breve di cronaca
Nigeria: Università senza futuro, tra pauperizzazione e agitazioni politiche
Le università della Nigeria, un tempo all'avanguardia tra gli atenei dei paesi africani per prestigio internazionale e livello accademico, sono state annientate da quindici anni di dittatura militare. Il loro degrado rispecchia la situazione di uno stato alla deriva, di una società malata. Nel centro del paese yoruba, all'Obafemi Awolowo University (Oau) d'Ile-Ife, gli studenti del più grande campus subsahariano aspettano ancora i frutti della «nuova democrazia» del presidente Olusegun Obasanjo, tornato al potere nel 1999. L'università non è stata risparmiata neppure dalle violenze intercomunitarie che hanno causato migliaia di morti dalla partenza dei militari - tra cui il ministro della giustizia Bola Ige, ucciso nel dicembre 2001. Ovunque in Africa, gli atenei, soffocati dai piani di aggiustamento strutturale, partecipano alle lotte per la democratizzazione.

dal nostro inviato speciale JEAN-CHRISTOPHE SERVANT *

Università Obafemi Awolowo, Ile-ife, sud-ovest della Nigeria. Edificio 8. Camera 271. Musica Juju sparata, steso sul letto, uno studente fissa il soffitto. Due anni fa, il 10 luglio 1999, verso le 4 del mattino, un altro giovane nigeriano era steso sullo stesso letto: George Iwilade, alias Afrika, allora segretario generale dell'effervescente sindacato studentesco locale affiliato alla Student Union (Nans).
Quella notte, il dormitorio della più grande università subsahariana - 14.000 ettari, dodici facoltà, ottantatré dipartimenti - abitato da oltre duemila studenti, sonnecchiava dopo parecchie notti di festa passate a cambiare il mondo.
«Il giorno prima, avevamo tenuto una riunione per ricordare il primo anniversario della morte di Dennis Chukwusa, ucciso mentre manifestava contro l'assassinio di Chief Abiola (1) - ricorda Maxwell, laureato in relazioni internazionali e incaricato delle pubbliche relazioni del sindacato - . Uscivamo da tre mesi di sciopero: il campus era stato chiuso, alcuni studenti espulsi; si festeggiava la fine del regime militare. Naturalmente tutti erano andati a dormire tardi.
Di primo mattino siamo stati svegliati da un colpo d'arma da fuoco.
Poi, l'orrore». Bilancio: cinque studenti assassinati, tra cui Afrika.
Presunti autori di questa operazione contro i capi del sindacato studentesco: i Black Axe, una società di studenti «cultisti (2)», che si sospetta fossero stati comprati dall'allora vice cancelliere per 300.000 nairas (2.600 euro).
La notizia, apparsa nell'aprile 1999, a soli tre mesi dall'elezione del presidente della Federazione, Olusegun Obasanjo, scuoteva il gigante africano, il paese con più di centoventi milioni di abitanti (3). La stampa della giovane democrazia scopriva l'esistenza di bombe a scoppio ritardato lasciate dalla dittatura militare nei campus delle sue ventiquattro università statali. E accanto a derive violente tra i giovani destinati ad essere il futuro della nazione, i quotidiani tracciavano un quadro drammatico della situazione generale: professori indecisi tra allungare la lista dei cervelli in fuga (4) o praticare l'arte di arrangiarsi, programmi d'insegnamento arcaici, collusione con i militari, corruzione e prostituzione, fatiscenza e saturazione dei locali, assenteismo... Cinquantuno anni dopo la nascita, a Ibadan, della prima università nigeriana, che avrebbe dato all'Africa il suo primo premio Nobel per la letteratura (Wole Soyinka), il massacro di Ile-Ife costringeva a prendere atto dello stato disastroso sia dell'Università in Nigeria che dei suoi quattrocentomila studenti (5).
«Guardare questi trofei vi permetterà di credere nel futuro della nostra università...» Roger Makanjuola, nuovo vice cancelliere dell'Obafemi Awolowo University (Oau), contempla la serie di premi ottenuti per il loro fair-play dalle squadre universitarie maschile e femminile di hockey su prato. L'Oau, che negli anni '80 guidava il campionato universitario e che ha dato al paese molti sportivi di primo piano, comincia a riassaporare il successo. Ma per questo medico, ex direttore dell'ospedale universitario della città, il ritorno dello sport sul campus non è che «una sfida tra decine di altre. La mia esperienza studentesca è stata molto diversa da quella che vive la nuova generazione - riconosce. La loro vita quotidiana è inaccettabile. I problemi che pesano sul funzionamento della società si riflettono sull'università».
