breve di cronaca
Insegnanti, cronache da 5 anni di umiliazioni
l'Unità - 27-03-2006
«Sono il Dirigente scolastico della Vittorino da Feltri, una scuola elementare con tre plessi nel Cep, un quartiere periferico di Foggia. Combattiamo continuamente con dispersioni e abbandoni, con problemi di natura sociale non indifferenti, che vanno da genitori senza lavoro ai livelli culturali. E intanto il contributo ordinario per la scuola si è quasi dimezzato».

Tonino Soldo ha 55 anni, e guadagna 2000 euro al mese. Non è un dirigente di ruolo, e così lavora nella più totale precarietà: dal 2000 ad oggi ha cambiato scuola ogni anno, fino a quando, nel 2004/2005, è arrivato alla Vittorino da Feltri. In un territorio dove la scuola fa la differenza ancora di più di quanto non accada normalmente. Ma la lotta quotidiana con una realtà difficile è aggravata ulteriormente dalla politica del governo Berlusconi.

«Con il contributo ordinario ridotto drasticamente, abbiamo molte difficoltà a riuscire ad avere quel minimo di attrezzatura necessaria per poter lavorare. Per esempio, funziona tutto con le fotocopie, e se i fondi vengono tagliati le difficoltà rischiano di essere insormontabili. Abbiamo provato a chiedere un contributo ai genitori, ad elevare quello per l'assicurazione degli alunni. Ma in un territorio come il nostro, non ci si riesce. E gli insegnanti sono sotto pressione, costretti ad inventarsi il lavoro giorno dopo giorno, a svolgere via via le funzioni dello psicologo e dell'assistente sociale. Senza contare la confusione prodotta dalla riforma Moratti. I docenti stanno leggendo come un aumento di burocratizzazione il portfolio. E il collegio non ha voluto fare il tutor. Se ci aggiungiamo i continui corsi di formazione a cui sono sottoposti, da quello d'inglese, a quello sul rischio, si può dire che gli insegnanti vanno a scuola in ogni momento».

Quella che racconta Tonino Soldo è una storia emblematica della condizione degli insegnanti sotto il governo Berlusconi. Da sempre retribuiti in maniera inadeguata, sono ora anche sottoposti a continui cambiamenti, confusi dalla riforma Moratti sulla scuola, quella legge 53 del 2003, contro la quale si è scagliato tutto il mondo che gravita intorno all'istruzione, dai sindacati alle associazioni sindacali della docenza, dai genitori agli insegnanti. Tra i punti più dibattuti la questione del tutor: viene istituita una sorta di super-maestro, una nuova figura professionale, senza che questa sia stata inserita nel contratto di lavoro. Poi c'è il portfolio, schede di valutazione e pagella insieme, con una parte obbligatoria e una volontaria, che non si capisce quale scopo abbia o a chi si rivolga. E, inoltre, la sperimentazione nelle secondarie superiori, che prevede nuovi percorsi formativi triennali di istruzione e formazione professionale. La Conferenza Stato Regioni aveva deciso che sarebbe iniziata nel 2007-2008, ma è stata anticipata da una circolare uscita nello scorso novembre.

Tutte questioni che hanno ricadute immediate sugli insegnanti, le cui condizioni sono grandemente peggiorate in questi anni. Nonostante le mirabolanti dichiarazioni del Cavaliere, che oltre a sbandierare le famose tre "i" (impresa, inglese, informatica), ha definito «epocale» la riforma della scuola e ha promesso incredibili aumenti di retribuzione agli insegnanti («Li ricopriremo d'oro», arrivò a dire).

Ovviamente, la realtà è ben diversa. Partendo dagli stipendi, attualmente, gli insegnanti fino a 2 anni di anzianità guadagnano intorno ai 1200 euro, da 3 a 8 tra i 1200 e i 1300, da 9 a 14 tra i circa 1300 ai circa 1400, dai 15 ai 20 tra i 1400 ai circa 1550, dai 21 ai 27 tra circa i 1500 ai circa 1700, dai 28 ai 34 dai circa 1600 ai circa 1800, a 35 dai poco più di 1650 ai circa 1850 (dati Cgil). Accanto a retribuzioni come queste per chi ha il compito di formare una generazione dopo l'altra pochi sono anche i finanziamenti. «A fronte di un aumento di alunni di 107mila unità determinato esclusivamente dall'ingresso a scuola di alunni stranieri, i finanziamenti sono rimasti identici a quelli del 2000, determinando così un calo pro-capite del 14,20%», recita il Dossier 2006 di LegaAmbiente «Scuola pubblica. Liquidazione...di fine stagione».

