Per non cancellare il passato
Cristoforo Berritta - 09-03-2002
Al Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca
Al Dirigente scolastico regionale della Sicilia
Al dirigente dell'ufficio scolastico provinciale di Catania
Ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica
Ai Presidenti delle Commissioni Pubblica Istruzione della Camera dei Deputati e del Senato
Ai segretari dei gruppi politici parlamentari
Ai responsabili scuola di tutti i partiti politici
Ai segretari nazionali di tutti i sindacati della scuola
Al sito internet del M.I.U.R.



In questa fase di trasformazione della scuola i docenti dell'ITIS 'G.Ferraris' di Acireale ritengono necessario intervenire, sottoponendo all'attenzione di tutti i soggetti interessati le seguenti riflessioni.

PREMESSA

La proposta sulla scuola contenuta nel Disegno di legge delega approvato dal Consiglio dei Ministri il 31.01.2002 e più in generale la strategia politica fino a questo momento adottata dal Governo nei confronti della scuola (elaborazione prodotta dal gruppo presieduto dal Prof. Bertagna, Stati Generali) dimostrano un orientamento chiaro: chiudere con quanto è stato fatto negli anni passati e ridisegnare l'intero sistema formativo nel nostro Paese.
Siamo convinti invece che la scuola, pure in presenza di orientamenti diversi, non debba divenire terreno di scontro politico. Essa deve mantenere la propria identità: i cambiamenti sono inevitabili e talora auspicabili, ma è necessario partire dalla valorizzazione delle esperienze fatte e delle persone che per la loro riuscita si sono spese.
Al contrario azzerare il passato vuol dire mortificare quanti nella scuola, nel corso di questi anni, si sono impegnati per promuovere e sostenere l'innovazione.
E' necessario dare la parola ai docenti perché di loro non si parli solo a proposito di tagli di organici, ma li si ascolti per comprendere ed effettuare scelte che nella costruzione della condivisione, difficile ma imprescindibile, trovino gambe per camminare.
Emblematica del modo di intendere le relazioni con gli insegnanti è la loro esclusione dal gruppo che dal 3.11.2001 lavora per definire il codice deontologico del personale della scuola: la deontologia professionale, per sua natura, è processo direttamente a carico degli interessati: da loro dovrebbe nascere il codice per creare consenso attraverso il confronto fra tutti i soggetti chiamati in causa nel processo formativo.
Eppure all'interno del gruppo che dovrà stilare il codice deontologico degli insegnanti non vi sono docenti e/o appartenenenti al mondo dell'associazionismo professionale, così come non ve ne erano nel gruppo di lavoro presieduto dal Prof. Bertagna, quasi che gli operatori scolastici, nell'immaginario ministeriale, fossero condannati ad una immaturità perpetua.
Sui punti contenuti nel disegno di legge, prima che i relativi decreti vengano emanati,

il Governo deve ascoltare

quei "…docenti che con grande impegno e passione sanno trasmettere ai bambini ed ai ragazzi amore per il sapere, senso di responsabilità, principi e valori" ( dalla lettera del Ministro Moratti ai docenti).
A questo irrinunciabile confronto i docenti dell'ITIS "G.Ferraris" di Acireale intendono fornire il loro contributo.

