Notizia: una riforma è in corso da tremila anni
Gabriele Boselli - 14-11-2006
In questo autunno post-morattiano le scuole si sono trovate ad affrontare il problema della progettazione a prescindere sia dalle Indicazioni ("soprassedere, soprassedere, soprassedere...") che dai vecchi programmi. Il nuovo ministero sembra aver abbastanza chiaro quel che va scoraggiato o smontato con il cacciavite; meno evidenti invece - e qualcuno se ne dispiace - le linee culturali e pedagogiche dell'impulso romano sulle cose da fare.
A mio avviso la carenza di indicazioni in positivo non è un gran male: la scuola è eterna e sa fare benissimo il suo mestiere anche senza imbeccate romane o milanesi. Vive da tre millenni, figurarsi se va in crisi per mancanza di indicazioni autorevoli. Sa pensare da sola; tocca a lei, del resto insegnare a pensare. Si riforma continuamente, impercettibilmente ma profondamente, soprattutto quando non tentano di forzarla. Sa cosa insegnare. Le oscillazioni e le contraddizioni della politica perciò non la spaventano. Non schola, solvet saeculum in favilla.
Gui, Bodrato, Malfatti, Berlinguer, De Mauro, Moratti...i vari disegni di legge di riforma vanno, vengono, a volte ritornano. Intanto il Maestro resta comunque fedele alla sua missione perenne: educare all'esistenza, insegnare il gusto della lettura, il piacere della scrittura, il rigoroso gioco della logica scientifica e dei linguaggi matematici, la soddisfazione sempre insaziabile della ricerca disciplinare. Essendo egli cultura in atto, cultura della Terra e del cielo stellato, cultura che attraversa le generazioni, vive continuamente di vita nuova, comunque rinnova il suo disegnare l'avvenire della società attraverso le menti di chi dovrà vivere nel domani.
Il Maestro ha dei nemici: il sistema informativo globale che non perde occasione per cercare di screditarlo; le organizzazioni che commissionano ricerche congegnate in modo che egli possa farci una pessima figura (così la gente penserà che i soldi spesi per la scuola siano buttati via).
Poi ci sono i nemici interni alla scuola: i dirigenti amministrativi rampanti, gli insegnanti e ispettori efficientisti, i DS-managers, i docimologi, i professori universitari organici all'ideologia economicistica.
E' inevitabile: fare cultura, conservare la memoria, aprire ai tempi venturi sono operazioni comprensibili pressoché esclusivamente a chi passa la vita a pensare alto, a studiare e insegnare. Categoria non molto numerosa e completamente priva di potere.
Ma questo non deve far perdere d'animo chi in-segna, segna dentro. Il Maestro sa resistere alle pseudo-riforme (ristrutturazioni senza idee di fondo) e lo fa in nome del passato e del futuro. Cerca di offrire forme pedagogiche per un pensiero che fluisca da una vita riappropriata (meno alienata dal sistema informativo globale) e da una cultura alta. Sa trasmettere un pensiero non rassegnato alla mera accettazione del mondo com'è ma coniugato al concetto che le idee (non le ideologie strumentali come quella del successo) possano avere una funzione nella costruzione del futuro. Sa mostrare un pensiero sensato (accogliente l'intera gamma di senso offerta dalla letteratura seria e dalle scienze) e sensante, che contribuisce con propria, genuina intenzionalità a indirizzare almeno in parte il campo di eventi in cui il giovane si troverà immerso. Un pensiero non insistente sulla sola superficie degli eventi ma che sa attingere alle radici, non frenetico come la vita quotidiana dell'epoca ma lento come dev'essere il respiro del pensare in grande. Un pensiero non finalizzato al successo, non fatto per far scena e conquistare applausi al suo autore ma autentico.
Un Maestro in quanto tale - come un Magistrato - risponde solo all'Etica e alla Scienza.
La ri-forma che la scuola costruisce ogni giorno da tre millenni non è fondata sul monolite marca OCSE dell'ideologia del denaro ma è retta dall'intero arco di valori della cultura d'Occidente. E' un atto puro di riforma non solo globale ma anche regionale, non dominato dalla necessità della contingenza ma aperto sul possibile anche non immediato. Quella che i lavoratori della scuola disegnano e costruiscono ogni giorno è una ri-forma non sistemica ma costellazionale, una forma nuova.
In vista di linee di progressivo slargamento d'orizzonte del conoscere delle nuove generazioni, la ri-forma in atto da quasi tremila anni dall'interno della scuola elabora un disegno utile a capire e mettersi in via; un disegno disinteressato e altamente impolitico ovvero ispirato a un'idea alta e dunque poco condivisa della polis.
E' allora pressoché certo che nessun disegno ufficiale di riforma prospetterà mai la formazione di un tipo di pensiero come quello appena accennato. L'invito che ogni giorno tanti Maestri consapevolmente o meno rivolgono all'epoca con il loro lavoro quotidiano può anzi apparire completamente respinto. Ma il gesto magistrale dell'Invito sa che questo pur in minima misura agisce anche quando è apparentemente ignorato o esplicitamente respinto. E quel minimo basta loro.
Illuminato dalla scienza e dalla poesia, rivelato nei suoi volti possibili dal cenno filosofico, portato a minor inevidenza e augurabilmente a futura affermazione dalla pedagogia, il pensare delle scuole resta e si prepara a risplendere di nuovo nell'autonomia che più vale, anche se non conta: autonomia intellettuale, morale ed estetica. Quella che nella scuola più autentica, rammemorante e profetica, non verrà mai meno.

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