Legalità
Fabio Brotto - 28-08-2005
Si è parlato molto, nella scuola e fuori di essa, di educazione alla legalità. Come di educazione alla salute. Su queste due educazioni nutro molti dubbi. Nutro molti dubbi, invero, sul fatto che nell'Italia di oggi esista qualcosa che meriti il nome di legalità. Se esiste, è un involucro vuoto, che appartiene alla sfera della rettorica, non a quella della persuasione. La legalità, come gli animali, ha bisogno dell'habitat che le si addice. Qui non c'è. Mi vengono, a questo proposito, in mente quattro fatti, senza nesso apparente tra loro, di cui uno abbastanza lontano nel tempo. Veda il lettore se un nesso possa essere intravisto.


1. Anni fa, nel tempo ormai lontano in cui l'ordinamento degli esami di maturità prevedeva le commissioni esterne, fui nominato commissario di italiano presso un noto liceo classico di Roma. Il presidente della mia commissione era un anziano professore universitario (c'erano anche questi nella maturità di allora, prima della grande caduta). Era un professore universitario di diritto, ed avvocato cassazionista. Una persona molto interessante, di grande esperienza. Impegnato anche nella revisione di processi di mafia. Una delle cose che mi disse, nel primo colloquio che seguì la reciproca presentazione, fu la seguente: "L'Italia, caro professore, non è, come molti pensano, la patria del diritto: è, invece, la patria della negazione del diritto". E mi spiegò come la negazione del diritto fosse fondata anche sulla cialtroneria con la quale molte sentenze venivano redatte, con errori e vizi di forma che necessariamente portavano all'annullamento dei processi, con tutte le conseguenze del caso, soprattutto se il caso era di mafia. Qualche giorno dopo mi trovavo vicino all'entrata della scuola, in attesa dei colleghi, mentre il presidente era già nell'aula della nostra commissione ad esaminare le carte della giornata, quando mi si fecero davanti due individui vestiti di nero (col caldo che faceva), e con occhiali neri, e con accento siculo. Mi chiesero di poter parlare col presidente di commissione, dicendomi soltanto che lo conoscevano, che lui avrebbe capito. Pensai subito che fossero due killer mafiosi, venuti a intimidire l'avvocato o addirittura ad eliminarlo. Così andai precipitosamente da lui e lo avvisai che lo cercavano due loschi figuri, e che forse sarebbe stato meglio che lui prendesse tempo e che io intanto avvisassi la polizia. Ma lui mi rispose: "alla mia età non si può avere paura", e andò immediatamente da loro. Stetti in ansia per dieci minuti, aspettandomi di sentire dei colpi di pistola. Ma lui tornò sogghignando, e mi disse che si trattava di due ispettori ministeriali, venuti non già per controllare la regolarità dell'esame, ma per raccomandare un candidato. Aggiunse che a Roma questo succedeva normalmente. In effetti, nei giorni successivi, al telefono dell'albergo in cui alloggiavo insieme a molti altri commissari giunsero numerose telefonate: di raccomandazione, tutte da ambienti ministeriali, una addirittura da un sottosegretario...


2. Un camion che trasporta confezioni di tè in tetrapak sbanda e si rovescia sul bordo dell'autostrada, non lontano da Treviso. qualche settimana fa. È notte. Sull'autostrada passano molte auto. E molte si fermano, perché un incidente desta sempre curiosità, e tutt'intorno al camion rovesciato è pieno di confezioni di tè (alla pesca suppongo, buono). Gli automobilisti fanno a gara a chi ne raccoglie di più. Alla mattina non ne rimane una.


3. Una pompa di benzina si rompe, non lontano da Treviso, qualche mese fa. È notte. Sulla strada passano diverse auto, qualcuna deve fare benzina. Un automobilista si accorge che il distributore automatico eroga senza bisogno di soldi o carte di credito, è rotto. Telefona subito ad amici e parenti, la voce si diffonde. Alla mattina il serbatoio è vuoto.


4. Esame di maturità, prova scritta di latino. Tutti gli allievi consegnano i telefonini, nel mio liceo di Treviso, qualche mese fa. Molti si tengono il secondo, mica possono essere perquisiti. Molti vanno al bagno, durante la prova, non possono mica essere trattenuti. Cosa succede? Chi lo sa... Una prova perfetta, poi, anche se palesemente uguale ad una versione uscita su Internet o in wap, non può essere contestata dalla commissione. O li becchi in flagrante o niente. In tutta Italia i telefonini hanno cambiato la realtà degli esami. Solo il Ministero finge di non accorgersi di nulla, dichiara che le prove sono state regolarissime, che le commissioni hanno vigilato, che i candidati hanno consegnato le loro strumentazioni, ormai vere e proprie protesi, prima dell'inizio delle prove... Verrebbe da dire, parafrasando Svevo: la scuola attuale è inquinata alle radici. Come la nostra vita. O no?


Il brano fa parte dalla Cronica XXXIV di Scuola e non scuola

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