Il mercato della formazione
Roberta, Donata, Loriana - 10-05-2005
LA TANTO DECANTATA "FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI" SECONDO IL MINISTRO MORATTI

Siamo reduci dall'esame finale, tenutosi nelle Marche, di un corso di perfezionamento a distanza organizzato da un consorzio interuniversitario e ancora dobbiamo riprenderci dallo shock di una farsa che ha del grottesco.

Dopo un inverno trascorso a mettere crocette su test che rasentavano l'impossibile, dopo il calvario delle spedizioni postali "botta e risposta", dopo gli innumerevoli tentativi per installare CD multimediali di ultima generazione dalla -a dir poco dubbia - funzionalità (poiché per noi docenti "storici" risulta pressoché impossibile riuscire a far propri i saperi attraverso il video di un computer senza la possibilità di sottolineare, prendere appunti, etc. su un supporto cartaceo), il fatidico giorno dell'esame ci siamo ritrovati ammassati nell'auditorium di un hotel extra lusso di una rinomata località turistica marchigiana. Non stiamo a raccontare lo scempio operato sulle nostre persone, né l'assoluta mancanza di una forma consona ad una procedura d'esame; stiamo invece riflettendo sui nostri errori e sulla assoluta mancanza da parte nostra di un briciolo di decoro. Volevamo renderci conto fino alla fine di cosa succedeva in questi corsi ed ora possiamo dichiarare, con assoluta cognizione di causa, che è finita l'epoca dello studio.

Noi di una certa età, precari da tempo immemorabile, abbiamo vissuto lo sconforto e la costernazione, ma anche la rabbia e la tristezza, di fronte alla normalità di molte persone lì presenti.
Settecento euro per tre punti, questa è la filosofia che muove il meccanismo del mercato dei titoli!

Pagare per ottenere, comprare il più possibile, non importa cosa purché si accumulino punti, proprio come al supermercato. Noi li abbiamo ascoltati i presenti, tutti giovani, tutti rampanti, pronti a mettere la mano al portafoglio pur di salire in cattedra. Il prossimo corso sarà forse ancora più frequentato, stando alle cose sentite là dentro. Noi, ormai "anziani", abbiamo avvertito un moto di nostalgia per i tempi dello studio, per l'ansia del concorso, per le nottate passate sui libri. Perché non siamo stati istruiti all'arte della compravendita ma a quella dell'applicazione e della fatica.

La gente, dopo aver consegnato la propria busta con un sorriso, si diceva: «Ci si rivede al prossimo». Noi increduli abbiamo riflettuto sul fatto che il prossimo corso di perfezionamento costerà il doppio e che il mondo è di chi i soldi ce li ha. Da nostalgici ci siamo detti che se tutta quella gente si fosse mossa per partecipare agli scioperi, alle manifestazioni, alle proteste, forse ora non ci troveremmo in mezzo a questo schifo. Qualcuno ci ha pure risposto: «Se questo è l'attuale sistema, bisognerà uniformarsi; che altro si può fare?».

Possiamo fermare questo meccanismo se solo lo vogliamo, possiamo denunciare le irregolarità del sistema, possiamo dire no al patteggiamento e rifiutare la prospettiva dell'omertà e dell'interesse personale. Possiamo rispettarci di più se solo lo desideriamo, ma mentre diciamo questo sentiamo tristezza ed impotenza e concludiamo che non meritiamo quei tre punti: ce li dovrebbero togliere, invece, e spezzare l'attività malevola e truffatrice di chi si arricchisce a spese di tutti quelli che rivogliono indietro la dignità della propria professione.

La corsa a questi pochi punti, a quelli doppi per le scuole di montagna, la valanga di decreti, norme transitorie e mutevoli, non possono che farci riflettere sull'unico effetto voluto dal Ministro, scatenare una corsa "tra poveri" per l'accaparramento di punti, una corsa molto costosa sia dal punto di vista economico che morale, che non porta a grandi risultati se tutto il meccanismo viene messo in relazione alla volontà politica di sgretolare la scuola pubblica di trattare in modo disonesto e umiliante chi ha costruito la propria professionalità attraverso canali sicuramente più dignitosi, storicamente riconosciuti, formanti e formativi. Diciamo ancora una volta "No" alla Riforma ed ai meccanismi perversi che da essa sono scaturiti, e che prolifereranno se non saremo in grado di fermarli, uniti in nome del bene comune.

ROBERTA MORGONI - DONATA BRACCI - LORIANA GATTAFONI Marche

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 Gazzetta di Modena    - 09-05-2005

Corsi beffa per scalare le graduatorie

La Gilda denuncia: per i precari della scuola una sorta di `pizzo´




Gli insegnanti precari pagano il pizzo per entrare in graduatoria? Dopo il superpunteggio di montagna scoppia un´altra grana, finita in Procura, e riguarda il «mercimonio di alcuni corsi di perfezionamento a distanza». I corsi, che costano quasi mille euro l'anno, consentono di inserire 2 punti in graduatoria purchè abbiano avuto una durata (spesso dubbia) di 1500 ore..

Fatti salvi quelli utili, «questo vergognoso mercato lo dobbiamo ostacolare - protesta Robertino Capponcelli (in foto) della Gilda Modena - Per continuare a mantenere le posizioni di graduatoria i precari sono costretti a pagare `il pizzo´ a fantomatici consorzi interuniversitari».

