breve di cronaca
Incostituzionale?


Si va sulla montagna” sono le parole iniziali del ritornello di una vecchia canzone che cantavano (e forse cantano ancora) gli alpini e gli alpinisti della domenica; oggi, dopo l’approvazione - con legge dello Stato - della nuova tabella di valutazione dei titoli per l’inclusione nella terza fascia delle graduatorie permanenti, potrebbe diventare la canzone degli insegnanti: “si va sulla montagna” a cogliere non le stelle alpine, ma il raddoppio del punteggio per il servizio prestato.

Andiamo con ordine. Incominciò il Consiglio dei Ministri approvando il D.L. 7/4/2004; al punto B lett. h) della tabella di valutazione dei titoli si legge: “il servizio prestato nelle scuole elementari di montagna, di cui alla legge 1/3/1957, n. 90, ... è valutato in misura doppia”. Citazione accettabile perché la legge citata reca appunto “Provvedimenti a favore della scuola elementare in montagna”.

Ma quali sono le scuole elementari (situate) in montagna? L’art. 1 della stessa legge, rinvia ad altra legge: “La scuola elementare nei Comuni di cui all’art. 1 della legge 25/7/1952, n. 991”, cioè: “... sono considerati territori montani i Comuni censuari situati per almeno l’80% della loro superficie al di sopra dei 600 metri di altitudine sul livello del mare e quelli nei quali il dislivello tra la quota altimetrica inferiore e la superiore del territorio comunale non è minore di 600 metri, sempre che il reddito imponibile medio per ettaro, censito, risultante dalla somma del reddito dominicale e del reddito agrario, ..., non superi (al tempo) le lire 2.400”.

Non è sufficiente, quindi, che il centro abitato, il paese, la casa comunale si trovino ad un’altitudine superiore ai 600 metri; è necessario che lo sia anche l’80% della superficie dell’intero Comune. E poi, bisogna fare i conti con il reddito imponibile medio per ettaro.
In sede di conversione del D.L., la VII Commissione del Senato estese il beneficio del raddoppio del punteggio a tutte le “scuole di ogni ordine e grado situate nei Comuni di montagna” eliminando però l’improprio riferimento alla legge n. 90/1957, ma non citando neanche la legge n. 991/1952. L’Aula confermò la proposta della VII Commissione, reintroducendo però il riferimento alla legge 1/3/1957, n. 90; che a questo punto non è più pertinente perché - come detto sopra - la legge n. 90/1957 riguarda provvidenze a favore della sola scuola elementare; se poi si intendeva riferirsi non al tipo di scuola ma al tipo di Comune, allora la legge da citare era la n. 991/1952 sopra riportata, quella cioè che stabilisce le condizioni necessarie e sufficienti affinché un Comune possa essere considerato “territorio montano”.

Si dà il caso, però, che l’art. 1 della legge n. 991/1952, richiamato dall’art. 1 della legge 1/3/1957, n. 90, sia stato abrogato da 14 anni! E precisamente dall’art. 29, comma 7, lett. a) della legge 8 giugno 1990, n. 142 che citiamo: “Sono abrogati: a) l’art. 1 della legge 25 luglio 1952, n. 991, come sostituito dall’articolo unico della legge 30 luglio 1957, n. 657 ( omissis)”. Allora, che senso ha parlare di scuole di ogni ordine e grado situate nei Comuni di montagna “di cui alla legge 1 marzo 1957, n. 90”? La legge citata parla solo di scuole elementari e richiama una legge (la n. 991/1952) che non esiste più perché abrogata. Per non dire che anche la legge n. 142/1990 è stata a sua volta abrogata dal D.L.vo 18/8/2000, n. 267, art. 274: insomma, deputati e senatori hanno legiferato basandosi sul nulla!

