Che fatica partecipare
Naila - 04-05-2002
"Il primo diritto - per chi lavora nella scuola come per tutti - è partecipare alle decisioni, essere protagonisti."

Leggo questa frase su questa rivista dove scrivono gli insegnanti, che sono dall’altra parte, per me, studentessa del secondo anno di liceo.
Questa storia delle parti mi ha fatto sempre molto pensare: sono un po’ come muri, separano, dividono, ma anche creano ambienti, sostengono case, e ci puoi appendere quadri, ricordi e gli appunti per il giorno dopo.
Non mi dispiace che gli insegnanti stiano dall’altra parte, come mio padre e mia madre.
Perché questo vuol dire che di qua ci sto io, e anche l’io più grande che si chiama noi.
Impariamo a convivere, ad accettarci, a rispettarci e a percorrere le nostre strade.
Brutto diventa quando le parti credono di essere tutto quanto e non si incontrano più.
Come se un muro potesse fare a meno delle stanze che delimita, dei giardini confinanti, dei segreti che protegge.

Certe volte, poi, le parti si confondono e si mescolano e non riconosci più il posto in cui stai, come dice De Andrè parlando delle nuvole. Questo può succedere perché una parte abdica o perché l’altra se la fagocita rendendola trasparente, invisibile.

Storiella.

Sono rappresentante di classe dall’anno scorso. Una scelta consapevole e sentita, ma con conseguenze non sempre piacevoli. Le prime volte i professori, nei colloqui con i miei, sottolineavano un po’ ironicamente il mio “senso dell’altruismo” a scapito di una certa moderazione e di migliori risultati. Per fortuna hanno capito subito che il discorso non attecchiva.
Non sono una che si nasconde dietro un dito, però non è facile sentirsi sempre sulla barricata, sempre esposti, eppure così soli certe volte.
Così arriviamo a un martedì mattina, dopo un’assemblea di classe, in cui il “noi” si era espresso per una richiesta all’insegnante di matematica, (che alla partecipazione già ci crede poco) chiedendomi espressamente di fare la portavoce, anche se non del tutto convinta.
Mi alzo e gli chiedo, a nome della classe, di spostare una verifica. Mi risponde che devo piantarla di portare avanti richieste che fanno comodo a me. Gentilmente, davvero, anche se bollivo, rispondo che sto parlando a nome di tutti. “Bene, verifichiamo subito: chi è d’accordo con lei alzi la mano”.
Zero assoluto. Frazioni di secondo che attraversano la mia incredulità e poi la mia rabbia: il sorrisetto del prof mi ha fatto meno male di quell’assoluta immobilità.
Prima di dimettermi ho chiesto spiegazioni: la paura di esporsi, i voti che poi si abbassano, i genitori che si arrabbiano…
Ho litigato con la mia migliore amica per questo.

La partecipazione è un diritto vuoto se non è prima sentita come un dovere, una specie di abitudine mentale da “animali sociali”.
Un pezzetto del mio “noi” ci ha rinunciato, togliendo significato a qualunque rappresentanza.
Ma se voi foste il mio insegnante non vi sentireste un po’ responsabili?





interventi dello stesso autore  discussione chiusa  condividi pdf

 Franco Di Plotti, ingenere.    - 08-05-2002
premessa: sono un insegnante di ... matematica
non credo che il suo insegnante volesse metterLa in difficoltà per il suo "essere portavoce", anche perchè "ambasciator ....." semplicemente ha riconosciuto negli occhi dei suoi compagni di classe la pretestuosità della richiesta.
Di sicuro non Le ha risparmiato una utile lezione per il futuro:
1) molti possono, per interesse personale, spingerci ad esporci, salvo poi toglierci l'appoggio promesso e spergiurato; direi che è normale nel mondo dei "furbi";
2) ogni azione deve essere ponderata e portata avanti solo se siamo veramente convinti della sua correttezza; Sia consapevole anche che di ogni sua azione Ella dovrà rispondere a qualcuno, ma prima di tutto a sè stessa;
spesso il prezzo sarà alto, ma così agendo altrettanto spesso ne sarà valsa la pena
buona fortuna

 Laura D'Alessandro    - 10-05-2002
Si diventa quello che si è giorno dopo giorno, con le scelte e le non scelte, consapevoli o meno.
Tu ami essere presente e partecipe:perchè allora quel farti portavoce "non del tutto convinta "?
Partecipare è faticoso perchè significa rendere tutti partecipi; far entrare in gioco anche gli aspetti contraddittori che si intrecciano in ognuno;negoziare e mediare tra le parti ;avere fiducia in sè ,negli altri e nella forza delle idee, ritenere che "la verità è il cammino infinitamente lontano di tutte le menti"(James, mi pare)...ma anche della propria, che tra il desiderio di accettazione e riconoscimento anela all'autonomia .Al tuo posto ,dunque, approfondirei la mia posizione per cercare, rinforzata nella consapevolezza, le strategie per esprimermi con la voce che riconosco mia ,anche per quelli con i quali sono giunta ad una determinata conclusione.
Con stima e speranza
Laura D'Alessandro