A proposito degli alunni di lingua straniera, significativa l'esperienza di Brunella Maiolini, che insegna Matematica e Scienze nella secondaria di I grado (ex media) dell'Istituto comprensivo Rizzo, a Roma. Brunella ha 52 anni e guadagna 1500 euro al mese. «Abbiamo problematiche importanti di inserimento degli studenti stranieri. In alcune classi di tempo pieno, questi arrivano ben al 50%. E sono diminuiti gli interventi, dai mediatori culturali, ai finanziamenti per i corsi di italiano per stranieri. I fondi che venivano destinati alle scuole con percentuali di stranieri più alti della media, ora non ci sono più. Sotto Berlinguer c'era un programma chiamato Lingua 2000, che permetteva alle scuole di fare corsi di lingua. Così noi prima facevamo, per esempio, lezioni di lingua spagnola, affinché i nostri tanti alunni sudamericani non perdessero contatti con le loro origini, e al contempo gli italiani potessero imparare un'altra lingua. Ora stiamo facendo l'ultima tranche di questi corsi, grazie ai finanziamenti di allora. Dopodiché non ci sarà più nulla. Con tutto quello che comporta in termini di difficile inserimento degli stranieri nelle classi e mancata comprensione delle lezioni».

Le 5 Finanziarie di centrodestra, d'altra parte, hanno voluto dire un significativo aumento del segno meno per tutto quel che riguarda la scuola. Dal 2001 ad oggi a fronte di un aumento di 107.731 alunni ci sono solo 367 classi in più, ma vengono soppresse ben 15.752 cattedre. Con un taglio dell'organico, e un aumento del carico lavorativo non indifferenti. Federica Pironi, 35 anni, insegnante di italiano alla scuola media Gianicolo di Roma, che guadagna 800 euro per un tempo parziale di 11 ore, spiega cosa significa: «È aumentato il numero di ragazzini per classe. L'anno scorso in prima avevo 28 alunni, mentre in passato non erano mai più di 25. Senza contare i slati mortali che le scuole hanno fatto per conservare gli insegnanti, visto che è stato ridotto il tempo-scuola. E a fronte di un carico di lavoro aumentato, gli stipendi sono sempre più inadeguati. Se si prende seriamente la professione, bisogna pensare all'aggiornamento, a un lavoro di scambio con i colleghi. Il taglio agli organici significa che tutti lavorano di più e male. Io ho una serie di colleghi ormai anziani, demotivati, che trasmettono agli alunni una sensazione di noia». Federica mette l'accento anche su un altro problema: «Prima c'era il tempo prolungato, adesso abbiamo delle attività pomeridiane assurde, improbabili corsi di ceramica, piuttosto che di musica, non funzionali a un percorso didattico». La riforma Moratti della scuola fa sì che il tempo pieno, infatti, sia disgiunto in tre diversi segmenti: tempo scuola obbligatorio + mensa scolastica + tempo scuola facoltativo, secondo una combinazione ribattezzata significativamente "spezzatino". Qualcosa di molto diverso da un coerente progetto didattico.

Flavia D'Elia, che è di ruolo dall'84, guadagna 1200 euro, vive a Foggia, e insegna in un paese della provincia, ha un numero-record di classi. «Ora ne ho 9, con 2 ore a settimana in ciascuna. Prima ne avevo 6, con meno ragazzi, e la possibilità di lavorare con loro davvero. D'altra parte, la scuola viene concepita non come formazione personale degli alunni, ma come trasmissione di informazioni. E percorso formativo non significa altro che cognitivo». Tra i provvedimenti più nocivi della Moratti, infatti, quello che portò l'orario cattedra a completamento delle 18 ore. «Prima erano 15 frontali e 2 o 3 a disposizione della scuola, cosa che consentiva agli insegnanti di seguire un ciclo di studi, stabilendo una continuità con gli studenti. L'obbligo di costruire cattedre a 18 ore, invece, non tiene conto né del numero di classi attribuite ad un insegnante, né della loro successione», spiega Sofia Toselli, Vicepresidente Cidi.

Per quel che riguarda le tre "i", Andrea Ranieri, responsabile Scuola e Formazione Ds, fotografa il fallimento del governo Berlusconi: «La i di impresa che doveva avvicinare scuola a lavoro ha portato in realtà alla liceizzazione della scuola: nell'ipotesi che gli Istituti tecnici e industriali non dessero accesso all'università, i genitori impauriti hanno preferito perlopiù iscrivere i loro figli al liceo. Per l'informatica, non è stata spesa una lira in più rispetto al 2001. Di inglese in realtà se ne fa molto poco, e nelle elementari tocca insegnarlo ai maestri normali, formati attraverso corsi di formazione a distanza d'efficacia molto dubbia».
Tra i principali mali dell'era Berlusconi, non manca un aumento massiccio dei precari: accanto a un totale di 698.809 insegnanti di ruolo, ci sono 122.399 supplenti, ovvero il 17,52% (dati provvisori 2005/2006, fonte Cgil).

Come denuncia Enrico Panini, Segretario generale Cgil Scuola: «Gli insegnanti nell'era Berlusconi sono precarizzati, incerti, e senza risorse. Precarizzati perché in questi 5 anni il numero dei precari è aumentato in modo consistente, raggiungendo cifre da record. Mentre ci sono decine di migliaia di persone con i titoli necessari nelle graduatorie. È una categoria molto più precaria e di conseguenza una scuola pubblica precaria». E sintetizza efficacemente: «Gli insegnanti sono stati messi in mutande, nel senso che il taglio delle risorse per loro e per il funzionamento delle scuole ha raggiunto livelli inimmaginabili»

Wanda Marra


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 Frg    - 28-03-2006
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