Dopo il 15 settembre
Mario Piemontese - 03-10-2005
Dopo l'accordo raggiunto tra Ministro Moratti e Conferenza Unificata il 15 settembre, quali potrebbero essere i futuri scenari?

Dopo l'accordo del 15 settembre tra il Ministro Moratti e la Conferenza Unificata, la notizia che è circolata su giornali, televisioni, radio e internet più o meno è stata questa: "Le Regioni bloccano la Riforma del II ciclo, nessuna sperimentazione fino al 2007". Cerchiamo però di andare oltre e capire quel che sta veramente accadendo.

Il Ministro e le Regioni erano alla ricerca di un accordo e non di un conflitto, per entrambe le parti infatti sarebbe stato troppo rischioso forzare la situazione: la Moratti voleva evitare che le Regioni si rifiutassero di esprimere un parere sullo schema di decreto, contemporaneamente le Regioni volevano evitare di trovarsi nel giro di un anno a dover affrontare il finanziamento del sistema di istruzione e formazione, senza più potere utilizzare i finanziamenti del FSE (Fondo Sociale Europeo) che coprono per il momento l'80% dei costi per quanto riguarda la formazione professionale.

Cominciamo allora col domandarci se si possa ritenere certo che fino al 2007 non ci saranno sperimentazioni del sistema dei licei.

In questi giorni lo schema di decreto sul II ciclo sta passando al vaglio delle competenti commissioni parlamentari. La VII Commissione Istruzione del Senato ha già chiuso i lavori il 28 settembre, ha espresso parere favorevole approvando un documento che tra le altre cose chiede al Governo di avviare la sperimentazione nazionale a partire dal 2006. La posizione della VII Commissione Cultura della Camera, che non ha ancora prodotto ufficialmente il suo parere e lo farà il 5 e 6 ottobre, sembrerebbe ancora più forte, pare infatti che la richiesta rivolta al Governo sia di avviare proprio il tutto a partire dal 2006 e non solo la sperimentazione.

Che le intenzioni della maggioranza fossero queste, cioè di chiedere al Governo di venir meno all'accordo preso con le Regioni a proposito di un avvio della riforma o di una sua sperimentazione non prima del 2007, era già chiaro subito dopo il 15 settembre. Visto che per questo Governo in carica "perdere la faccia" non ha mai costituito un problema, la questione si riduce a capire se tutto sia tecnicamente possibile, e cosi è.

Il parere delle Regioni non è vincolante, anche se le stesse hanno provato a sostenere timidamente che sarebbe stata necessaria un'intesa, vincolo decisamente più forte rispetto ad un semplice parere: nel caso di non raggiungimento di un intesa le Regioni sul particolare provvedimento in questione possono ricorrere alla Corte Costituzionale e chiedere che il tutto venga sospeso fino a quando la Corte non emette la sentenza sul ricorso.
Ma il Governo quanto se ne può fregare di una mancata intesa? Moltissimo.
In occasione dei due decreti attuativi sul diritto - dovere e sull'alternanza scuola - lavoro, l'intesa con le Regioni era prevista, ma non è stata raggiunta. Cosa è successo allora? Niente, il Governo sulla prima pagina dei due decreti approvati ha scritto testualmente:

Decreto diritto - dovere

"Considerato che, nella seduta del 14 ottobre 2004, la predetta Conferenza unificata ha espresso la mancata intesa sugli articoli 4, 5 e 6, comma 1;
Ritenuto necessario, al fine di dare concreta attuazione alla delega prevista dalla legge 28 marzo 2003, n. 53, attivare la procedura di cui all'articolo 3, comma 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;"

Decreto alternanza scuola - lavoro

"Considerato che, nella seduta del 14 ottobre 2004, la Conferenza unificata, di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, ha espresso la mancata intesa;
Ritenuto necessario, al fine di dare concreta attuazione alla delega prevista dalla legge 28 marzo 2003, n. 53, attivare la procedura di cui all'articolo 3, comma 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;"

Ma allora vediamo cosa dice l'articolo 3, comma 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281:

"3. Quando un'intesa espressamente prevista dalla legge non e' raggiunta entro trenta giorni dalla prima seduta della Conferenza Stato - regioni in cui l'oggetto e' posto all'ordine del giorno, il Consiglio dei Ministri provvede con deliberazione motivata."

