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Dobbiamo cartolarizzare il Tfr
Il manifesto - 13-07-2005
Lo Stato non ha i soldi per i fondi pensione dei dipendenti pubblici. Il viceministro dell'economia propone la "cessione del credito"

PAOLO ANDRUCCIOLI

II governo si prepara a varare i decreti attuativi della previdenza complementare. Obiettivo: lanciare i fondi pensione con il trasferimento del Tfr. Ma i dipendenti pubblici non hanno il Tfr e lo Stato non può versare gli accantonamenti, come invece dovranno fare le imprese private. Quindi milioni di pubblici non potranno mai avere i fondi pensione? E che ne sarà allora del Fondo Espero della scuola che i sindacati stanno cercando di far partire? Lo abbiamo chiesto a Mario Baldassarri, viceministro dell'economia, che ieri ha rilanciato la sua proposta durante il congresso della funzione pubblica della Cisl.


Allora Baldassarri, lei propone la cartolarizzazione del Tfr. Che cosa intende per cessione del credito?

Prima di tutto vorrei ricordare che abbiamo una gigantesca opportunità con il lancio dei fondi pensione che hanno una valenza politica (milioni di lavoratori che partecipano attivamente all'economia), una valenza sociale (perché si integra la pensione pubblica che sarà bassa) e infine una valenza finanziaria, visto che i fondi pensione sono dovunque un grande polmone delle economie avanzate. Detto questo, ricordo che l'ipotesi su cui si sta lavorando è quella del trasferimento dei flussi futuri del Tfr dei lavoratori ai fondi pensione. Parliamo di circa 13 miliardi di euro all'anno che solo in cinque anni diventeranno 100 miliardi. Questo schema ha però dei limiti che cerco di spiegare. Prima di tutto abbiamo un problema molto serio nella compensazione delle imprese. Dove troveremo le risorse per finanziarie quello che le imprese perderanno con la cessione del Tfr ai fondi pensione? Secondo limite: il pubblico impiego. Così come è impostata la cosa i dipendenti pubblici non potranno avere i fondi pensione perché lo Stato non è in grado di versare ogni anno l'equivalente del Tfr, ovvero il 7,37% della retribuzione. Quelli sono soldi veri di cui l'amministrazione non dispone, perché come è noto gli accantonamenti per le liquidazioni degli statali sono solo virtuali.


Lei pensa allora che il lancio dei fondi pensione voluto dal suo governo sia impossibile?

No, io aggiungo alle cose dette una mia proposta originale, che non è neppure nuovissima. Io propongo in sostanza di attuare la cessione del credito del Tfr da parte dei lavoratori. E questo non significa che i lavoratori non potranno più disporre di quei soldi o che non potranno chiedere anticipi, secondo le norme che regolano la materia. Secondo la mia proposta non cambierebbe nulla. L'unica differenza sta nel fatto che il lavoratore cede il suo credito al fondo pensione, che a sua volta dovrà gestirlo attraverso le banche.


Ministro si spieghi meglio: il lavoratore, al momento della cessione del suo Tfr, lo avrà perso?

Nientaffatto. Si tratta solo di un cambiamento di natura. Io cedo il credito al fondo pensione che con questi pezzi di carta si recherà poi alle banche per
trasformare le carte virtuali in soldi veri da poter investire sui mercati finanziari e creare quindi i rendimenti per la pensione integrativa del lavoratore. Il credito del Tfr è sicuro perché viene rivalutato ogni anno secondo la legge. Oggi vale circa il 2,50% l'anno. Le banche hanno quindi tutto l'interesse ad accettare l'operazione, ma qui veniamo al punto critico. Quali interessi chiederanno le banche per anticipare i soldi del credito del Tfr? Questo è il punto. Perché se le banche mi chiedono un interesse, diciamo del 2,50% che è all'incirca quello dei Bot e dei Cct, allora l'operazione conviene a tutti. Ma se le banche mi chiedono un interesse del 7% e magari il rendimento del fondo è del 5% annuo, allora è ovvio che crolla tutto. Ai lavoratori non converrebbe e le banche avrebbe scelto la via usuraia.


Perché le banche dovrebbero allora proporre un interesse basso, è ovvio che ci vorranno guadagnare...

Le banche devono essere intelligenti e pensare che il vero guadagno non è sul tasso di sconto che si chiede per la cessione del credito, ma sulle provvigioni.
Qui stiamo parlando di investimenti che durano in media 30 anni. I guadagni si fanno sulla gestione finanziaria e non sull'usura.


I lavoratori, però, non accetteranno di cedere il loro credito. Sono già abbastanza diffidenti nei confronti dei fondi pensione come strumento legato agli andamenti di Borsa. Figuriamoci con la cartolarizzazione....

Ripeto. Stiamo molto attenti a questo punto. Per i lavoratori rimarrebbe in realtà tutto come prima perché se vorranno un anticipo o avranno bisogno di soldi prima di andare in pensione potranno farlo. E' ovvio che se prendi i soldi prima, non potrai riprenderli poi. Si tratta solo di un meccanismo diverso da quello attuale. Per fare un esempio che tutti capiscono, sarebbe come la cessione del quinto dello stipendio.
In ogni caso, per milioni di pubblici dipendenti io non vedo altra via, visto che il Tfr loro non ce l'hanno e quindi non ci potranno mai essere i fondi pensione. Una discriminazione molto grave tra pubblici e privati.


17 giugno 2005


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 Redazione    - 15-07-2005
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