Il pesce Bulù
Marouan, Sabrina, Amir, Priscila, Ahmed, ....... - 25-05-2002
L'arte del comunicare si impara come ogni altra arte.

Noi (Marouan, Sabrina, Amir, Priscila, Ahmed, Iasser, Dzevair, Nordin, Leila, Arsida, Lalit, Emanuela) si fa così.

Per prima cosa ognuno si siede in modo da guardarsi tutti negli occhi e da sentire bene le voci.
Anche in modo che si possa seguire il movimento delle labbra.
E anche che ci si possano passare le cose senza bisogno di lanciarle, che poi le matite si spuntano e a ricomprarle si deve aspettare il sabato.
Ogni volta che qualcuno ha qualcosa da dire gli altri ascoltano e chiedono per un po' di tempo, finchè dicono ho capito cioè riesco ad immaginare le tue parole.
Non sempre si usano parole, spesso gesti, sorrisi, faccia scura, disegni e cose.
Quando ci si arrabbia, se non si riesce a farla fuori, si rimanda al giorno dopo e ognuno finisce quello che c'è da fare senza parlare più.
Se uno non vuol rispondere non si insiste, ci sarà un motivo.
Se non si riesce a capire bene, si fanno delle prove, si prova a ripetere o si rifà la scena, finchè tutti sono soddisfatti.
Se siamo in due a parlare la stessa lingua va bene perché si fa prima quando è troppo difficile, ma poi si passa subito all'italiano se nò gli altri come fanno?

A volte si usano parole scritte, così restano a tutti, e possono anche essere spedite lontano.
Poi gli alfabeti sono belli, sembrano tanti codici segreti a vederli tutti vicini.
Con le lettere e le parole scritte si può giocare, però ci vogliono colla, forbici, pastelli, gomme pulite e temperini.
Con le parole scritte si fanno gli esercizi, se nò le frasi non vanno poi bene.
Se salta una doppia non è che non si capisce, però si vede che è un errore, soprattutto quando ci "parliamo" col computer: è che quando parte la frase poi non la fermi, la devi riscrivere.
A tutti piace qualcosa di diverso: uno preferisce scrivere, una colorare, un altro fare i cartelloni, però questo si decide insieme e nessuno fa il pigro.
I libri sono difficili da leggere e da capire, però si fa a gara a chi trova più frasi o più parole. In questo siamo bravi perché sappiamo fare gli indovinelli, però non si indovina se qualcosa non si sa già.
I libri possono anche essere semplici, li possiamo scrivere anche noi se c'è qualcosa che vogliamo dire.
I libri che non hanno niente di bello da dire non li leggiamo perché non ci divertono.
Ascoltare però è più bello.
Noi abbiamo provato a scrivere un libro e abbiamo fatto fatica anche perché non siamo di una scuola sola, ma ci è piaciuto.

Senza saperlo aveva ragione Marouan, che ha solo 6 anni, a disegnare il pesce blu Bulù nella prima storia, perché le parole viaggiano nel mare come i messaggi nelle bottiglie.








CIAO, IO MI CHIAMO NORDIN E HO 15 ANNI.
SONO ARRIVATO IN ITALIA DA POCO TEMPO E NON CONOSCO BENE LA LINGUA.
PERÒ VOGLIO RACCONTARVI I GIOCHI CHE FACEVO IN MAROCCO E LO FACCIO CON I DISEGNI
SCRIVO I NOMI ANCHE IN ARABO.






DISEGNAMO PER TERRA UN CERCHIO E CI METTIAMO INTORNO, UNO STA DENTRO E DÀ UN CALCIO A UN ALTRO, PERÒ NON DEVE SUPERARE LA RIGA. SE RIESCE LUI STA FUORI E L'ALTRO ENTRA. NOI SIAMO FORTI, NON CI FACCIAMO MALE PERÒ LE FEMMINE NON GIOCANO.


LE FEMMINE INVECE GIOCANO A





MASCHI E FEMMINE INSIEME GIOCANO A






ERA BELLO AVERE TANTI AMICI! IN ITALIA NON HO TANTI AMICI , PERÒ QUALCUNO Si'...






Io mi chiamo Leila e ho 13 anni, sono marocchina e abito in Italia da 9 anni.
Qui in Italia ho trovato degli amici stupendi che sono rimasti con me fino ad essere grande.
Qui la scuola è difficile e i professori ti sgridano sempre, a Rabat, dove abito io, i professori sono gentili, però quando non fai i compiti ti danno delle bacchettate sulla mano.
Questo succede in città, non so se nei paesi più piccoli è diverso, perché le scuole non si incontrano e non si conoscono.
Io non ho frequentato la scuola in Marocco, perché quando sono venuta in Italia ero piccola.
Mi dispiace di non aver imparato a leggere e scrivere in arabo, così da due mesi vado a impararlo con Fathia, e tante persone, bambini, giovani e vecchi.
La scuola che frequento è molto bella: si fa in una casa del Comune. Si entra alle 10.30 della domenica pomeriggio e si ripassa il lavoro della settimana prima.
Verso le 16 c'è l'intervallo, alle 16.20 si continuano le lezioni.
Fathia ci insegna il Corano tante volte, per impararlo.
Alle 17.30 le lezioni terminano e tutti tornano a casa.

Adesso vi scrivo alcune cose che ho imparato:






Io mi chiamo Dzevair, ho 14 anni e vivo in Italia da tre anni.
Io vengo dal Kosovo: al mio paese hanno fatto la guerra e hanno bruciato le case e rubato tv, radio ecc...
Mi ricordo, il pomeriggio quando abbiamo visto da lontano arrivare i soldati la mamma, i nonni, mia sorella e io siamo scappati di casa.
Certi come gli anziani che non riescono a camminare e i bambini piccoli sono stati nascosti nella chiesa dei musulmani e lì non è entrato nessuno per fortuna.
Noi tutta la notte siamo rimasti nel bosco e sentivamo i cani che ci seguivano perché i soldati non volevano lasciarci scappare e avevano paura che li attaccassimo.
Siamo rimasti sempre in silenzio e all'alba ci siamo messi in cammino per arrivare in città.
Lì è venuto un pulman a prenderci e poi ci ha lasciato in mezzo alla strada, noi abbiamo continuato a piedi ancora per due ore, finchè abbiamo attraversato il confine tra Kosovo e Albania.
In Albania è venuto il papà a prenderci e siamo arrivati in Italia.
Adesso nel 2002 la pace è tornata in Kosovo.
In questo racconto c'è una cosa bella e una cosa brutta.
La cosa bella è che nella mia famiglia ci siamo salvati tutti.
La cosa brutta è che nel mio paese, Struzhe, hanno ucciso 10 persone, 5 anziani e 5 giovani di 20 e 21 anni.


Appena arrivato in Italia, Dzevair, per molto tempo, guardava con terrore alle auto dei carabinieri e della polizia.
Per la prima volta, quest'anno, ha iniziato a raccontare del suo passato, purchè le domande non pretendano da lui un eccesso di ricordo. "Non fa i compiti e non studia, non sempre ha i libri", ma da grande vuol fare il medico.



Da "I nostri racconti"


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 gabriella    - 26-05-2002
Bravissima Emanuela, grazie per averci raccontato questa esperienza!

 francesca piemonte    - 27-05-2002
Complimenti Emanuela! posso copiarmela e farla vedere alle mie colleghe del corso italiano L2?
Veramente servbirebbe a tutti gli insegnanti che non sempre capiscono la risorsa della comunicazione "circolare" ed hanno sempre in mente il programma...
ciao francesca