In altri termini se il Governo motiva, allora può fregarsene della mancata intesa, e questo si è già verificato per due decreti. Detto questo, se pensiamo che le mancate intese possono essere aggirate, cosa può diventare un parere non vincolante come quello espresso in Conferenza Unificata sul decreto del II ciclo? Carta straccia.
Se le Regioni non avessero espresso il parere richiesto, allora ci troveremmo in ben altra situazione, ma così non è stato e di questo non si può che prendere atto. Anche le dichiarazioni di questi giorni di Vasco Errani, Presidente della Conferenza delle Regioni e della Regione Emilia Romagna, fanno soprattutto appello alla parola data dal Governo e non mi sembra abbiano grandi fondamenti di tipo giuridico.

È chiaro quindi che la maggioranza che sostiene questo Governo non è soddisfatta dell'accordo raggiunto in Conferenza Unificata il 15 settembre, così come hanno dichiarato ufficialmente il loro disaccordo i governatori delle Regioni di centrodestra: Lombardia, Veneto, Molise e Sicilia.
Il Sottosegretario Aprea, da quanto riportato su alcuni giornali, si è scontrato sulla data di avvio della riforma con il Ministro, ne è uscito sconfitto, ma è chiaro che ritiene di potersela giocare ancora con i passaggi dalle Commissioni, e quel che sta accadendo in questi giorni gli sta dando per il momento ragione.

Come potrà essere allora questo decreto alla fine ?

In questo momento il Governo è già in piena campagna elettorale, nel senso che sta preparando tutto per bene prima di arrivare all'appuntamento con le lezioni politiche. Sta cambiando la legge elettorale a suo favore, approverà la "devolution" per tenere buono l'elettorato leghista, approverà una legge finanziaria con l'obiettivo preciso di garantirsi voti, approverà definitivamente la riforma della scuola, terza medaglia da mettere sul petto dopo quelle relative alla riforma del lavoro e alla riforma della giustizia. L'approvazione del decreto sul II ciclo, anche se non piace più così tanto come nella sua versione iniziale, e l'avvio della riforma nelle superiori a partire dal 2006, sono le richieste che la parte dell'area cattolica che nella scuola e nella formazione professionale fa riferimento a Comunione e Liberazione, sta chiedendo con forza direttamente, ma anche indirettamente attraverso la voce del Sottosegretario Aprea.
Le Regioni in questo momento, se avessero intenzione, cosa della quale dubito, di far prevalere quanto contenuto nell'accordo del 15 settembre, non avrebbero a disposizione nessun strumento di pressione e nessun punto di forza per intervenire nei confronti del Governo. Il Governo è in questo momento può allora scegliere tra un "voltafaccia istituzionale" nei confronti delle Regioni, che porterebbe però tanti bei voti alle prossime elezioni, e un "salvare la faccia" mantenendo la parola data e mettendo però a rischio un bel mucchietto di voti. Cosa deciderà il Governo? Nessuno può dirlo, ma una mezza idea ce l'hanno tutti.
Non si può assolutamente escludere quindi che nel 2006 ci possa essere l'avvio della riforma nelle superiori o in seconda battuta una sperimentazione del sistema dei licei, anzi sembrerebbe proprio che sia più probabile che si verifichi il contrario. Se vogliamo essere ottimisti e meglio però ricordare che in caso di mancato avvio nel 2006, l'Autonomia Scolastica, così come ha sottolineato il Ministro stesso, permette alla singola Istituzione Scolastica di avviare un progetto di sperimentazione, e nulla vieta che tale progetto sia esattamente una fotocopia di quello inviato dal Ministero al CNPI alla fine di giugno.

