Derive
Maurizio Pistone - 30-06-2004
Riflessioni a margine dell'esame di Stato, dove il verificarsi di casi limite di "malcostume" od "incompetenza" da parte di qualche docente non può costituire il punto di partenza per un discorso serio sulla scuola. Non si può parlare seriamente del sistema scolastico dando per scontato che gli insegnanti siano tutti degli asini e dei mascalzoni.


Un(')insegnante che deliberatamente lascia che i candidati copino l'un l'altro, oppure si portino del materiale già fatto da casa, o addirittura che passa la soluzione completa di una prova a uno o più candidati, *è* un mascalzone.

Finiamola con questa storia che il rispetto delle regole è un astratto formalismo, che noi siamo umani, che tanto poverini non fanno male a nessuno, che chi se ne frega io mi faccio gli affari miei... Chi ruba ruba sempre *a qualcuno*: se uno costruisce una casa abusiva in un terreno demaniale deruba tutti coloro che di quel terreno demaniale potrebbero fare un altro uso, che so, un'inezia come un parco naturale; chi ruba punti ad un esame, un concorso, deruba tutti quelli che, avendo fatto le cose onestamente, o avendo avuto una commissione di professionisti e non di cocomerari, si trovano scavalcati.

D'altra parte sono convinto che tutti questi casi così conclamati siano appunto dei casi limite: numerosi, troppi certo, ma non assolutamente rappresentativi di un'intera categoria: l'idea che "tanto fanno tutti così" ha avuto troppo facile corso nel nostro Paese; da meschina autogiustificazione del bricconcello è stata innalzata a programma politico, e ha dato origine a distorsioni del nostro sistema di convivenza civile che pagheremo molto a lungo.

Ben altro è il discorso dei criteri di valutazione, che hanno avuto una vera deriva di massa. Non si sa più che cosa valutare, come e perché: ma questo viene dal fatto che l'intera scuola italiana non sa più che cos'è e dove vuole andare.

Una volta c'era (scusate l'espressione abusata) un idem sentire su queste cose; in un certo modo, molto conservatore e conformista, ogni insegnante più o meno sapeva che cosa doveva pretendere, nella sua disciplina, dai suoi allievi. È su questo idem sentire che si basava l'esame di maturità: docenti di diversa provenienza, rimescolati al momento della nomina della Commissione, si incontravano, spesso (come è stato fatto notare) realizzavano un vero e proprio scambio di esperienze didattiche e culturali, valutavano in base a criteri che, per quanto non formalizzati (quante date si devono conoscere della storia moderna?) erano però sufficientemente omogenei. La somma delle valutazioni di diverse persone permetteva di equilibrare le diversità di impostazione e le sensibilità individuali, e l'esame garantiva una discreta omogeneità di valutazione.

Persosi questo idem sentire, si è tentato di rimediare con le griglie, i quiz ecc. che però sono un ben misero ritrovato; infatti, o sono una somma "oggettiva" di valutazioni parziali *soggettive*, oppure sono domandine a crocette dove la conoscenza viene immiserita a livello di Settimana Enigmistica. Con questi sistemi si possono valutare abilità ripetitive o conoscenze limitate a ambiti ben specifici, come il Codice della Strada, o il manuale d'uso di MSOffice (cd ECDL); ma un sistema "oggettivo" di valutazione delle conoscenze sulla letteratura italiana, sulla capacità di risolvere problemi matematici, di saper costruire un ragionamento in una qualunque scienza, mi sembrano una chimera.

In una parola: il problema dell'esame di Stato, è il problerma della Scuola italiana - per lo meno, del sistema dell'Istruzione Superiore.
Ma ormai temo che siamo avviati ad una soluzione swiftiana di entrambi i problemi.


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 dream    - 21-06-2005
io voglio uscire da questa fottutissima scuola, ecco tutto