Vampata di odio intercomunitario Quando, all'inizio del 2001, è stato chiamato a dirigere questa istituzione, sorta nel cuore del paese yoruba - al «centro del mondo» secondo la leggenda che narra le origini di questa etnia di più di quaranta milioni di persone - Makanjuola si è trovato davanti a una strada di case bruciate, testimonianza di una vampata di odio intercomunitario (6). E ha dovuto affrontare tre mesi di sciopero generale dei professori promosso dal sindacato Academic Staff Union of Universities (Asuu).
Il corpo insegnante si è poi visto aumentare gli stipendi in media da 174 a 696 euro: «Auto nuove di zecca hanno invaso il campus» ironizzano alcuni. La sessione universitaria 2001-2002 è cominciata regolarmente.
E, anche se l'amministrazione ha ricevuto solo un terzo dei 991.000 euro che le sono stati assegnati, «ormai - garantisce Makanjola - cominciamo a capire come fare per sopravvivere e soprattutto per funzionare, nonostante le tensioni del mondo esterno». Non è pensabile, per quest'uomo che esalta lo sviluppo dell'informazione e delle biotecnologie, seguire i consigli dello scrittore Wole Soyinka che, all'inizio del 2001, arrivava a proporre la chiusura per due anni di tutte le scuole superiori del paese per permettere una riforma globale del sistema! «Possiamo e dobbiamo tornare ad essere la Grande Ife che eravamo».
«Anche i più conservatori rendono omaggio alle realizzazioni yoruba - osserva il giornalista Kah Maier. Ossia, all'impegno fin dalla prima ora nel processo d'indipendenza, all'adozione dell'istruzione gratuita in quella che era allora la Western Region, alla realizzazione della prima televisione e del primo grattacielo africano, alla creazione di università come Ife e Ibadan che, a quei tempi, sono state punti di riferimento (7)». Nel 1987, l'Oau è eletta «campus più popolare della Nigeria». Allora, sottolinea il vice cancelliere dell'università, «essere di Ife voleva dire appartenere ad un mondo veramente a parte».
Di fronte allo spirito da «torre d'avorio» dell'università d'Ibadan, con i suoi corsi ritenuti «troppo influenzati dall'Inghilterra», l'Oau si distingueva come l'università «più vicina alle specifiche esigenze della Nigeria».
Tra mistiche colline e vegetazione lussureggiante, con un'architettura opera di uno studio israeliano e ispirata all'università di Città del Messico, l'ex università regionale, nata con fatica nei tormenti politici del sud-ovest yoruba, rappresentava allora per la nazione un serbatoio di studenti di agronomia, fisica, farmacia, scienze dell'educazione, ma anche arte e cultura africana. Sotto gli auspici delle fondazioni Ford e Rockefeller e dell'università del Wisconsin, l'Oau - che amava presentarsi come un'«università del popolo per il popolo» - brillava dal continente nero fin negli Stati uniti, grazie ai suoi centri di ricerca, come il Certas (8). Era l'epoca in cui veniva inventava la macchina automatica per pestare la manioca, e si selezionava una nuova varietà di pomodoro... Era soprattutto il momento in cui Ife si radicalizzava, mentre il regime nuovamente nordista del generale Ibrahima Babangida gettava il paese nella corruzione e nella crisi economica.
Mentre il programma di aggiustamento strutturale (Pas), deciso dal Fondo monetario internazionale (Fmi), provocava «il rovesciamento dei valori e della definizione del sistema elitario sociale, al punto da mettere in discussione il discorso e l'identità dell'insegnante», gli studenti nigeriani «diventavano i portavoce degli oppressi, dei senza voce, i crociati della lotta contro la corruzione e per la verità e la giustizia (9)». Il 12 giugno 1993, sulla scia delle fallite elezioni che avevano portato al potere il generale Sani Abacha, Ife diventa la «torre di controllo» dell'insubordinazione civile che cresce prima di tutto del sud-ovest yoruba.