Domandiamoci adesso quali siano le vere intenzioni delle Regioni nei confronti della riforma del II ciclo.

Alcune Regioni, e precisamente Toscana, Marche, Piemonte, Campania e Umbria, anche se per quest'ultima non sono ancora riuscito ad avere un riscontro diretto, nel mese di agosto e nei primi giorni di settembre, hanno votato documenti per evitare che nei prossimi due anni possano essere avviate sul loro territorio sperimentazioni su larga scala del sistema dei licei. È chiaro che non tutte le Regioni lo hanno fatto, una tra tutte l'Emilia Romagna, perlomeno fino a questo momento, e quindi vuol dire che non tutte le Regioni sono intenzionate ad evitare con certezza questa possibilità oppure che per le Regioni che non si sono direttamente espresse l'accordo del 15 settembre in Conferenza Unificata rappresenti un efficace strumento di tutela.

Tutte le Regioni, in assenza completa di un decreto, hanno firmato protocolli d'intesa con il MIUR e il MLPS, dopo l'accordo tra Stato e Conferenza Unificata del 19 giugno 2003, che ha sancito l'avvio della sperimentazione del sistema di istruzione e formazione previsto dalla legge 53/03 (riforma Moratti), e qualcuna anche prima, tipo la Lombardia per citarne una non a caso.

Le Regioni che già avevano una Legge Regionale sull'istruzione e la formazione, tipo Toscana ed Emilia Romagna, hanno cercato di accordarsi in modo da salvaguardare il proprio modello di istruzione e formazione, mentre tutte le altre hanno avviato la sperimentazione dei trienni di qualifica riformati. Inizialmente nella sperimentazione sono stati coinvolti esclusivamente i centri di formazione professionale pubblici o privati accreditati dalle singole Regioni, mentre da un anno le sperimentazioni del secondo canale sono state avviate anche negli istituti tecnici o professionali, statali o paritari.

Nelle Regioni come, ripeto non a caso, la Lombardia che anticipando addirittura la stessa legge 53/03, hanno avviato a partire dall'A.F. 2002/2003 la sperimentazione, a giugno di quest'anno si sono conclusi i primi trienni di qualifica riformati. Anche diversi corsi biennali di formazione professionale che si sono conclusi quest'anno sono stati, poco prima del loro termine, "riallineati", è questa la parola usata, con i corsi triennali di qualifica riformati. In altri termini tali corsi biennali pur essendo partiti con intenzioni completamente diverse sono stati uniformati a quelli sperimentali.

Nelle Regioni partite in anticipo questo è il quarto anno di sperimentazione e quindi a conclusione dei primi trienni di qualifica, proprio in questi giorni, si sta partendo con la sperimentazione del quarto anno, quello che secondo la riforma dovrebbe portare al raggiungimento di un diploma professionale, che non ha niente a che fare con gli attuali diplomi di scuola superiore.

Questo è il quadro. Le Regioni ci dicono di aver bloccato la sperimentazione del sistema dei licei, e poi si scopre, per modo di dire, che tutte hanno firmato protocolli d'intesa con MIUR e MLPS, per sperimentare bene o male il secondo canale, senza neppure uno straccio di copertura legislativa. È un po' strana questa cosa. Come mai se ne parla sempre così poco? Probabilmente a molti l'idea che ci sia il secondo canale non dispiace, ma forse dirlo pubblicamente non è "politicamente corretto" e per questo si tace, ma contemporaneamente si agisce.

Andiamo oltre.

Oltre che sul rinvio dell'inizio dell'attuazione della riforma del II ciclo al 2007 e sul ritiro del progetto di sperimentazione da parte del MIUR, su cosa si sono accordati Regioni e Ministro?