Oggi si deve fare riferimento alle leggi regionali e alle comunità montane. Ma la ciliegina sulla torta la mette la Camera dei deputati - con l’approvazione in gran fretta nella stessa giornata del 26 maggio, da parte del Senato - allorché si avventura in una nuova e cervellotica definizione delle “scuole di montagna”, confondendo il concetto di “scuole situate nei Comuni di montagna” con quello di “scuola di montagna”, che sono due cose ben diverse e ignorando le competenze regionali e delle comunità montane nella materia (violazione dell’art. 117 della Costituzione, come modificato dalla legge costituzionale 18/10/2001, n. 3, nella quale il governo del territorio non rientra tra le competenze dello Stato?).

“Si intendono quali scuole di montagna - dice il Parlamento contraddicendosi - quelle di cui almeno una sede è collocata in località situata sopra i 600 metri dal livello del mare”. Quindi, non soltanto le scuole “situate nei Comuni di montagna” di cui si dice nel periodo immediatamente precedente, ma anche quelle situate in Comuni non di montagna, ma che abbiano “almeno una sede” (cosa si deve intendere per “sede”? Un plesso, una sezione staccata, una sede coordinata, una sede aggregata?) situata al di sopra dei 600 metri.

Avviene allora, per esempio, che l’istituto professionale per i servizi alberghieri e della ristorazione di Catania, città notoriamentesituata a qualche metro sul livello del mare, diventi scuola di montagna perché ha una sede coordinata nel Comune di Nicolosi, posto a 700 metri di altitudine sull’Etna; che l’istituto di istruzione superiore “M. Amari” di Giarre, città situata anch’essa sul mare Jonio, diventi scuola di montagna per via delle sezioni associate ubicate nei Comuni di Linguaglossa e Castiglione di Sicilia, ben al di sopra dei 600 metri sul livello del mare; che l’istituto professionale per l’agricoltura e l’ambiente “Alfredo Maria Mazzei” della stessa Giarre, diventi scuola di montagna per via delle sedi coordinate di Bronte e Randazzo, Comuni situati ad oltre 600 metri di altitudine. Ho citato alcuni esempi paradossali relativi alla provincia che meglio conosco, ma penso che la stessa cosa avverrà in tante altre città e Paesi d’Italia: qualunque scuola con sede centrale, sezioni staccate, sedi coordinate, ecc. tutte ubicate al di sotto dei 600 metri, diventa scuola di montagna se ha unplesso ( pardon, una “sede”) in una frazioncina situata oltre tale livello! Alle scuole dei 4.000 e passa Comuni (su 8.000 totali) definiti Comuni di montagna nel 1952, bisognerà adesso aggiungere le migliaia di scuole non ubicate in Comuni di montagna, ma che abbiano una sede in località posta ad altitudine superiore ai 600 metri: è facile ipotizzare quindi che ben oltre il 70% delle scuole italiane diventerà scuola di montagna! E il raddoppio del punteggio spetterà non solo alla maestra che ha insegnato nella frazioncina montana, ma anche a tutte le sue colleghe che hanno prestato servizio in altri plessi non montani di quella scuola: perché l’intera scuola - per volontà del Parlamento - diventa “scuola di montagna”.

Direte: ma il Parlamento è sovrano, la sua volontà esprime quella del popolo; il potere di fare le leggi spetta al Parlamento: ha legiferato il raddoppio del punteggio ed ha definito le scuole di montagna; tu cosa vuoi? Stà zitto e rispetta la legge!
A parte il fatto che ho i miei seri dubbi sulla volontà del popolo italiano di raddoppiare il punteggio per il servizio prestato in scuole di montagna (peraltro, da individuare) esiste un principio di razionalità che non consente agli onorevoli deputati e senatori di fare delle sovrane ca...volate! Di fare leggi dalle conseguenze paradossali (e devastanti, come diremo più avanti)! Capisco la fretta con cui si è proceduto alla conversione del D.L., ma “la gatta frettolosa fece i gattini ciechi”; e spiace constatare come una norma così aberrante e fondata su leggi non più in vigore, sia sfuggita anche all’attenzione del Capo dello Stato.

