breve di cronaca
Berlusconi manganella Indymedia
centomovimenti - 12-10-2004
Giovedì 7 ottobre 2004, l'FBI, su richiesta di due stati esteri (Italia e Svizzera), ha richiesto a Rackspace (un provider statunitense) di consegnare loro l'hardware dei due server (ahimsa1 e ahimsa2) che ospitano indymedia italia, decine di altri nodi del network e molti progetti no-profit internazionali. I due server si trovavano nella loro filiale londinese e Rackspace li ha consegnati immediatamente senza prima avvisare gli amministratori delle macchine e senza rendere note le basi legali di questa consegna in territorio britannico.

E' un atto intimidatorio.
Un atto teso ad inviare un chiaro segnale a indymedia e a tutti coloro i quali immaginano una realta' altra impedendo tra l'altro di ripristinare rapidamente i siti.

Come i mercati finanziari, oggi sono globalizzati anche il controllo, la repressione della libertà di informazione, la guerra preventiva senza frontiere. Anche l'ultimo frammento di libertà che rimane più intimamente legato a ognuno di noi: la possibilità di esprimere le proprie opinioni e conoscere quelle altrui non e' piu' possibile ne' nel proprio paese, ne' a livello internazionale. Gli accordi multilaterali per estendere la legislazione di emergenza a ogni aspetto della vita e del globo trovano in questo episodio una loro drammatica conferma, a dispetto di ogni definizione di diritti civili, delle stesse legislazioni nazionali e delle libertà universali. Indymedia non conosce ancora i motivi della sottrazione dei propri dati e questo non e' un caso, perché non e' necessaria alcuna giustificazione pubblica per negare la libertà di informazione e di espressione.

L'"episodio Indymedia" e' solo l'ultimo in ordine di tempo di una escalation preoccupante di repressione che non riguarda soltanto il fantomatico mondo del digitale e della comunicazione, ma anche la contestazione di reati gravi come il 270 bis, ter e quater (associazione sovversiva, che prevede pene
decennali) solo per aver distribuito volantini in solidarietà ad una persona arrestata, rispolverando il quanto mai attuale reato di propaganda sovversiva così amato dai regimi. Ne sono altri fulgidi esempi la censura di Anarcotico.net, la causa di Trenitalia contro Autistici/Inventati per nascondere il fatto di aver trasportato armi per la guerra in Iraq, il sequestro di materiali in innumerevoli perquisizioni, la chiusura di siti, fino ad arrivare alla guerra contro lo scambio di saperi del decreto Urbani e della RIAA (come se condividere un file fosse grave, mentre non lo e' torturare un uomo nelle prigioni turche).

Pensiamo che questo attacco generalizzato alle libertà di ogni individuo necessiti di una risposta vasta, sia sul piano delle forme che delle pratiche, e distribuita sui territori.

Se per noi fare informazione equivale a dare ad ognuno la possibilità di pubblicare il proprio punto di vista e le proprie esperienze sul sito di indymedia italia, allora difendere la libertà di espressione significa agire, ognuno con modi, tempi e immaginazione propri, contro questo e tutti gli altri atti che la violentano quotidianamente cercando di rinchiuderla nei confini della logica di emergenza e unità internazionale.

Invitiamo tutti e tutte a esercitare pressione e attivarsi sia nella rete che nei territori.

Oggi l'informazione e' sovversione: uno, mille, centinaia di migliaia di sovversivi in ogni luogo.


Laura Tussi

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 Titti De Simone,Tiziana Valpiana,Giovanni Russo Spena    - 13-10-2004

INTERPELLANZA
AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
AL MINISTRO DELLE COMUNICAZIONI


Premesso che:

- le autorità statunitensi hanno emesso un ordine federale imponendo all'ufficio di Rackspace negli Stati Uniti di consegnare loro l'hardware di IndYmedia situato a Londra. Rackspace è uno dei providers che ospitano il web di IndYmedia con uffici negli Stati Uniti e a Londra. Rackspace ha acconsentito, senza prima renderlo noto a Indymedia, e ha consegnato i server di Indymedia nel Regno Unito. Questo atto ha colpito più di 20 siti di Indymedia in tutto il mondo;

- nella giornata del 7 ottobre dei funzionari dell'FBI hanno sequestrato a Londra e negli USA i dischi contenuti nei computer che ospitano molti siti locali di Indymedia, fra cui l'edizione italiana italy.indymedia.org e altri del network Indymedia, tra cui quello Palestinese, Belga, Africano, Brasiliano e Tedesco;

- Indymedia è venuta a conoscenza del fatto che la richiesta di sequestrare i server di Indymedia ospitati da una compagnia americana con sede nel Regno Unito ha avuto origine da agenzie di governo italiane e svizzere;

- Su questi server erano ospitati più di 20 siti web di Indymedia, parecchie stazioni radio in streaming online e altri progetti;

- Le ragioni fondanti di quest'ordine non sono ancora state rese note a Indymedia;

- Rackspace aveva reso una dichiarazione pubblica in cui spiegava di aver SPENTO i server in risposta a un ordine all'interno del Trattato di Mutua Assistenza Legale (MLAT), che stabilisce le procedure di assistenza reciproca fra nazioni per investigazioni riguardanti il terrorismo internazionale, rapimenti e riciclaggio di denaro sporco;

- Interrompendo i servizi offerti dal network Indymedia si è calpestato il diritto alla comunicazione e all'informazione di tutte le migliaia di persone che utilizzano quotidianamente questi servizi;

- Sequestrando quei dischi, che con tutta probabilità contenevano anche mail private oltre a pagine web, si è violato ripetutamente il diritto alla privacy e alla segretezza della corrispondenza; considerando che è possibile fare una copia dei dati dei computer per indagare sul loro contenuto un sequestro di questo genere è irragionevolmente repressivo;

- Il sequestro è stato operato da agenti federali statunitensi anche in territorio britannico su un server internazionale, senza nessun atto legale preventivo, senza fornire motivazioni per il sequestro e con una operazioni di polizia per molti versi misteriosa;

- Questo sequestro di fatto lancia un messaggio intimidatorio a tutti i cittadini che praticano su internet il diritto al dissenso attraverso la produzione dal basso di informazioni estranee ai circuiti commerciali;

- Questo sequestro ricorda molto da vicino le censure, gli oscuramenti e le persecuzioni che hanno segnato i periodi più bui del millennio appena trascorso;

per sapere:

- quale sia stato il ruolo del nostro Paese nella vicenda che ha portato alla chiusura del server della rete di Indymedia;

- quali iniziative intenda assumere per permettere una rapida e completa ripresa delle loro attività, la restituzione di quanto sequestrato e per accertare le responsabilità e le motivazioni di chi ha disposto questo provvedimento;

- se non ritenga che questa azione rappresenti una ingerenza gratuita degli Stati Uniti nelle attività telematiche di un altro stato sovrano, e che potrebbe ripetersi in futuro anche su altri siti di comunicazione sociale, italiani e internazionali, che svolgono attività pubbliche alla luce del sole così come ha sempre fatto finora il network Indymedia.

On. Titti De Simone, On. Tiziana Valpiana, On. Giovanni Russo Spena