breve di cronaca
In Statale non c'è spazio per gli studenti
il Manifesto - 10-11-2005
Dopo dieci giorni di occupazione, il Senato accademico non concede nemmeno un'aula. E gli universitari rimangono stretti tra l'incudine del governo e il martello degli accademici

Milano - «Ci serviva un'aula per cominciare a volare», questa è la scritta che campeggia sul corridoio della Statale. Ed è ancora questa, dopo dieci giorni di occupazione, la richiesta minima che gli studenti hanno avanzato al senato accademico dell'ateneo milanese. Il gesto più «estremo» compiuto dai ragazzi in dieci giorni di occupazione è stata qualche frase polemica sui muri vicini alla Cusl, la cooperativa gestita da studenti di Comunione e liberazione che da sempre gode di un'ottima posizione nell'atrio centrale. Le cinque aule autogestite invece sono già state restituite alla didattica, rimane solo un presidio nell'aula 102 per ottenere uno spazio permanente. Il Senato accademico, con un mossa acrobatica di pregevole equilibrismo accademico, ieri sera ha concesso lo spazio ma ne ha assegnato la gestione ai rappresentanti «eletti» degli studenti, ovvero piccoli burocrati studenteschi che nulla hanno a che vedere e che anzi si sono opposti all'occupazione. Ora gli occupanti dovranno studiare una contromossa. Intanto si mettono in discussione. Si rimproverano di non aver saputo coinvolgere quanto avrebbero voluto la sconfinata popolazione studentesca; un'autocritica lucida ma forse fin troppo severa, visto la quantità di iniziative che sono riusciti ad organizzare e tenuto conto che la loro occupazione ha interrotto un lungo periodo di sconsolante rassegnazione. Non accettano però che venga travisato il significato del loro impegno e che non venga riconosciuto il senso di responsabilità con cui hanno autogestito gli spazi occupati, quasi ossessionati dalla necessità di fare le pulizie e di mantenere la situazione sotto controllo. Alle parole del ministro Pisanu rispondono così: «Mette tutti nello stesso calderone, tutto ciò che si muove è giudicato pericoloso e chi non rimane imbambolato davanti al Grande Fratello finisce per essere visto come un facinoroso».

«Dov'è il ragazzo che l'altro giorno ha dormito di fianco alla cattedra? - chiede una ragazza dal look tutt'altro che trasandato - dobbiamo andare in laboratorio». E Lucia? «E' a lavorare», risponde una matricola della Bocconi che distribuisce i volantini. «In questi giorni abbiamo continuato ad essere studenti-lavoratori e in più ci siamo impegnati in questa cosa, come minimo ci meritiamo fiducia». Mentre parla continua a distribuire un testo che spiega cosa è stato chiesto al rettore: uno spazio permanente, un'assemblea aperta con studenti, ricercatori e professori, un impegno chiaro dell'Ateneo contro la riforma Moratti. Alcuni ragazzi le sfilano i volantini dalle mani, molti altri guardano e passano. «Indifferenza...», sussurra lei facendo il gesto di chi continua a sbattere la testa contro lo stesso muro. Dietro quell'indifferenza però cova in tutti un forte disagio. «Vorrei insegnare - sogna una ragazza di Lettere - ma altro che laurea breve, anche cinque anni di università non bastano, ce ne vogliono altri due di scuola di specializzazione. Mi passa la voglia, e poi dicono che siamo mammoni e che c'è la fuga di cervelli... Siamo condannati a continuare a studiare e arrabattarci tra un lavoretto e l'altro per troppi anni, per non parlare del problema della casa, specie a Milano...».

Come in un gioco di scatole cinesi, una volta alzata la testa per dire no alla Moratti, i 300 occupanti della Statale hanno cominciato a indagare le ragioni vere del loro disagio, a fare i conti con la disoccupazione intellettuale che in Italia ha più di un secolo; hanno imparato a stare uniti e a autorganizzarsi, hanno scoperto che la loro controparte prima di qualsiasi governo è il rettore Enrico Decleva e l'ambiguo atteggiamento dei loro professori. Ogni mattina i ragazzi si ritrovano in mano più di un quotidiano - i giornali adesso li leggono - sia quelli che li dipingono come pericolosi stupidini, sia quelli (pochissimi) che li esaltano come avanguardie ribelli: in ogni caso li giudicano e salgono in cattedra. Sulla cattedra dell'aula 102 invece ci sono due ragazze di vent'anni che scrivono cartelloni. Quindici anni di deserto danno un vantaggio agli studenti milanesi, non esistono più né buoni né cattivi maestri e il piccolo gruppo che è nato in questi giorni dovrà fare di testa propria per riuscire a non disperdersi, a dribblare i trucchetti delle istituzioni accademiche e a farsi spazio, con o senza aula.

GIORGIO SALVETTI
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 Gli studenti e le studentesse della Sapienza di Roma    - 10-11-2005
Comunicato stampa sulle dichiarazioni del ministro Pisanu sul 25 ottobre

- Dopo la manifestazione del 25 ottobre dove 150.000 studenti da tutta Italia hanno invaso per tutta la giornata le strade del centro della capitale fino a raggiungere il Parlamento nonostante il divieto di manifestare sotto i palazzi del potere;

- dopo aver subito due cariche improvvise ed immotivate da parte della polizia mentre tornavamo nelle facoltà occupate;

- dopo che la stessa questura aveva preso le distanze dalle cariche attribuendo la responsabilità dell’accaduto a “poche schegge impazzite”, negando così la volontà politica del governo di dare una risposta punitiva al movimento;

- dopo che 20 tra studenti, passanti e operatori televisivi, sono finiti all’ospedale a causa delle violenze subite.

Noi, studentesse e studenti della Sapienza, eravamo in attesa di una risposta ufficiale.
Il governo della guerra alla cultura ha risposto ieri alla Camera tramite il Ministro degli Interni Pisanu.
Nel suo intervento, invece di fare chiarezza rispetto ad una posizione ambigua delle stesse forze dell’ordine, il ministro, seguendo il solito ritornello, ha puntato il dito contro presunte “frange estremiste”, giustificando così le cariche sia della mattina che del pomeriggio.
Le affermazioni di Pisanu non solo falsificano gli eventi accaduti ma soprattutto confermano come questo Governo, fin dall’inizio, abbia deciso di dare alle lotte sociali un’unica risposta, quella dell’uso della forza durante i cortei e del controllo quotidiano dei comportamenti sociali.

Il dato più importante della giornata del 25 è stata la volontà di tutto il corteo di passare con l’utilizzo solo dei propri corpi. Uno sciame di migliaia e migliaia di studenti che ha circondato il parlamento. Niente frange, niente estremismi, a parte chi ci ha caricato.
I tentativi di impaurirci e di criminalizzarci non ci fermano. Domenica scorsa abbiamo tenuto una grande assemblea nazionale, alla quale hanno partecipato studenti di tutta Italia. Il 17 saremo di nuovo in piazza, insieme agli studenti medi.
Annunciamo inoltre l’apertura di una nostra inchiesta sui fatti del 25.

Ci stiamo riprendendo l’università.

Roma 9 novembre 2005
Sapienza in mobilitazione