Correndo i tempi amari dell’egoarca
Aldo Ettore Quagliozzi - 15-07-2004
Da “ La farsa quotidiana e il sorriso irresponsabile “, di Giulio Ferroni.

“ ( … ) Oggi in realtà c’è ben poco da ridere ( anche se si è invitati a ridere da tutte le parti, in modo sguaiato e delirante ) nella farsa in cui precipita la vita pubblica del nostro paese, nel quadro sempre più tragico della situazione mondiale.
C’è ben poco da ridere, anche se a vari gradi il comico pervade la nostra vita, se la televisione propone molteplici occasioni comiche ( ahimé spesso, anche involontarie ), se ci sono ancora in giro degli ottimi artisti comici e satirici, se molte brave persone cercano occasioni per ridere, in modo da esorcizzare o dimenticare la pesantezza del clima sociale e le sempre più pressanti preoccupazioni quotidiane.
C’è ben poco da ridere per tutto ciò che accade intorno a noi: e, pur tra tante risate sembra proprio che non si riesca a trovare un riso autenticamente liberatore, capace di sfondare davvero il muro della presente malinconia.
Si diffonde sempre di più una sorta di riso deforme, di ghigno compiaciuto per le volgarità più pedestri e banali, un riso/smorfia della degradazione, dotato di tutte le gamme e sfumature, dall’untuoso sorriso del premier che dà i numeri nei suoi manifesti alle più degradanti abiezioni televisive. ( … ) “

Da “ Le creature del Cavaliere “, di Giulio Anselmi.

“ ( … ) Ma c’è qualcosa di inquietante nel negarsi a tutte le regole, come se lui ( l’egoarca n.d.r. ), e lui solo, non dovesse rispondere ad altri che a se stesso.
Nel berlusconismo non c’è deriva totalitaria, ma certo lo caratterizza una tentazione di totalità. I regimi assoluti sono stati e sono altra cosa, ma è immanente negli atti di Berlusconi il rifiuto di distinguere il pubblico e il privato, il presidente del Consiglio e l’imprenditore.
Quanto a invocare un’etica liberale, guardiamocene pure. Edward Luttwak, l’intellettuale americano noto per le sue posizioni di destra e addirittura reazionarie, ha scritto:
Berlusconi cura i suoi affari mentre è al governo e non si separa dalle sue proprietà, pur dovendo fare leggi su quasi tutti i settori in cui opera. Non si accorge di violare i punti più sacri del capitalismo. Questa commistione tra un alto personaggio politico e i suoi estesissimi affari personali è una metastasi ( … ) “

Da “ La sinistra per il dopo Berlusconi “, di Alfredo Reichlin.

“ ( … ) Berlusconi non è ( … ) una parentesi per cui dopo di lui viene meno il bisogno di mobilitare il paese profondo in nome di una alternativa democratica.
Berlusconi è ( … ) ben più di un governo di destra. E’ ( … ) una visione della società e degli italiani.
Non ha fatto nessun colpo di stato autoritario, ha però cambiato il modo di stare insieme degli italiani.
Ha sommato il populismo, l’appello plebiscitario in nome dell’antipolitica con la rottura dei fondamentali legami sociali. Ha cambiato qualcosa di profondo nella Costituzione materiale.
( … ) Berlusconi non ha raccontato solo barzellette. Ha vulnerato profondamente il tessuto connettivo della nazione.
La sua politica è stato un continuo incitamento alla divisione. Ha usato la Lega per contrapporre il Nord al Mezzogiorno e per scardinare lo Stato come Stato di tutti, sia pure a base federale.
Ha cercato di separare l’Italia dall’Europa. Ha invitato gli imprenditori a ripudiare la concertazione e a competere non sulla innovazione ma sulla riduzione del lavoro a precariato mal pagato e quindi a colpire il potere del sindacato.
Ha fatto licenziare i Biagi e i Santoro e ha spinto gli intellettuali a riscrivere la storia d’Italia espungendo da essa l’antifascismo. E si potrebbe continuare.
Ma, dopotutto, il danno maggiore è l’aver calpestato quel patto non scritto che consente ai ricchi e ai poveri di stare insieme come cittadini di una stesa nazione: quel patto il quale dice che la legge è uguale per tutti e che gli affari di Stato non si possono confondere con gli affari privati. ( … ) “

Da “ Parole, parole, parole “, di Lee Marshall.

“ ( … ) Altre parole resistono a una traduzione diretta perché si trascinano dietro tutto un bagaglio storico-politico: "qualunquista", per esempio, o "nazional-popolare", o "eversivo". Questo gruppo comprende anche il mio candidato per la parola italiana più intraducibile: "condono" (inteso nel senso più diffuso del termine, "condono edilizio"). La parola inglese "amnesty" non rende il senso; come "amnistia" in italiano, si applica più ad atti di clemenza verso carcerati che non a un perdono statale esteso a quelli che hanno messo su un piccolo gazebo in terrazza (con due camere da letto, zona giorno, cucina superattrezzata e bagno con idromassaggio).
Siccome da noi non esiste la pratica del condono edilizio generalizzato, ci si deve affidare a una spiegazione più che a una traduzione, ( … ).
Ritraducendo dall'inglese, la mia definizione di "condono" sarebbe più o meno così: "Espediente legislativo che consente al governo italiano di deturpare ulteriormente il paesaggio, promuovendo l'abusivismo e la mentalità del 'tanto, prima o poi me la condonano', per incassare soldi che quasi sempre si rivelano molto meno di quelli previsti". Il che dimostra, per l'ennesima volta, che non sono le parole che sono difficili da tradurre. È la mentalità di quelli che le usano. “


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