A tale assurda situazione cerca di porre rimedio la nota del Miur 3/6/2004, prot. n. 29; viene predisposto “l’elenco completo” dei Comuni di montagna (All. D), classificati come tali “ai sensi della legge n. 991/1952”. L’improbabile elenco di cui all’All. D, non tiene conto del fatto che la legge citata è stata abrogata, come detto sopra, e che in tali Comuni le condizioni di vita non sono più quelle del 1952.
Per quanto riguarda l’infelice espressione parlamentare “scuole di cui almeno una sede è collocata in località situata sopra i 600 metri dal livello del mare”; la citata nota 3/6/2004 n. 29 corre ai ripari dandone un’interpretazione limitativa, considerandola una condizione aggiuntiva: la scuola non solo deve essere situata in uno dei Comuni di cui all’All. D, ma deve, inoltre, avere almeno una sede ad altitudine superiore ai 600 metri. Tale interpretazione non ci convince; perché ai sensi della (abrogata) legge n. 991/1952, la superficie del Comune doveva essere collocata (almeno all’80%) ad altitudine superiore ai 600 metri: ovvio, quindi, che le scuole situate in tali Comuni abbiano “almeno una sede” situata oltre i 600 metri. Allora, o l’infelice espressione di cui sopra è pleonastica, ripete cioè una condizione implicita nella definizione di Comune di montagna, o ha un altro significato: cioè, non è una condizioneaggiuntiva e limitativa; al contrario è un’interpretazione (paradossalmente) estensiva della definizione di “Comune di montagna” già contenuta nella legge n. 991/1952.

Dobbiamo aspettare che sia la Corte Costituzionale a far saltare le nuove graduatorie permanenti di terza fascia? E nell’attesa, si conferiranno nomine a tempo indeterminato sulla base di tali graduatorie? Chi risarcirà i docenti che ne risulteranno danneggiati? Non sarebbe preferibile (e più saggio) porci riparo subito ed eliminare l’infelice definizione parlamentare delle “scuole di montagna”? Anzi, come dirò più avanti, eliminare completamente la lett. h) della nuova tabella di valutazione dei titoli di servizio?

La conseguenza devastante di tale valutazione è lo stravolgimento dell’ordine delle graduatorie permanenti di terza fascia e la violazione del principio generale della salvaguardia dei diritti acquisiti; considerato che finora i docenti collocati nelle prime posizioni delle graduatorie hanno scelto le sedi più comode (cosa buona e giusta) lasciando le sedi disagiate (di montagna) ai colleghi posizionati in coda alla graduatoria, saranno questi ultimi - grazie al raddoppio del punteggio - a schizzare ai primi posti delle graduatorie e a prendersi le poche nomine in ruolo disponibili. Evangelicamente, gli ultimi saranno i primi (ma nel Regno di Dio, non anche nelle graduatorie permanenti!).

