Maurizio Tiriticco - 30-05-2005 |
Sembra che il Dott. Pirani stia riprendendo con vigore la sua battaglia contro la pedagogia, o il pedagogese, che a lui piace di più! “Forse sbaglio, ci dice, ma ho l’impressione che, al di fuori delle mura degli edifici scolastici, ben pochi conoscano i sommovimenti devastanti che la pedagogia ispiratrice delle varie riforme e riformicchie da una trentina d’anni a questa parte, ha provocato” . E giù con una serie di esempi, tutti interessanti, che non intendo contestare e che in parte conosco, i quali sarebbero filiazione diretta di questa deriva pedagogica! Ma il discorso è un altro! La pedagogia fa il suo mestiere – ed ovviamente ci sono tante scuole di pensiero, in Italia e all’estero (sì, non è un… male solo italiano!) ciascuna della quali ha i suoi fondamenti teorici, la sua legittimità epistemologica (anche se questo aggettivo al Dott. Pirani non piace!). Gli esiti delle ricerche pedagogiche, e di quella educativa, ben più ampia, che investe gli aspetti sociologici e istituzionali dell’educazione e del fare scuola, hanno ricadute su due versanti. Uno è quello dell’insegnante nel suo fare quotidiano (dalla didattica delle discipline alle interazioni pluridisciplinari, alle dinamiche relazionali con gli alunni, ad esempio); l’altro è quello delle scelte della politica in senso lato, le decisioni del Parlamento, del Governo: è il livello istituzionale; e dell’amministrazione stricto sensu del Mpi, allora, del Miur, oggi: è il livello dei Dm e delle circolari! Detto questo, dovrebbe essere chiaro che l’area della responsabilità scientifica (sempreché la pedagogia abbia una dignità scientifica!) della ricerca e della proposta pedagogica ed educativa non va confusa con l’area politica e amministrativa, che riguarda la traduzione di determinati assunti in norme! Entro nel merito degli esempi riportati da Pirani. La questione dei debiti va letta contestualmente con la questione dei crediti e costituisce un recente punto di arrivo della ricerca valutativa (non dico della docimologia per non suscitare ulteriori ire del Dott. Pirani). E sono questioni relativamente semplici sotto il profilo concettuale: invece di “leggere” l’esito positivo o negativo di una prova come una punizione o come un premio, secondo la consumata tradizione di una scuola molto autoritaria e poco autorevole che promuove e boccia, che include ed esclude, si propone di “leggere” tali esiti come un debito assunto, discusso, valutato nel merito, concordato e sanabile o come un credito acquisito che ha il suo peso nel tempo. Si tratta di un cambiamento di orizzonte che avrebbe potuto aiutare scuole, insegnanti e studenti a “lavorare” secondo criteri di insegnare, apprendere e valutare diversi rispetto a quelli del passato, meno autoritari e più autorevoli, ispirati tra l’altro a quell’altra… invenzione diabolica della pedagogia che prende nome di contratto formativo. Che poi certe normative non siano stati capaci di avviare nelle scuole discorsi di questo tipo, indubbiamente assolutamente nuovi e certamente non facili da gestire solo per norma, questa non è responsabilità del ricercatore, della pedagogia. Ma la pedagogia avrebbe dovuto farsi sentire di più! E qui forse è mancata! Va anche detto che certe normative impasticciate, concettualmente scorrette, anche sotto il profilo formale, non solo fanno torto alla pedagogia, ma implicitamente inducono certe scuole ad operare come nei casi riportati da Pirani. L’altra questione riguarda la valutazione per punteggi. I casi che riporta Pirani sono abbastanza confusi e non si capisce bene quanto giochi la superficialità degli informatori o quella del giornalista. In primo luogo va detto che nessun docimologo si è mai sognato di sostenere che esiste una valutazione oggettiva in assoluto. La docimologia ha tentato di mettere ordine in una materia, quella della valutazione, in cui da sempre la soggettività – questa sì era assoluta – dell’insegnante l’ha sempre fatta franca. Perché Pirani non dice quante valutazioni secondo i criteri della scuola da lui, e da me, frequentata, non avendo alcuna base scientifica – l’aggettivo non vuole essere tropo saccente! – provocavano ingiustizie a fronte delle quali non c’era alcun appello? Quanti esami il Dott Pirani ed io stesso abbiamo superato solo perché ci hanno chiesto… le cose che sapevamo – si dice così! – o non abbiamo superato perché ci hanno chiesto solo… le cose che non sapevamo? Quanto è diffuso il luogo comune che l’esame è governato più dalla fortuna che da ciò che abbiamo imparato? E’ un vecchio adagio che la pedagogia, in un mondo in cui l’istruzione deve avere un valore primario e diffuso, non può assolutamente tollerare! Nessun docimologo chiama le prove oggettive perché sono tali, ma perché sono fondate su criteri acquisiti come tali e che sono noti e condivisi dagli studenti. D’altra parte nessun docimologo pensa che queste prove siano in grado di accertare tutto il cosiddetto scibile umano. Certamente una composizione musicale o pittorica non è riducibile a un test! Non a caso siamo soliti distinguere prove strutturate da prove semistrutturate e non strutturate. E non sono divagazioni sul sesso degli angeli! Del resto, quanti secoli abbiamo impiegato prima di cominciare a capire qualcosa di come siamo fatti dentro, che il sangue parte dal cuore e non dal cervello? O a che cosa serva la ghiandola pineale? Pirani non faccia lo scolaretto aristotelico a fronte della ricerca pedagogica! A meno che non rimpianga il suo bel liceo classico dove andavamo in giacca e in cravatta, escluso il sabato perché era obbligatoria la divisa! Da quella scuola, destinata solo a pochi eletti, per censo o per virtù famigliare, certamente la pedagogia era bandita! E la questione del rapporto che corre tra i punteggi grezzi e la loro elaborazione è troppo seria perché possa essere liquidata in qualche riga. Il consiglio che do al Dott. Pirani è quello di ricorrere a qualche testo italiano ormai classico, del compianto Mario Gattullo, ad esempio, o di Michele Pellerey, che non sono affatto pedagogisti da strapazzo… e neppure dell’ultima ora! |
De Stefano - 31-05-2005 |
Alle prossime elezioni politiche voterò per l'Unione solo se proporrà Mario Pirani come Ministro della (Pubblica) Istruzione. E non scherzo! |