Le Regioni e il Ministro si sono presi un anno di tempo per mettere a posto questo decreto sul II ciclo. Il decreto quindi non è stato buttato via completamente, se si pensa possibile attraverso delle modifiche di migliorarlo. Le dichiarazioni fatte in questi ultimi giorni da esponenti del centrosinistra vanno esattamente in questa direzione e perciò non sono particolarmente confortanti. Per cominciare, l'assessore all'istruzione della Regione Lazio Costa ha dichiarato, dopo che dalle pagine de l'Unità e di Liberazione a gran voce si chiedeva l'abrogazione della riforma, che non si può buttare via tutto: quello che della riforma va bene si tiene, mentre quello che va male si riscrive. Anche l'assessore all'istruzione dell'Emilia Romagna, Bastico ha dichiarato più o meno la stessa cosa: non si parla di abrogazione, ma di riscrittura. Lo stesso Ranieri, responsabile nazionale scuola dei DS, ne ha parlato negli stessi termini. Se le Regioni avessero davvero voluto bloccare questo decreto avrebbero potuto rifiutarsi di dare il loro parere, questo no si è verificato e l'iter è andato avanti, in più pur avendo espresso un parere negativo, le Regioni si sono impegnate a migliorare e modificare questo decreto.

Il Ministro oltre ad ascoltare il parere delle commissioni parlamentari, di quali altri pareri, anche se non espressamente previsti, vorrà sicuramente tenere conto?

Nei primi giorni di agosto Confindustria e altre 15 associazioni imprenditoriali, compresa Legacoop, hanno sottoscritto un documento sulla riforma del II ciclo, del quale il Ministro, così come dichiarato pochi giorni fa, ha intenzione di tenere conto. Sui giornali si è letto addirittura che Confindustria abbia svolto un ruolo di mediazione nel confronto-scontro tra il Ministro e le Regioni e quindi è estremamente probabile che i contenuti del citato documento non dispiacciono nemmeno alle Regioni, oltre che al Ministro. Veniamo allora al documento.

Oltre al solito discorso portato avanti da sempre da Confindustria a proposito della salvaguardia dell'Istruzione Tecnica si leggono alcune cose davvero interessanti.

Alla voce "Collegamento con il territorio e governance" si legge:

1.
"... è auspicabile che il decreto legislativo sul ciclo secondario preveda un riconoscimento formale del ruolo formativo dell'impresa (stage, alternanza)".

Come se nel decreto questo non fosse già abbastanza chiaro.

2. " ... è necessaria la modifica della composizione del Consiglio d'Istituto (da inserire nel disegno di legge di riforma degli organi collegiali giacente alla Camera) con l'obiettivo di realizzare un organo di gestione con rappresentanze degli enti territoriali e delle associazioni nazionali dei datori di lavoro firmatarie di contratti collettivi nazionali di lavoro collegate alle finalità professionalizzanti dell'indirizzo. "

Le imprese pretendono di intervenire sulle scelte e sugli orientamenti degli istituti non solo dall'esterno, ma anche direttamente dall'interno.

A proposito di istruzione e formazione professionale i complimenti al modello morattiano si sprecano: elogio per la possibilità data agli studenti di inserirsi immediatamente nel mercato del lavoro e delle professioni.

Di tenere a scuola gli studenti non se ne parla, il valore formativo della scuola non esiste, c'è solo quello dell'impresa.

Finite le sviolinate si chiarisce comunque bene chi comanda: "È fondamentale che l'offerta formativa sia orientata dalla domanda delle imprese e dei cittadini, tenendo in considerazione anche le politiche di sviluppo nazionali e territoriali."

Il modello morattiano di istruzione e formazione professionale è l'ideale per questo genere di progetto: non è scuola, è sostanzialmente vuoto per permettere alle imprese di riempirlo o svuotarlo all'occorrenza.

La parte finale e dedicata al progetto "campus". Il termine non piace, confonde, le imprese preferiscono "polo formativo", ma è solo il nome a non essere gradito per il resto tutto bene. Anzi quel che nel decreto stenta a comprendersi e sembra un po' confuso, in questo documento è espresso con estrema chiarezza.

Cosa possiamo fare allora? Molto.

