breve di cronaca
Il malessere dei docenti
Corriere della Sera - 26-05-2002
di GASPARE BARBIELLINI AMIDEI

Quest'anno che la maturità dei milanesi è interamente affidata al giudizio di altri milanesi, con la completa composizione interna delle commissioni all'esame di Stato, c'è una occasione in più per meditare sulla serenità della scuola nella nostra città. Milano può essere soddisfatta del lavoro dei suoi docenti, concluso un altro anno scolastico, ma non può ignorare il disagio diffuso del corpo insegnante. Politica, stampa e sindacato colgono la parte più ufficiale dell'insoddisfazione accompagnata da un certo scoramento. I partiti e i movimenti hanno fatto molta polemica poiché ha prevalso la
contrapposizione alla riforma. La politicizzazione delle
analisi e la voglia di protesta hanno impedito di cogliere molti elementi neutri della vasta inquietudine. Ci sono umori che non si possono ridurre a
slogan o a girotondi. Alcuni dei temi del malessere degli insegnanti, soprattutto a Milano, città concreta e oggi non ideologica, vanno ricondotti in un'area esistenziale, che partecipa del generale rapporto fra
le generazioni. Il fossato elettronico che separa parte degli insegnanti dai loro studenti non corre soltanto dentro le aule, ma nelle aule più che altrove complica la vita degli adulti. Soprattutto a Milano, la città più
cablata d'Italia.L'apparato telematico che i ragazzini si portano da casa dentro lo zainetto, dai telefonini ai «gameboy», falsa la presenza in classe. C'è la
distrazione generale, c'è il fastidio delle chiamate, con e senza musichetta, c'è la manipolazione delle prove scritte, ci sono scopiazzature e telesuggerimenti. C'è poi il piccolo teppismo. A metà febbraio, in una
scuola milanese che qui non voglio citare perché sono settimane di scrutini e si spera in un recupero del clima, la metà degli insegnanti aveva
presentato domanda di trasferimento. Il docente medio si trova stretto fra due difficoltà, gestire la condotta e non perdere contatto con la folla elettronica cui è destinata la sua pedagogia. I mezzi per disciplinare l'invasione di cellulari e di videogiochi sono stati fino ad ora inadeguati. Poche famiglie collaborano e pochi genitori svuotano a casa lo
zainetto-contrabbandiere. La riforma prevede strumenti di valutazione del comportamento. I voti in condotta faranno media con i voti dell'apprendimento. Fuori dall'ipocrisia di debiti e di recuperi, il
disegno potrà in parte rasserenare l'aria.
Ma a Milano il disagio dei professori non si ripara soltanto con un pizzico di disciplina. Qui il «Digital Divide» fra le generazioni pesa più che
altrove perché la città vive di elettronica e di comunicazioni.
L'analfabetismo informatico è condizione di invisibile povertà. Comune, Provincia e Regione possono fare molto, integrando lo sforzo della scuola.
Si possono creare spazi elettronici, zone anche estive di amicizia telematica fra generazioni. Finita la scuola, le amministrazioni pubbliche locali possono creare iniziative. Bisognerebbe nel prossimo autunno
restituire alle aule una gioventù in sintonia con i suoi professori.

26-5-2002


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