1. L'OBBLIGO SCOLASTICO E FORMATIVO

L’obbligo scolastico e formativo deve sancire il “diritto all’istruzione ed alla formazione” rimuovendo, così come prevede l’art. 3 della nostra Costituzione, “gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”
Di fatto la Riforma Moratti rivisita tale diritto quando articola il secondo ciclo di istruzione in “sistema dei licei ” e “sistema dell’istruzione e della formazione professionale”. Vi è nel disegno Moratti una contraddizione in termini tra “pari opportunità” e “attitudini e scelte personali”, scelte non consapevoli perché fatte troppo precocemente, a conclusione del previsto obbligo scolastico (terza media), cioè nel 14° anno di età. Scelte che dovranno avvenire all'interno di un sistema di istruzione e formazione pensato per creare una divisione tra coloro che devono “sapere”, “pensare” e “dirigere” e coloro che devono solo “fare” ed “eseguire”.
Siamo convinti che la partecipazione democratica e la crescita civile ed economica del nostro Paese si realizzino attraverso un progressivo riconoscimento del "diritto di tutti alla cultura", e non attraverso un sistema duale di istruzione e formazione che potrà solo ratificare le differenze culturali e sociali in entrata.
Non ci rassicura il contentino delle "passerelle": gli operatori scolastici sanno che hanno funzionato poco all'interno di un unico sistema, quello scolastico, e non si illudono che funzionino nel raccordo tra mondi diversi.

2. SEPARAZIONE TRA ISTRUZIONE E FORMAZIONE

Per quanto detto prima non si devono separare istruzione e formazione ma insistere su percorsi scolastici integrati, come già previsto nella legge n. 144 del 17 maggio 1999: al Governo il compito di renderla operativa.
E' necessario pertanto rafforzare i processi formativi dentro i percorsi scolastici, condizione perché venga realizzato lo scopo educativo dell'istruzione, con la contemporanea attivazione nella secondaria di un’efficace azione di orientamento per realizzare pienamente e democraticamente l’assunto costituzionale e lo scopo educativo dell’istruzione.

3. AUTONOMIA E CURRICOLO

Un percorso formativo integrato è auspicabile e fattibile solo con la realizzazione di curricoli di Istituto comprendenti tutto ciò che ogni scuola pratica e le modalità su come intende attuare le proprie scelte, in rapporto ai fini che intende perseguire.
L’indicazione di contenuti, tempi, sequenze, graduazione, strategie, modalità attuative, organizzazione, tenuto conto di quanto previsto nei curricoli nazionali, valorizzerebbe la progettualità e professionalità dei docenti .
La scelta di assegnare alle Regioni ed agli enti locali la prerogativa del 20% delle scelte curricolari accontenta una richiesta di parte del Governo ma nei fatti rappresenta uno “scippo” per le scuole che vengono private dei contenuti qualificanti della scuola e taglia le gambe all’Autonomia.
Preoccupa inoltre che la parola curricolo sia stata sostituita dall'espressione "piani di studio" (art.2, comma l).
All'autonomia progettuale e di ricerca del singolo istituto sembra sostituirsi, paradossalmente, un nuovo centralismo, quello regionale, che va a sommarsi a quello statale dei piani di studio/programmi, che richiamano parole ormai assenti nelle pratiche delle scuole più avanzate.

4. AUTONOMIA E ORGANI COLLEGIALI

Il testo governativo si richiama alla legge 59/97 sull’autonomia ma ciò non ne garantisce un corretto sviluppo in quanto vengono ridimensionate o addirittura sospese alcune fondamentali strutture di supporto.
Nello specifico, l’autonomia non risulta compatibile con il disegno di legge sul riordino degli organi collegiali che prevede al posto del Consiglio d’Istituto un Consiglio d’amministrazione, dando facoltà al dirigente scolastico di scioglierlo "se non funziona" e commissariariarlo a proprio piacimento.
Al riguardo è opportuno rilevare che:
1) Diminuisce il numero della componente docenti, genitori e studenti, con un notevole ridimensionamento dell’aspetto democratico- partecipativo.
2) Scompare la rappresentanza del personale ATA a favore di appalti dati a potenziali imprese esterne alla scuola.
Inoltre, anche il Collegio dei Docenti viene esautorato da scelte di valore educativo e finisce per avere competenze solo in materia didattica , articolandosi in distretti e commissioni.
Infine scompare il Consiglio di Classe, sede di ogni progetto educativo finalizzato all'apprendimento del soggetto ed alla sua formazione.
In mancanza di queste risorse fondamentali, interne ed esterne alla scuola, gli stessi capi d’istituto si troverebbero a non poter sostenere né alimentare il processo messo in atto.

