Tana liberatutti
Elena Duccillo - 13-03-2002
Conservo molti ricordi dell'infanzia, come la maggior parte di noi presumo. I pomeriggi a giocare nel cortile del palazzo senza i genitori a sorvegliare.
I giochi erano semplici come ingenui eravamo noi, ma non c'erano timori che qualcosa di male ci potesse accadere.
Il gioco più ricorrente era il nascondino: chi si "accecava" contava e più contava più lontano si nascondevano i compagni. Ricordo che contando non pensavo a niente, il pensiero di dove potevano rifugiarsi gli amici arrivava solo a conta ultimata. Mi davo da fare allora per trovarli, correvo come una pazza per non farli arrivare prima di me alla tana, si sarebbero dichiarati vincitori. Il mio impegno era di trovare dove si erano nascosti uno dopo l'altro. La mia rabbia questa: uno solo, l'ultimo quello più furbo e meno leale quando ero convinta di avercela fatta, sì lui,quello introvabile, sbucava a tradimento mentre ero di spalle e urlava...
No, non lo dico che cosa urlava, perchè chi è stato bambino se lo ricorda come me.
Nella vita cambiano i giochi anzi cambia il gioco, il carattere forse quello no.
Quante volte mi è capitato di pazientare all'inizio alle volte anche senza contare e senza pensare dove si stessero nascondendo i miei colleghi, le istituzioni, le associazioni, le amiche, i parenti.
Tante volte con fiducia sono andata a cercarli perchè si erano nascosti.
Sempre sono stata al gioco pensando di potercela fare, di battere la mano sul muro per dire "Tana!" correndo per arrivare prima di loro.
Mannaggia quando la levano la regola che basta una persona che ti prende alle spalle e a quel muro arriva prima di te!
Basta una mano per cancellare tutti i tuoi sforzi: la mano dell'ultimo arrivato che ti fa tanta rabbia ma che fa inesorabilmente incominciare il gioco da capo.


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