acireale 1996), Sibilla arcana. Mariannina Coffa, 1841– 878 (Caltanissetta 2000); ha curato alcune biografie di scrittrici siciliane per il Dizionario in 3 voll. Italiane (Dipartimento per le Pari Opportunità, Roma 2003).
E' uscita da poco la sua raccolta di racconti dal titolo "L'Angelo di Botero".
Nove racconti, singolari per la varietà di ambientazione storica, la contaminazione di generi e l’interferire di una pluralità di stili e registri linguistici, accomunati dal motivo della “patologia”, una dimensione esistenziale che condanna l’uomo essendosi spezzato quel filo salvifico che univa Il principio con la fine (dal titolo del “racconto rotondo” che apre la raccolta).
La “malattia” assume ora le forme della surreale “pestilenza” che porta alla decimazione per contagio degli abitanti di un villaggio ai piedi dell’Etna destinato ad inabissarsi; ora della rara sindrome genetica che trasforma nei pingui personaggi del pittore colombiano Fernando Botero i ragazzi che ne sono affetti; ora del cancro che uccise nel 1878 la poetessa netina Mariannina Coffa; o della forma depressiva che fece avvertire come devastanti le modificazioni dell’età della menopausa al grande soprano Maria Callas; o della dolorosa difficoltà di sublimare l’eros attraverso inimitabili modelli di santità cristiana, che travaglia suor Deodata Buonarroti, o della patologia sociale del fanatismo religioso, ad opera del Tribunale siculo-spagnolo del Sant’Uffizio (in due racconti che traggono spunto da documenti inediti dell’archivio del tribunale dell’Inquisizione di Madrid), che processa e condanna al rogo per stregoneria una servetta e un’anziana terziaria francescana; o ancora della cancrena sociale della mafia in un paese siciliano.
Ma, sia che si manifesti come cancro del corpo e dell’anima, perversione e fanatismo o dolorosa lacerazione tra l’insopprimibile esigenza dell’io a dispiegarsi in tutta la sua pienezza e la pretesa delle convenzioni sociali, della superstizione e del pregiudizio a mortificarlo e imbrigliarlo in gabbie mortifere, la malattia perde negatività e guadagna “dolcezza”, assurge a condizione esistenziale di privilegio per la chiaroveggenza, l’accumulazione di senso, conquistate sul campo, con l’onore delle armi.
agosto 2005
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