5. PUBBLICO E PRIVATO

La situazione attuale vede una parte consistente ( non la totalità ) delle scuole private fondata su logiche non formative bensì di mercato. Scelte che puntano alla qualità del sistema formativo devono incidere su questa realtà “ patologica”, non legittimarla. Infatti un tale modello introduce nel sistema formativo la logica della compravendita delle promozioni e dei titoli di studio, svuotando quest'ultimo di valore.
Una tale prospettiva sembra ancor di più avvalorata dalla nuova riforma degli esami di stato che consentirà di fatto a certe scuole ( diplomifici ) di gestire l’esame senza un serio controllo esterno.

6. RIFORMA DEGLI ESAMI DI STATO

La riforma degli esami di Stato, ridotta ad una semplice disposizione di ordine economico (comma 7 dell’art.22 Della legge Finanziaria del 2002), è la palese dimostrazione che a prevalere nei cambiamenti che stanno investendo il mondo della scuola è la mera logica economica, non l’interesse di migliorare il livello di istruzione del nostro Paese.
Gli esami di Stato, con la commissione completamente costituita da docenti interni con un solo presidente esterno, sia nelle scuole statali che in quelle paritarie, rischiano di diventare un “esame burletta”.
Il confronto dialettico dei docenti con i membri esterni, la valenza formativa dell’esame per gli alunni come stimolo ed elemento di autovalutazione, prima di avviarsi verso l’esperienza degli esami universitari o dei colloqui-test di lavoro, viene sminuita e svuotata del loro valore più intrinseco.
Il titolo di studio perderà il suo valore legale ed assisteremo ad una inevitabile inflazione di voti alti cui avranno enormemente contribuito le scuole private per dimostrare la “bravura” degli alunni paganti.

Un “Esame di Stato” non è un esame di terza media!

E’ indubbio che la “qualità” del sistema formativo viene ad essere deprivata nel momento stesso in cui a prevalere è la logica dell’economicità a tutti i costi: il che implica sottrazione di risorse economiche indispensabili che incidono, irreversibilmente, sia sulla “qualità” che sull’efficienza (“botte piena e la moglie ubriaca”).

7. ORGANICI E QUALITA' DELLA SCUOLA

Si è molto parlato e scritto dei tagli agli organici dei docenti che si realizzeranno a partire dal prossimo anno. Al dibattito in corso vogliamo aggiungere tre ulteriori spunti di riflessione.
Ø Organico funzionale: avremmo sperato di vedere estesa a tutte le scuole medie superiori la sperimentazione attualmente in atto in 300 istituti superiori. Questo se da una parte avrebbe consentito un recupero di una parte dell'organico tagliato, dall'altra avrebbe testimoniato una reale volontà di proseguire il percorso dell'Autonomia.
Ancora un paradosso: ad una autonomia predicata corrispondono scelte che nei fatti la rendono impraticabile.
Ø Organici e tempo scuola: il comma 1 dell'art. 13 della Legge finanziaria 2002 recita:"…le dotazioni organiche del personale docente delle istituzioni scolastiche autonome sono costituite sulla base del numero degli alunni iscritti, delle caratteristiche e delle entità orarie dei curricoli obbligatori relativi ad ogni ordine e grado di scuola…".
Cosa succederà quando i curricoli obbligatori saranno ridotti a 25 ore obbligatorie?
Gli organici saranno drasticamente ridotti!
E poco male sarebbe se questo non volesse dire avere un'idea di scuola tutta spostata sull'insegnamento, nella quale non è previsto un tempo sufficientemente disteso per promuovere apprendimenti durevoli e significativi.


