Un'esperienza
Gianni Mereghetti - 28-01-2006
Vorrei raccontare un'esperienza che ho fatto in questi mesi e dalla quale ho ricevuto molto in termini di incremento della mia umanità. Per una mostra che in questi giorni è allestita a Milano, in piazza Duomo, sono entrato in contatto con l'esperienza della Rosa Bianca, quel gruppo di giovani tedeschi che nell'estate del 1942 e nel febbraio del 1943 hanno redatto e diffuso sei volantini per incitare il popolo tedesco a ribellarsi ad Hitler. Per questo gesto vennero catturati, processati, condannati a morte e giustiziati senza pietà. Questa vicenda la conoscevo già, durante gli studi universitari l'avevo incontrata andando a scartabellare nell'opera di Romano Guardini, un teologo che mi ha sempre affascinato. Ne ero rimasto da allora colpito, ma non mi ero accorto di quale e quanta passione alla vita circolasse tra questi ragazzi, cui era andata la mia ammirazione per il gesto di eroismo da loro compiuto. Come tutti mi ero fermato al loro atto di resistenza e li avevo considerati degli eroi, tra i pochi a sfidare Hitler in un mondo omologato dalla propaganda nazista. Tutto vero, ma vi era molto di più dentro l'esperienza della Rosa Bianca. La mostra che ho visto al Meeting di Rimini fu un fulmine a ciel sereno, come d'improvviso le fotografie che ritraevano i volti di quei ragazzi, le loro storie personali, i loro scritti mi aprirono ad un mondo che non avrei mai immaginato, quello di un amore appassionato alla realtà. Fu una sorpresa inattesa, commovente. Da allora mi sono buttato a capofitto nella loro vicenda umana, libero dagli schemi interpretativi che mi avevano impedito di vedere a campo aperto, teso, come più volte mi ha suggerito una curatrice della mostra, a conoscerli uno ad uno quei ragazzi. Sono così diventati miei amici, i miei nuovi amici che porto con me dentro la mia povera esistenza. Ciò che mi ha maggiormente colpito è stato il modo con cui la loro storia è nata e si è svolta. Diversamente da tante altre storie di resistenza, dove tutto nasce da un'idea di giustizia o di libertà in forza della quale ci si ribella, la Rosa Bianca ha origine da una passione per la vita, dalla ricerca del suo senso, dalla percezione della sua positività. Ognuno di questi ragazzi ha una sua personalità, vive un'infanzia e una giovinezza all'attacco del reale, ha a cuore il suo destino, è alla ricerca di ciò che è bello. E' perché ognuno di loro è appassionato alla vita che diventano amici, ed in questo sta la forza e la unicità della loro amicizia. Infatti non è perché erano amici che affrontarono la vita, ma all'inverso è perché ognuno di loro teneva a sé che si incontrarono, percepirono una corrispondenza umana e la fecero diventare compagnia. E' stato per me un continuo sussulto scoprire come la loro amicizia nascesse dalla semplicità di incontri e si alimentasse di ciò che ognuno di loro viveva. Si trovavano a parlare di ciò che era per loro interessante, leggevano insieme libri di autori proibiti dal regime, si confrontavano su quello che stava accadendo in Germania in quei tempi bui; questa era la loro amicizia, un alveo segnato da un'incontenibile passione alla realtà. Ed è perché amavano la vita, tutta la vita, che arrivarono a prendersi la responsabilità che il popolo tedesco non volle assumersi, quella di opporsi ad un regime che andava contro la ragione, contro la bellezza del vivere, contro la libertà della convivenza umana. Scrissero sei volantini e per questo furono uccisi, in realtà non perché scrissero sei volantini furono giustiziati, ma perché, in una società dove l'uomo era obbligato con la forza a non usare la ragione, loro vollero farlo. E nemmeno di fronte alla morte dubitarono di quanto avevano fatto, anzi vissero gli ultimi momenti della loro esistenza con grande serenità e pace, perché erano coscienti di aver svolto il compito che Dio aveva chiesto loro, quello di impegnare la vita per il bene loro e di tutta la Germania. In questi mesi ho così conosciuto la vera storia di Hans e Sophie Scholl, di Willi Graf, di Cristoph Probst, di Alexander Schmorell, ma ciò che più mi commuove è che sono diventati miei amici, e di questo sono grato a chi in Germania con il suo lavoro ha reso possibile che io e tanti altri facessimo questa esperienza

interventi dello stesso autore  discussione chiusa  condividi pdf

 G.M.    - 03-02-2006
1500 Studenti delle scuole superiori di Milano hanno partecipato all’incontro che si è svolto ieri presso il Teatro DAL VERME sul tema “La Rosa Bianca e la Resistenza al Nazismo. Pagine eroiche di straordinaria normalità”.

All’incontro, promosso dal centro di aiuto allo studio PORTOFRANCO con la collaborazione della COMUNITA’ EBRAICA di Milano e dell’ASSOCIAZIONE FIGLI DELLA SHOA’. sono intervenuti Claudio Morpurgo, vicepresidente delle Comunità Ebraiche, e Lucetta Scaraffia, docente di Storia Contemporanea presso l’Università La Sapienza di Roma. Ha moderato il Presidente di Portofranco, Alberto Bonfanti.

L’incontro si è svolto nell’ambito della Giornata della Memoria e all’interno delle iniziative legate alla mostra sulla Rosa Bianca che è allestita in piazza Duomo fino al 12 febbraio. Di particolare intensità e partecipazione, grazie agli approfondimenti che sia Claudio Morpurgo sia Lucetta Scaraffia hanno fatto dell’esperienza dei ragazzi della Rosa Bianca e della loro passione ideale che li ha portati ad opporsi ad Hitler. Entrambi i relatori hanno sottolineato che memoria non è solo ricordare il male compiuto in modo così orrendo dagli uomini, ma anche e soprattutto che dentro questo male vi sono stati uomini e donne che si sono presi la responsabilità del Bene. E’ questo che dà speranza di poter sconfiggere la disumanità che spesso incombe sulla convivenza umana. In questa direzione Lucetta Scaraffia e Claudio Morpurgo hanno evidenziato come sia importante fare memoria per l’oggi, è da esempi come quelli della Rosa Bianca che viene la sollecitazione ad essere nel mondo in cui viviamo responsabili di una convivenza al cui centro vi sia l’uomo.