«Il giro d´affari è enorme e la qualità dei servizi di formazione offerti è scandalosa e, a mio parere, ai limiti della legalità e forse anche oltre i limiti». E ai suoi iscritti chiede: «Riusciamo ancora ad indignarci per qualcosa che offende la professione e che corrompe la dignità umana di chi aspira alla cattedra?». Quando nel 2004 è stata partorita la legge 143, che ha pure inventato il punteggio di montagna, la Gazzetta è stata il primo quotidiano a denunciare, prima dei sindacati, quello che sarebbe successo: bastava leggere quelle norme, ritenute poi assurde anche dalla magistratura, e scritte da chi forse non conosce il mondo della scuola ma che in queste
ore sta mettendo a punto una colossale riforma della scuola, che tuttavia pochi docenti desiderano.

Ma al peggio non c´è limite. Per i corsi, infatti, la legge 143 dava 3 punti. Due mesi orsono, dopo una timida protesta sindacale, i punti sono stati portati a 2. La beffa è che per raggiungere il tetto massimo di 30, i
docenti ora dovranno frequentarne 15 invece che 10, cioè 5.000 euro in più.

«Se uno scandalo simile prolifera tra persone istruite e che devono istruire», commenta qualcuno, «è la fine della speranza». Una trentenne rivela di avere speso 800 euro per fare un corso dove si è limitata a
copiare le risposte fornite dallo stesso ente formatore. Ed è come se fosse caduta in un giro di usura, poichè ora si appresta a pagare 900 euro il
corso successivo. Se non lo facesse, chi sta dietro di lei le potrebbe passarle davanti nelle prossime graduatorie.

Altre testimonianze. «Siamo reduci dall´esame finale, tenutosi nelle Marche, di un corso di perfezionamento a distanza organizzato da un consorzio interuniversitario e ancora dobbiamo riprenderci dallo shock di una farsa che ha del grottesco», rivelano Roberta Morgoni, Donata Bracci e Loriana Gattafoni, tre «precarie storiche» dell´associazione Adaco. «Dopo un inverno trascorso a mettere crocette su test che rasentavano l´impossibile, il fatidico giorno dell´esame ci siamo ritrovati ammassati nell´auditorium di un hotel extra lusso di una rinomata località turistica marchigiana. Non stiamo a raccontare l´assoluta mancanza di una forma consona ad una procedura d´esame; stiamo invece riflettendo sui nostri errori e sulla assoluta mancanza da parte nostra di un briciolo di decoro. Volevamo renderci conto fino alla fine di cosa succedeva in questi corsi ed ora possiamo dichiarare che è finita l´epoca dello studio».

Settecento euro per due punti, «questa è la filosofia che muove il meccanismo del mercato dei titoli». Se paghi ti danno i punti, come al supermercato. «Noi li abbiamo ascoltati i presenti, tutti giovani, tutti rampanti, pronti a mettere la mano al portafoglio pur di salire in cattedra. Noi, ormai anziani, abbiamo avvertito un moto di nostalgia per i tempi dello studio, per l´ansia del concorso, per le nottate passate sui libri. Perché non siamo stati istruiti
all´arte della compravendita ma a quella dell'applicazione e della fatica.

La gente, dopo aver consegnato la propria busta con un sorriso, si diceva: ci si rivede al prossimo. Noi increduli abbiamo riflettuto sul fatto che il prossimo corso di perfezionamento costerà il doppio e che il mondo è di chi i soldi ce li ha. Da nostalgici ci siamo detti che se tutta quella gente si fosse mossa per partecipare agli scioperi, alle manifestazioni, alle
proteste, forse ora non ci troveremmo in mezzo a questo schifo. Qualcuno ci ha pure risposto: se questo è l´attuale sistema, bisognerà uniformarsi, che
altro si può fare? Ma noi possiamo fermare questo meccanismo se solo lo vogliamo, possiamo denunciare le irregolarità del sistema
».


9 Maggio 2005 Vincenzo Brancatisano


 Luigi Piotti    - 11-05-2005
Ma che lotta tra poveri, almeno a scuola no!
Chi vi scrive è uno studente universitario, a dio piacendo vedrò la scuola solo dalla parte buona della barricata (almeno fino a che barricate saranno necessarie), quella degli studenti, s'intende, ma del compito del DOCENTE nutro un profondo rispetto e non sopporto quando qualcuno che ha l'incarico e il privilegio dell'insegnamento si arrende, si accontenta e soprattutto si fa condizionare nello svolgimento del suo lavoro da forze che con la cultura e la libertà che essa porta non centra niente quale la ministro Bricchetto e il suo riassetto aziendale della nostra istruzione pubblica.
Vi dico quindi no, non siete poveri, non è questione di lottare per tre punti.
La cultura non è seconda a nessuno, non siete poveri perchè avete la profonda dignità di chi ha l'onere e l'onore dell'insegnamento. Certo, tre punti diventano necessari, di più, desiderabili per dei funzionari del ministero dell'istruzione e ricerca, ma la PUBBLICA ISTRUZIONE è altra cosa. Nella pubblica istruzione voi diventate depositari e del sapere e profeti della libertà, noi parte attiva di un luogo dove il sapere si crea, assieme siamo il popolo italiano cre crea la storia con le proprie mani.
Su la testa! ne poveri ne soli, men che meno professori, ma DOCENTI del popolo italiano.
Credo che la riforma della ministro Bricchetto non abbia sconvolto la scuola pubblica, ma ne abbia solo esplicitato e normato una prassi da tempo avviata (cfr d. Milani), contro questa riforma vi propongo il vostro e nostro orgoglio di chi con la cultura si sporca le mani. Fino ad ora abbiamo imparato e insegnato la cultura, ma la cultura bisogna crearla!

 Maurizia    - 22-07-2005
Anche a Cagliari abbiamo vissuto la stessa umiliante esperienza, e molto probabilmente anche quest'anno ci ritroveremo nella stessa situazione...