Malgrado le chiusure dei campus e l'espulsione di molti studenti, l'Oau è presente durante le grandi crisi vissute in quel periodo dal paese: l'impiccagione dello scrittore e attivista ogoni Ken Saro Wiva nel 1995; la morte di Chief Abiola, nel 1998. La lotta viene condotta apertamente a colpi di manifesti, dimostrazioni e riunioni commemorative. A volte poi, ma in modo più nascosto, anche con atti di violenza da parte di alcuni cultisti o insegnanti, sospettati di sequestri di professori. L'Awolowo Hall - l'edificio comunitario più grande dell'università - viene allora trasformato in tribunale rivoluzionario. «Insieme al campus di Zana, quello di Ife è un po' come un barometro - spiega Oladipo Fashina, presidente nazionale dell'Assu, professore di filosofia all'Oau, al quale anni di lotta hanno lasciato in eredità una gamba claudicante. Se qui sale la pressione, aspettatevi di vederla salire anche nelle altre università del paese.
Dagli anni '70, l'insegnamento universitario porta l'impronta di un gruppo di professori imbevuti di socialismo e marxismo. L'antimperialismo è quindi un valore nato in questo campus, così come l'alleanza con gli operai. Ed è sempre qui, nell'università di Oau, che nel dicembre 1985 è cominciata, ad esempio, la campagna nazionale contro i prestiti dell'Fmi».
Per il responsabile del sindacato insegnanti, la deriva mafiosa delle società di culto è dovuta, almeno in parte, al vuoto lasciato nel 1985 dalla chiusura delle organizzazioni studentesche. «Quando sono arrivato qui, nel 1979, gli studenti erano tutt'uno con il loro sindacato.
Oggi, c'è meno coerenza ideologica. Lo scopo principale, ormai, è finire gli studi in modo da ricavarne profitto il più velocemente possibile. Il cambiamento sociale è passato in secondo piano. Eppure, la maggior parte di questi studenti non ha alcuna possibilità di trovare un lavoro che corrisponda alle proprie aspirazioni...» Ore 21. I pochi molway (autobus) noleggiati per riportare a casa chi abita sotto i tetti di lamiera della città, smaltiscono finalmente le pazienti file di attesa. I bracieri crepitano. Alcuni professori si avviano verso il secondo lavoro serale, che continuano a praticare malgrado i recenti aumenti di stipendio, spesso definiti «irrisori»: fanno i tassisti o i venditori di videocassette... (10). Per mancanza di elettricità, centinaia di giovani studiano insieme, sotto l'alone giallastro delle lampade a olio. Di notte, nel cuore di Awolowo Hall, i tamburini del Kegit Club fanno risuonare i loro talkin'drums (tamburi parlanti) e il pianeta Oau si rituffa nelle sue radici yoruba che, confida il vice cancelliere: «coinvolgono tutti, anche l'intellettuale più raffinato del campus».
Verso mezzanotte, fino a quindici studenti si ammasseranno in camere previste inizialmente per sei: «24.000 studenti per 10.000 letti», precisa con tristezza il dottor Gbolahan Ola Babalola, decano incaricato della vita sociale degli studenti. Come tutte le sere, il professore, che insegna microbiologia, tiene una conferenza estemporanea sulle panche di legno di una delle tante bettole sparse nella città universitaria: «Nel mio dipartimento non abbiamo nemmeno un microscopio elettronico.
Complessivamente questo ateneo non ha più di un migliaio di computer, per lo più inaccessibili agli studenti. Eppure abbiamo studenti brillanti, ma in questo contesto tutte le loro risorse intellettuali sono più che mai rivolte alla sopravvivenza».
E, infatti, la prostituzione dilaga tra le ragazze che non sono riuscite a trovare un lavoretto in una drogheria, da un parrucchiere o in una bottega di tessuti dell'Old Buckateria - il più vecchio mercato della città universitaria. Catherine, studentessa di giurisprudenza e segretaria generale dell'Hostel Allumni, un edificio che ospita centosettantadue studentesse, giustifica a priori le sue «sorelle», molte delle quali non possono permettersi tre pasti al giorno: «La colpa è del sistema».
Per questa appassionata di rap gospel che si augura, nello svolgimento del suo futuro mestiere, «di contribuire allo sviluppo della giustizia nel mio paese», «la religione può portare un certo conforto morale a chi è preda della disperazione». L'università, con le sue moschee e le chiese pentecostali (11), risuona, dal lunedì alla domenica, al ritmo di decine di congregazioni religiose, ma senza suscitare tensioni religiose, anche se alcuni manifesti fanno appello al dovere del jihad. «Qui non siamo travolti dal razzismo religioso o etnico - riassume uno studente appena reintegrato dopo essere stato espulso sei anni fa. Qui non ha sfondato nemmeno l'Opc (12)».