8. FORMAZIONE DEI DOCENTI

Anche in questo caso la proposta ministeriale non sembra tenere in considerazione quanto in questo settore è stato fatto.
Com'è noto infatti da tre anni in Italia esistono le Scuole di Specializzazione per l'Insegnamento Secondario che nel Disegno di legge approvato vengono sostituite da una laurea specialistica al termine della quale si avrà uno sbocco nell'esercizio concreto della professione: l'attuazione di attività di tirocinio è rimandata a questo secondo momento.
Nelle attuali SSIS laboratori e tirocinio occupano rispettivamente il 20% e il 30% del monte ore complessivo, e appaiono strettamente interrelati alle restanti due aree, quella della formazione docente (Scienze della formazione) e quella relativa ai contenuti formativi degli indirizzi. A personale docente in servizio presso istituzioni scolastiche è attribuito il compito della supervisione del tirocinio e del coordinamento del medesimo con altre attività didattiche nell'ambito delle SSIS.
Com’è ovvio non si tratta di un semplice spostamento in avanti della “pratica” professionale(il tirocinio) ma di un mutamento radicale nel modo di intendere la formazione e la professionalità docente.
Ci sembra che questa proposta non valorizzi l'esperienza maturata in questi anni all'interno delle scuole di specializzazione e che soprattutto rischi di interrompere un confronto proficuamente avviato tra università e scuola.
Ai futuri insegnanti infatti non serve né una formazione meramente accademica, né un apprendistato sganciato da una rigorosa riflessione teorica.

Fiduciosi attendiamo un confronto reale su questi e su altri temi riguardanti il futuro della scuola nel nostro Pese.

Acireale, 27/02/02
Seguono firme




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 I.C. Santa Vittoria d' Alba    - 09-03-2002
Scuola dell’infanzia: non vogliamo questa riforma

Anche noi Insegnanti delle Scuole dell'Infanzia dell'Istituto Comprensivo di Santa Vittoria d'Alba - Cinzano (CN) vogliamo esprimere un nostro parere a proposito della Delega al Governo sulla Riforma scolastica del Ministro Letizia Moratti, per unire la nostra voce a quella di tanti nostri colleghi preoccupati per una Riforma che, se attuata, darebbe un duro colpo alla Scuola dell'Infanzia italiana riportandola indietro di trent'anni ed attribuendole nuovamente quelle caratteristiche custodialistico-assistenziali che si ritenevano ormai superate dopo un lungo processo di trasformazione, che l'ha portata ad essere da "asilo" autentica "scuola" con caratteristiche formative di estrema importanza, come dimostrano gli apprezzamenti internazionali e come sancito dal testo degli "Orientamenti '91".

Al Ministro dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca
Alle Organizzazioni sindacali
Agli Organi di Stampa
Agli Istituti Comprensivi ed ai Circoli Didattici della Provincia di Cuneo
Ai Forum di discussione via web interessati


Il Collegio dei Docenti delle Scuole dell'Infanzia dell'Istituto Comprensivo di Santa Vittoria d'Alba - Cinzano (CN), riunitosi in data 25/02/2002, in riferimento alla Proposta di Riforma scolastica in Delega al Governo presentata dal Ministro Letizia Moratti in data 1/02/2002, esprime le seguenti considerazioni:

- Nella delega si afferma che "la scuola dell'infanzia, di durata triennale, concorre all'educazione e allo sviluppo affettivo, psicomotorio, cognitivo e sociale delle bambine e dei bambini promuovendone le potenzialità di relazione, autonomia, creatività, apprendimento, ed assicura un'effettiva eguaglianza delle opportunità educative; [.]". Ciò è in contraddizione con la proposta dell'anticipo a 2 anni e mezzo che non tiene conto delle caratteristiche psicologiche, emotive, cognitive, relazionali dei bambini dai 3 ai 6 anni e delle differenze tra la prima e la seconda infanzia. Tutta la Pedagogia e la Psicologia dimostrano che lo sviluppo psicologico, cognitivo, emotivo, sociale del bambino muta profondamente tra la fascia d' età 0-3 e quella 3-6 anni. I bambini fino ai 3 anni hanno bisogno di spazi e ritmi propri ben diversi da quelli presenti nella scuola dell'infanzia che sono pensati per bambini dai 3 ai 6 anni.

