Il grande fratello all’I.T.I.S. “G. Peano” di Torino
Cosimo Scarinzi - 15-09-2004
La scuola dell’autonomia manifesta ormai da tempo la sua vera natura: uno dei tratti più inquietanti è la subalternità al mondo dell’impresa, da cui, con insistenza crescente, si mediano gerghi e modelli di comportamento.
Parallelamente, la necessità di monitorare e misurare ogni aspetto della vita scolastica nasce da un delirio di controllo che si esprime con strumenti che vanno dai fumosi portfolio per la certificazione delle competenze alle telecamere nei locali scolastici.
La soluzione adottata dall’I.T.I.S. “G. Peano” di Torino per rilevare le assenze e i ritardi degli studenti - un computer centrale che gestisce tutto il sistema e stampa ogni giorno il registro delle presenze, sei postazioni ordinarie, piazzate sui vari piani dell´istituto, con dodici lettori ottici e una postazione speciale in segreteria, collegata anch´essa a una stampante - è un ottimo esempio che sintetizza entrambi gli aspetti di questa deriva.
Dal punto di vista strettamente sindacale si deve evidenziare che il progetto è stato finanziato con fondi privati, gestiti in modo poco trasparente e al di fuori di ogni reale controllo da parte del collegio docenti.
La Rappresentanza Sindacale Unitaria dell’istituto ha ricevuto informazioni tardive e lacunose; in particolare vale la pena di ricordare che, quando la RSU CUB ha denunciato come eccessive le 600 ore di impegno annuo sul progetto effettuate dal responsabile si è sentita rispondere che non è giusto porre dei limiti alla volontà di iniziativa dei singoli. Peccato che questa “volontà di iniziativa” abbia sottratto retribuzione agli altri docenti.
Sull’efficacia dei risultati del progetto c’è da discutere: stupisce che si sia seguita una strada così tortuosa (che aumenta, ad esempio, le possibilità di errore) quando, con la cifra a disposizione si sarebbe potuto dotare ogni aula di un terminale per la rilevazione delle assenze, velocizzando così davvero sia il lavoro dell’insegnante sia quello della segreteria.
Fatto sta che adesso la scuola si trova dotata di un marchingegno che desta sospetto, non condiviso, poco efficace rispetto allo scopo: ma qualcuno al “Peano” ha ricavato un profitto non indifferente.
La scuola si modella sulla fabbrica, all’occhio – magari severo dell’insegnante si sostituisce l’indifferenza dell’occhio elettronico, alla sostanza – magari spuria ed imperfetta – del rapporto educativo si preferisce una dubbia efficienza tecnologica: si deve arrestare al più presto questa tendenza se non si vuole ridurre la scuola pubblica ad un universo concentrazionario e sempre più conflittuale.





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