breve di cronaca
Resistenza? Roba del passato
Alto Adige - 26-04-2001
di Roberta Bassan

TRENTO. Titoli di coda, le luci si accendono nella sala del San Marco, un applauso abbozzato, poco convinto, che muore dopo pochi attimi. Cala il sipario sulla Resistenza. Il partigiano Johnny resta lì, ultima scena del film, imbracciando il fucile del suo amico Tarzan che ha appena visto cadere in una delle mille imboscate. Matteo Carli, 17 anni, quarta Scientifico, sgranchisce le gambe e sbadiglia dopo due ore e mezzo di pellicola cruda. A tratti brutale. La Resistenza? Attimi di silenzio.
«È uno stimolo, uno slancio di idealismo. Soprattutto adesso che l'ideologia e l'utopia sono morti e sepolti. Un film così ci aiuta a riflettere su un passato ormai lontano. Tanto lontano».
La pellicola di Guido Chiesa, piccolo gioiello dell'ultima Mostra del Cinema di Venezia, tratto dal capolavoro di Beppe Fenoglio pubblicato postumo nel 1968, è andata in onda per ben due volte ieri mattina, su iniziativa del Museo Storico di Trento in occasione delle celebrazioni del 25 aprile.
Platea di studenti, oltre 400 complessivamente, soprattutto del «Da Vinci» e del «Pozzo». Come Francesca, 15 anni, visino acqua e sapone incorniciato da un caschetto biondo, seconda Geometri, se ne esce un'ora prima. Altrimenti, dice, perde la corriera: «Il film è bello, ma della Resistenza non saprei proprio cosa dire, mi scusi». L'amica, mille meches, piercing avvitato sulla narice, Invicta in spalla, sbuffa qualcosa in più: «Mi ha fatto capire com'era la vita a quei tempi. Oggi? Non c'è paragone, è molto più facile».
La lotta partigiana è un flash su un libro di storia che aiuta a capire, ma non condiziona più di tanto. Stefano Bortolamedi, 19 anni, Denno, il 13 maggio andrà a votare per la prima volta nella sua vita, sfila una sigaretta e tira profondamente. Emozione poca. Dubbi tanti. «Mah, cosa voterò ancora non lo so. Certo che dopo aver visto un film così magari uno può essere più orientato a sinistra. Ma i partiti adesso dicono di essere tutti anti-fascisti. Boh, ci penserò. In realtà non mi interesso molto di politica e non so ancora cosa farò».
Johnny invece ha scelto. La trama si snoda: un ragazzo cresciuto nel mito e nella letteratura inglese decide di rompere con la propria comoda vita e di andare sulle colline delle Langhe a combattere con i partigiani. Johnny è inquieto ma via via trova convinzioni e ragioni di vita nella lotta anti-fascista, in condizioni estreme. Tra fame, freddo, spie, imboscate, nascondiglio di fortuna. «Hanno trovato un partigiano morto, te ne devi andare via, altrimenti bruciano la casa. Johnny, vai via». Scene cruente, essenziali. La professoressa Grazia Gentile ha portato la sua classe dello Scientifico: «I ragazzi devono riflettere, devono imparare a scegliere qualunque sia la loro scelta. Johnny ha scelto. Poteva continuare gli studi, schierarsi in modo diverso, nascondersi. È questo che devono capire i nostri ragazzi: che nella vita bisogna scegliere e avere degli ideali». La Resistenza come un simbolo. E loro? Matteo Carli: «Colpa mia, ma il mio voto alle politiche sarà nullo. Non sono capace di scegliere». Cristina Paris, di Gardolo: «Boh, mi farò consigliare da mio padre, seguo poco la politica, non penso che un film così possa influenzare una scelta. Ma perchè poi?». Stefano Tonezzar, si toglie i Ray Ban neri. Pure lui davanti all'urna per la prima volta tra due domeniche: «Ah, io di certo non mi faccio influenzare e non voto a sinistra se è questo che intende. I partiti si sono evoluti in questi anni, hanno fatto delle svolte e sanno cogliere valori e ideali della Resistenza». E sull'importanza della memoria: «Di sicuro la comprensione della storia è molto più facile così vedendo un film che non studiandola sui libri. Ma adesso sono altri tempi».
Più possibilisti i piccolini. Valerio F. 15 anni [su successiva richiesta dell'interessato mascheriamo il cognome presente sul quotidiano dell'epoca - La Redazione - luglio 2011], si racconta come un navigato: «In passato ho frequentato il circolo operaio di Lotta comunista, mi colpiscono le storie vere, apprezzavo ciò che raccontava questa gente. Ritengo che sia giusto approfondire i valori della Resistenza ma non solo per onore della memoria passata, ma anche per prepararsi ad un futuro incerto. Non intendo la guerra armata, questo no. Ma guerra ideologica, che è sempre in agguato». La giovane Marianna, compagna di classe, 14 anni ha le idee chiare: «L'importante è non cadere dall'altra parte. Oggi sappiamo tutto sul fascismo, ma a scuola ci raccontano poco del comunismo. Ci vuole equilibrio».

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