Non stupisce quindi che in questo gruppo sociale, «al momento senza affiliazione di classe e che possiede una cultura della contraddizione (13)», anche gli studenti più marxisti e atei confessino di frequentare regolarmente la moschea centrale o altre sette religiose del campus.
«La religione è molto importante quando facciamo gli esami, perché quello è per noi un periodo molto difficile dal punto di vista economico», spiega il figlio di un iman, che ha per modelli il dirigente cubano Fidel Castro e Muammar Gheddafi, il leader libico.
«Smilitarizzare le teste» All'ingresso dell'edificio che ospita il sindacato degli studenti, uno slogan: «La luta continua. Victoria acerta» - «la lotta continua, la vittoria è certa». Vicino al Democratic Socialist Movement - uno dei numerosi partiti politici non ufficiali che gravitano attorno all'attuale sistema tripartito e che contestano la «linea borghese» del presidente nazionale del Nans (14) - , il responsabile locale Burkina, così soprannominato in omaggio a Thomas Sankara, riconosce che la nuova democrazia ha trasformato le forme di lotta; ma non necessariamente la sostanza: «Ora che i militari sono andati via, bisogna smilitarizzare le teste. Non vogliamo più passare per teppisti.
Non abbiamo bisogno di pugni, ma dei nostri cervelli», afferma questo studente di giurisprudenza, che si richiama al marxismo, non come dogma, ma come un flash che illumini una società immersa nel buio: per vederci meglio.
Burkina sogna un paese in cui tutti i cicli d'istruzione siano gratuiti: «La Nigeria è un paese benedetto dagli dèi. È ricco di risorse naturali, che dovrebbero garantire la gratuità dell'istruzione. Ma, al contrario, continua a scivolare nel caos. La lotta politica è dunque più che mai necessaria. Con nuovi responsabili, che sappiano evitare gli errori dei loro predecessori».
Gani Fawehinmi, avvocato di 63 anni, è una delle persone più frequentemente citate dagli studenti. Lavora a 200 chilometri da Ile-Ife, a Lagos, in un sorprendente ufficio-biblioteca. È a capo di un'organizzazione, anch'essa non registrata, il National Conscious Party. Incarcerato otto volte sotto il regime militare, ha difeso gli studenti d'Ife nel 1981, dopo il massacro di otto di loro da parte del regime Shadari; negli atenei nigeriani è considerato una sorta di padre spirituale.
E resta sempre molto battagliero: «L'istruzione dovrebbe essere al centro dello sviluppo di questo paese, dove il 98% degli studenti proviene da ambienti poveri e oltre la metà della popolazione vive sotto la soglia di povertà. Secondo l'Unesco, il 26% del budget dello stato dovrebbe essere assegnato alla scuola, mentre siamo appena all'8%. Il nostro governo, che ricava attualmente 40 milioni di dollari al giorno dal petrolio, non riesce a garantire questo diritto fondamentale previsto dalla nostra Costituzione. Perché sono dei ladri! Come si fa a costruire la democrazia con la pancia vuota? La gente è disperata.
Rischiamo un'insurrezione massiccia, il caos sociale, forse una rivoluzione».
«Quello che abbiamo vissuto sembrerà forse inconcepibile agli studenti europei, spiega lo studente espulso che afferma di aver perso, in questo modo, sei anni della propria vita . Ma è la riproduzione - in versione più violenta e oppressiva - di un fenomeno globale. Il nostro paese è il peggiore e il migliore del continente. Abbiamo seguito con interesse gli avvenimenti mondiali, a partire da Seattle fino a Genova. Penso che per i giovani del Nord sia arrivato il momento di avere uno scambio di punti di vista con noi; si potrebbe organizzare, ad esempio, un vertice mondiale delle organizzazioni studentesche...
Grazie all'università, anche se i computer e i libri di cui abbiamo bisogno sono finiti nelle tasche degli ex responsabili di questo ateneo, ho capito che una Nigeria migliore è realmente possibile...».