L'abrogazione della riforma Moratti come sempre è il punto di partenza. Tutto deve essere buttato via perché tutto fa schifo, non vogliamo "riscritture", niente si può salvare di questa riforma. La "Legge di iniziativa popolare" è dunque un ottimo strumento per chiedere l'abrogazione della riforma, per dire che pasticci sulla scuola non ne vogliamo e che la scuola non è merce di scambio per accordi politici. Rifiutiamo l'accesso alla formazione professionale prima dei 18 anni e promuoviamo l'obbligo scolastico a 18 anni: la formazione professionale non è scuola. Rifiutiamo il "biennio integrato" e promuoviamo il "biennio unitario": teniamo bene separate tra loro scuola e formazione professionale. Rifiutiamo il "ruolo formativo dell'impresa" e difendiamo "il ruolo formativo della scuola": andare a lavorare non è come andare a scuola.
Nell'immediato, a scanso di equivoci, rifiutiamo qualsiasi tipo di sperimentazione della riforma Moratti sia per quanto riguarda il sistema dei licei, ma anche per quanto riguarda il sistema di istruzione e formazione professionale.
Soprattutto evitiamo di pensare che tutti i nostri problemi possono essere risolti infilando una scheda in un'urna elettorale.
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 da Retescuole    - 03-10-2005
Un'aggiunta all'analisi di Piemontese

Grazie a Mario Piemontese per la sua analisi, lucida e completa, sulla situazione. Non è proprio il caso di star tranquilli e tanto meno di cantar vittoria: il decreto passerà, è evidente. La riforma Moratti va abrogata in toto, non può essere aggiustata, ne siamo arciconvinti. Ma nel frattempo è molto urgente:

-Fare pressione perchè le organizzazioni sindacali e di base propongano nelle scuole il progetto di legge popolare che in molte scuole superiori è a tutt'oggi del tutto ignorato, diversamente stentano a costituirsi quei comitati necessari ad ultimare un dibattito ed un contributo costruttivo per il futuro.

- Riprendere/intensificare i contatti con la scuola del primo ciclo che, per quanto la cosa non ci piaccia, è stata già ampiamente riformata. Gli insegnanti riescono a tener duro ancora un po' sul tutor, applicano senza alcuno spirito innovatore, ma non ce la raccontiamo: hanno adottato - non potevano far diversamente - le Indicazioni nazionali, con i loro bei programmi, di Storia per esempio, che sono state in toto recepite dalle case editrici ed ipso facto divenute realtà. Per non dire del Portfolio che è ormai inserito in tutti i libri di testo per la scuola media e scrupolosamente compilato dai ragazzini.

- Verificare direttamente quanto è già stato ampiamente sperimentato a livello regionale per quanto riguarda la formazione professionale, con ampia copertura delle Università (vedi il caso di Scienze della Formazione in Liguria), che ha consentito per quest'anno già la sperimentazione del IV anno.

- Ritornare urgentemente ad analizzare i programmi dei Licei anche quelli che in molti vogliono considerare "sufficientemente" coerenti con la tradizione e per questo salvi: non è affatto così! Da quei programmi, alla luce dei quadri orario, emerge chiaramente la volontà politica di un abbassare il livello culturale e della cittadinanza attiva anche degli "eletti"( in quale Paese si andrà a formare la futura classe dirigente?).

- Avviare reali scambi con un mondo universitario che, per considerare solo la questione dal punto di vista degli studenti, si sta assolutamente sterilizzando attraverso l'imposizione di massa di una logica nefasta: quella del calcolo continuo di crediti e degli sbarramenti in entrata, incomprensibili e inaccettabili ( speriamo nella sentenza della Corte Costituzionale). La spinta sociale, sorretta dall'interesse economico per un disinvestimento dalla scuola pubblica, verso lo svuotamento di contenuti e di senso e verso un'ipocrita "facilitazione" della scuola è forte e drammaticamente bipartisan, anche se nella sostanza fondamentalmente qualunquista e di destra.

Stefania Fabris