breve di cronaca
Cannes: allarme armi
Corriere della Sera - 18-05-2002


CANNES - Venti aprile 1999, mattina. Nel Kosovo una pioggia di bombe americane rade al suolo una scuola e un ospedale. Centinaia i morti, in gran parte bambini. Un’ora dopo, dall’altra parte del pianeta, in Colorado, due adolescenti di 17 e 18 anni entrano nella loro scuola, la Columbine High School, abbattono a colpi di fucile 12 compagni e un insegnante, e quindi si suicidano. «Tra i due eventi nessun nesso, naturalmente - spiega Michael Moore, 48 anni, regista di "Bowling for Columbine", primo film-documentario in gara a Cannes, sconvolgente ma anche ironica denuncia del "terreno di cultura" della violenza -. Del primo l’America quasi non si accorse, dal secondo fu sconvolta. Eppure entrambi nascono da radici comuni, l’uso sfrenato delle armi che si fa nel nostro Paese, la psicosi della paura, la consuetudine a risolvere i problemi uccidendo».
Così, partendo dalla strage del college, Moore allarga la sua indagine al mercato, anzi al supermercato, della morte americano. Un Paese dove per un minore è quasi più facile mettersi in tasca una pistola che bersi una birra al bar. «Negli Usa ci sono 280 milioni di abitanti e 250 milioni di armi in circolazione. Per comprarne una basta la patente», ricorda il regista. E rispondere a un questionario esibito dal negoziante con domande del tipo: «Lei è un deficiente?» o «E’ mai stato ricoverato in una clinica psichiatrica?». Barra sul no, paga, e la Colt è tua.
Del resto il Michigan, ricorda Moore che lì è nato, è denominato «il paradiso delle armi». Uno Stato di brave persone, tutte villette, chiesa e ufficio, dove però, come mostra il film, esiste una milizia per addestrare al tiro i cittadini al motto «in caso di bisogno, niente polizia, a difendere la mia famiglia ci penso io». «Gente comune per cui è orribilmente normale andare a dormire col fucile sotto il cuscino». Come stupirsi quindi quando, interrogato da Moore, un compagno di scuola dei due giovani «assassini nati», racconta che sì, anche lui, ogni tanto scambia revolver come figurine, costruisce in garage bombette artigianali, e si è pure distillato, come si faceva in Veneto con la grappa, il suo barilotto di napalm clandestino.
Colpa della droga, dei videogiochi e dei film violenti, colpa della povertà, del degrado morale. Colpa, per molti, di Marilyn Manson. «Comoda soluzione - commenta ironicamente il divo gotica del rock -. Non credo proprio che gli oltre 11 mila americani uccisi ogni anni da pallottole le debbano tutte a me». «Il fatto è - ribatte Moore - che questo è un Paese dove i presidenti per primi, dal Vietnam alla Corea, dal Cile all’Iraq, hanno sempre usato ed esaltato l’uso della violenza. Un Paese dove tra le lobby più potenti c’è quella dei fabbricanti d’armi, la National Rifle Association, il cui presidente, l’ex attore Charlton Heston, qualche giorno dopo la strage di Columbine, ha ribadito: "Dovranno passare sul mio corpo se vogliono impedirci la libera vendita delle armi"».
Poteri forti, difficile mettersi contro. Ma Moore, già autore di documentari contro la General Motors, l’ha fatto. «Un personaggio pericoloso», l’ha definito Mike McCurry, portavoce della Casa Bianca.
«Certo, un simile soggetto non poteva trovare finanziamenti negli Usa - ridacchia lui -. Sono dovuto andare in Canada. Dove le armi esistono eccome, 7 milioni su 10 milioni di abitanti. Ma vengono usate solo per la caccia. Stando ai registri della polizia, negli ultimi anni lì c’è stato un unico morto sparato. E lo sparatore veniva da fuori, da Denver, Colorado».


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 Edoardo Lenzini    - 30-05-2002
Prima di fare tante meraviglie per gli USA interroghiamoci su quanti adolescenti nella nostra Italia stiano tutte le sere nei bar a fantasticare il modo come fare soldi facili, come si aggreghino in bande dedite agli scippi o allo spaccio, girino col coltello in tasca o magari una pistola.
Dopo le guerre in Jugoslavia non ci vuole molto per procurarsi una pistola od una bomba a mano, un Kalasnikof che buca anche i giubbotti corazzati od i camion porta valori.
Una volta Giovanni Paolo II ha detto : "il male non è nelle armi ma nel cuore degli uomini".
Certo che una pistola automatica in mano ad un pazzo può causare molte vittime, ma nelle guerre tribali in Africa ne abbiamo viste fare di più con le semplici lame di un Machete o a colpi di pietra.
Preoccupiamoci un pò di più dei disagiati di casa nostra che delle statistiche (spesso sballate) sugli Usa.

 Jesus Heylel    - 29-09-2003
Che il male alberghi nel cuore degli uomini è senza dubbio vero, anche se è una visione un po' "ecclesiastica". E' anche vero che in Italia gli adolescenti girano con coltelli e taglierini in tasca, e che esistono le baby-gang e le gang non baby. Ma domandiamoci come potrebbe peggiorare la cosa se venisse allargato come negli stati uniti il porto d'armi. E chiediamoci: meglio tutti armati o tutti disarmati? Sinceramente preferirei poter andare in giro non dovendo temere ad ogni passo che un idiota pazzoide mi spari alle spalle. Certo, ciò vale anche per i coltelli, ma una lama ha sempre e comunque un potenziale di offesa assai minore (non la puoi usare a distanza, puoi schivare un fendente, la lama penetra di meno di quanto faccia un proiettile, una persona con un coltello la si può disarmare anche se con un po' di difficoltà).