- Nel testo degli "Orientamenti dell'attività educativa nelle scuole materne statali" (D.M. 3/06/1991) si afferma che la finalità della scuola dell' infanzia è quella di "[.] consentire ai bambini e alle bambine che la frequentano di raggiungere avvertibili traguardi di sviluppo in ordine all'identità, all'autonomia ed alla competenza.". Queste indicazioni richiedono interventi programmati ed un'organizzazione metodologico-didattica pensati per i tre gruppi di età dai 3 ai 6 anni e tali interventi non si possono realizzare con 28 bambini in sezione, di cui un certo numero di 2 anni e mezzo. Per questi ultimi è senza dubbio più appropriata una struttura analoga a quella dell'asilo nido con un rapporto insegnante/bambini di 1 a 8, con spazi e contesto organizzativo ben diversi da quello della scuola dell'infanzia. Nella delega viene indicata, è vero, "[.] l'introduzione di nuove professionalità e modalità organizzative", ma non viene proposto nulla concretamente in merito alla modifica delle strutture organizzative, delle risorse umane e materiali che sarebbero necessarie, né si potrebbero accettare «figure di supporto» di cui sarebbe dubbia la preparazione professionale se si considera che oggi per i docenti di scuola dell'infanzia è richiesta la Laurea in Scienze della Formazione Primaria.

- La Scuola dell'Infanzia italiana ha una sua storia, un'esperienza consolidata ed apprezzata in tutto il mondo. L'anticipo dell'ingresso nella scuola dell'infanzia per i bambini di 2 anni e mezzo muta la sua identità e pone le condizioni per il ritorno a logiche custodialistico-assistenziali che si ritenevano ormai superate. La finalità della scuola dell'infanzia non può e non deve essere ridotta a semplice servizio assistenziale: le legittime aspirazioni delle famiglie, a cui finora lo Stato non ha risposto con una politica di realizzazione di strutture nido (per bambini da 0 a 3 anni), che soddisfacessero la crescente domanda, non possono far individuare nell'anticipo della frequenza alla scuola dell'infanzia una risposta idonea al problema perché priva di costi per l'amministrazione pubblica, né possono far dimenticare quelli che sono i reali bisogni dei bambini: il diritto, cioè, ad una scuola pensata per loro in cui crescere secondo i propri ritmi, ponendo le basi per un possibile futuro successo scolastico nell'ordine di scuola successivo.

- Per questa stessa ragione anticipare la frequenza della scuola elementare a 5 anni e mezzo significa ignorare totalmente le caratteristiche cognitive ed i ritmi di sviluppo propri di quest'età che ha propri bisogni ludici, cognitivi, emotivi, relazionali specifici dell'infanzia.

- Per tutti questi motivi la Scuola dell'Infanzia deve essere mantenuta nella sua triennalità con le attuali età di ingresso e di uscita e l'attuale struttura organizzativa, metodologica e didattica secondo quanto indicato dagli Orientamenti '91.

- Si valuta positivamente la proposta di diversi O.O.C.C., citati dal Documento Bertagna, di rendere obbligatorio l'ultimo anno di frequenza alla scuola dell'infanzia per i bambini di 5 anni, da espletarsi nella scuola dell'infanzia senza modificarne l'assetto vigente e puntando ad una generalizzazione dell'istituzione secondo i migliori indicatori strutturali, pedagogici, organizzativi attualmente auspicati, in base a quanto affermato dagli Orientamenti '91 ed ai risultati emersi dalle Sperimentazioni dell'ultimo decennio (ASCANIO, ALICE,.).


Se si vuole una scuola adatta per i bambini di 5 anni non e' necessario cercarla altrove: c'e' gia', e' l'attuale Scuola dell'Infanzia.

Approvato all'unanimità dai 16 componenti il Collegio dei docenti in data 25 febbraio 2002

IL DIRIGENTE SCOLASTICO
(P.Giuseppe CENCIO)