Censure d'Italia
il Manifesto - 06-05-2005
Il sequestro del sito di Indymedia da parte del Gip di Roma rappresenta una delle vicende paradossali di questi anni difficili per l'informazione nel nostro paese. E' veramente incredibile che un magistrato inquirente chiuda un organo di informazione perché pubblica i messaggi - anche irriverenti - di posta elettronica che riceve. E tra questi uno contenente un fotomontaggio di papa Ratzinger in divisa nazista. Questa è l'Italia del 2005. Un paese nel quale la magistratura è costretta ad ammettere di non poter perseguire i responsabili delle stragi, dei grandi fatti di cronaca o che depenalizza il falso in bilancio per togliere dai pasticci gli amici del premier. E la Corte di Giustizia Europea dà torto agli inquirenti che protestano. Un paese scivolato drammaticamente al settantottesimo posto della classifica mondiale della libertà di stampa a causa dei conflitti di interesse e delle iniziative repressive di una parte della magistratura inquirente.

Ma invece di risolvere tutti questi problemi il vero assillo sembra essere quello di impedire a quei «sovversivi» di Indymedia di schernire e dileggiare il papa. Il problema è privare quei ragazzacci della possibilità di pubblicare, come fanno sempre, le mail che ricevono. E che talvolta graffiano e tal altra escono dalle righe e dicono, anche con i fotomontaggi, cose che non possono essere condivise francamente nemmeno da me. Insomma un conto è il cattivo gusto un altro è ledere in maniera così drastica la libertà di espressione.

L'informazione è malata, i condizionamenti si fanno sempre più massicci e pressanti, gli operatori della comunicazione cominciano ad avere paura. Quelli che, per dirla con Ciampi, hanno la schiena dritta, sono additati al pubblico ludibrio dai moderati in servizio permanente effettivo.Il conflitto di interessi, la Gasparri che continua a squilibrare il sistema, le concentrazioni, l'aggressione violenta al servizio pubblico radiotelevisivo non sembrano rappresentare per nessuno una priorità, una buona ragione per impegnarsi in una proposta alternativa. Persino la legge sui codici militari, che vuole mandare in galera gli inviati di guerra troppo «curiosi» di ciò che accade nelle missioni di pace, rischia di passare senza una vera battaglia parlamentare, così come l'iniziativa del ministro degli interni, che - da noi recentemente denunciata pubblicamente - impedisce ai giornalisti di entrare nei centri di accoglienza per gli extracomunitari rendendo impossibile raccontarne i drammi umani individuali e collettivi.

Questa è l'Italia del 2005: si persegue il reato di vilipendio alla religione, di dileggio del pontefice ma non si affrontano i gravi nodi di sistema che rendono più forti i forti e più deboli i deboli. A cominciare dalle televisioni, per arrivare alle grandi difficoltà in cui verserebbero quotidiani di idee e di movimento, periodici religiosi e del volontariato se il governo confermasse l'intenzione di tagliare i pochi contributi a disposizione. In una situazione di mercato pubblicitario sempre più squilibrata.

Occorre una seria e forte mobilitazione di cittadini, prima ancora che di operatori dell'informazione, per sostenere l'attuazione del principio costituzionale previsto dall'articolo 21 e che garantisce la libertà di espressione. Una mobilitazione come quella che mettemmo in campo per liberare Giuliana Sgrena e subito dopo per l'incredibile uccisione del suo liberatore Nicola Calipari, due momenti significativi nella storia del giornalismo libero. Anche per questo è un fatto gravissimo - abnorme per una democrazia avanzata - il sequestro del sito di Indymedia che offende la coscienza civile e la libertà di informazione del nostro paese.

Paolo Serventi Longhi - Segretario della Federazione Nazionale della Stampa Italiana




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