note:

* Giornalista.

(1) Miliardario e candidato yoruba, vincitore ufficioso delle fallite elezioni presidenziali del 12 giugno 1993, è misteriosamente scomparso in carcere il 7 luglio 1998, un mese dopo la morte del dittatore Sani Abacha.

(2) Dal 1983 al maggio 1999, i diversi regimi militari hanno nominato militari o propri sostenitori quali vice cancellieri delle università, carica che equivale a quella di rettore. Alcuni di loro hanno cercato di controllare di nascosto i secret cults (culti segreti), società di mutuo soccorso spesso messe in piedi da giovani provenienti da ambienti agiati che praticano l'iniziazione e funzionano secondo metodi mafiosi, per esempio intimidendo con minacce studenti e insegnanti.

(3) Leggere Joëlle Stolz, «La Nigeria gigante lacerato», Le Monde diplomatique/il manifesto, febbraio 1999.

(4) La fuga di cervelli sembra costare al continente africano quasi 4 miliardi di dollari l'anno. Sarebbero ventitremila i diplomati che ogni anno emigrano nei paesi occidentali.

(5) Di cui 302.000 nelle università pubbliche nel 1998, con un aumento del 12% l'anno dal 1987, mentre il personale insegnante è aumentato di appena il 3%.

(6) Le tensioni tra Molaleke e Ife, due gruppi yoruba, provocano regolarmente scontri sanguinosi alle porte del campus di Oau.

(7) This House Has Fallen. Midnight in Nigeria, Publicaffairs Book, New York, 2000. E Great Ife, A History of Obafemi Awolowo University, Presses universitaires d'Ile-Ife, Ife, Nigeria, 1987.

(8) Regional Center for Training in Aerospace Surveys, (Centro regionale di formazione alle tecniche dei tracciati aersospaziali).

(9) Yann Lebeau, Seminario sulle università africane, Cean, Bordeaux, settembre 2001.

(10) Si legga «Boom dell'home video in Nigeria», Le Monde diplomatique/il manifesto, febbraio 2001.

(11) Si legga «Il boom dei pentacostali nel Sud del mondo», Le Monde diplomatique/il manifesto, dicembre 2001.

(12) Odudua Poeple Congress, organizzazione yoruba trasformata in milizia etnica, responsabile di molte rivolte anti haoussa avvenute a Lagos.

(13) Cfr. Yann Lebeau, op. cit.

(14) La National Association of Nigerian Students (Nans), affiliata al sindacato internazionale degli studenti (Ius) è stata creata nel 1980, dopo la proibizione del Nuns (National Union Students) attuata due anni prima dal regime del generale Obasanjo, in seguito alla protesta contro l'aumento dei diritti d'iscrizione universitaria.

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