Per non parlare poi di quei docenti che hanno avuto la “fortuna” (è il caso di dire) di nascere, crescere e vivere al di sopra dei 600 metri, i quali - senza alcuno stress particolare - hanno insegnato praticamente sottocasa e usufruiranno ugualmente di un raddoppio di punteggio letteralmente calato dal cielo! E che dire di quei docenti che hanno insegnato in una provincia montuosa e si trasferiscono in una provincia “non montuosa”? Andranno a togliere immediatamente il posto ai colleghi di quest’ultima provincia. E dei docenti che vivono iin un Comune di montagna, ma insegnano in pianura, percorrendo all’inverso il tragitto degli altri colleghi che usufruiscono del raddoppio?
Sono conseguenze talmente eversive di ogni ordine (di graduatoria, di anzianità, di merito, di diritti acquisiti) che mi chiedo sbalordito: veramente i nostri parlamentari volevano raggiungere questi risultati?
Ma la vicenda delle scuole di montagna merita ben altre considerazioni. La legge 1/3/1957, n. 90 - peraltro, espressamente richiamata nella lett. h) - si riferiva alle sole scuole elementari per via della loro capillare diffusione sul territorio, anche in zone particolarmente disagiate; zone nelle quali non sono mai esistite “scuole di ogni ordine e grado”, né avrebbero potuto esistere, data la poca consistenza della popolazione residente e lo scarsissimo numero di alunniche avrebbero potuto frequentarle. La stessa legge citata limitava il concetto di “scuola elementare in montagna”: richiedeva non solo che si trattasse di scuole situate in Comuni di montagna ai sensi della citata legge 25 luglio 1952, n. 991 (legge poi abrogata da altra legge anch’essa abrogata), ma anche che fossero “scuole pluriclassi, con uno o due insegnanti... situate in zona disagiata” (art. 2, legge n. 90/1957 citata), con obbligo per l’insegnante di risiedere nella sede di servizio (art. 4, comma 2); con obbligo per il Comune di “fornire gratuitamente un conveniente alloggio agli insegnanti elementari” (art. 5). Per tali insegnanti, l’art. 3 prevedeva “il diritto alla promozione anticipata di un anno alla classe superiore di stipendio” se docenti di ruolo; “il diritto ad una speciale valutazione del servizio prestato nelle sedi anzidette” se docenti non di ruolo. Da qui nasce il raddoppio del punteggio, ma solo per le scuole elementari che rispondessero ai requisiti sopra riportati. Erano tempi eroici e si trattava di zone veramente disagiate, dove l’angusto alloggio del maestro era privo di acqua corrente, luce elettrica e servizi igienici; per raggiungere le quali bisognava percorrere a piedi chilometri e chilometri arrampicandosi su per sentieri fangosi e scoscesi e attraversando torrenti in piena saltando da un masso all’altro; nella migliore delle ipotesi, a dorso d’asino. Non è questa una visione romantica della scuola di montagna degli anni Cinquanta: è l’esperienza personale di chi scrive, allora poco più che ventenne, per sei anni insegnante elementare in scuole di montagna e di campagna. Quelle erano le vere (e uniche) scuole di montagna!.

Sono passati più o meno cinquant’anni da allora e la situazione in Italia è radicalmente cambiata; strade, superstrade, autostrade, mezzi di trasporto pubblici e privati consentono di raggiungere in tempi ragionevoli e con una certa comodità, la maggior parte delle scuole e dei Comuni di montagna, salvo riprovevoli eccezioni; tanto che non esiste più l’obbligo di residenza per l’insegnante. Se tornassi oggi in quelle zone in cui ho insegnato allora, quasi certamente ci arriverei in automobile e troverei i mei ex alunni davanti al televisore e i loro figli o nipoti davanti al computer.

Oggi, nel 2004, non ha più senso richiamarsi ad una normativa di cinquant’anni fà, che si ispirava a situazioni come quella sopra descritta, e per di più estenderla alle “scuole di ogni ordine e grado” ben sapendo che - anche allora - tali scuole erano ubicate nei centri urbani più popolosi, raggiungibili - anche allora - con i mezzi pubblici dell’epoca, in cui le condizioni di vita erano ben diverse da quelle delle “scuole elementari di montagna di cui alla legge 1 marzo 1957, n. 90”; per tali considerazioni la normativa dell’epoca prevedeva “una speciale valutazione del servizio prestato nelle sedi anzidette” soltanto per la scuola elementare: perché le altre scuole “di ogni ordine e grado” non sono state mai ubicate in tali sedi, non hanno mai corrisposto alle condizioni richieste per essere equiparate alle scuole elementari di montagna.

E’ sorprendente che per cinquant’anni il legislatore non abbia mai previsto alcun beneficio particolare per le “scuole di ogni ordine e grado” di montagna e lo preveda oggi, quando le condizioni di vita sono radicalmente mutate. La conclusione logica è che il beneficio concesso alle scuole di montagna, vada completamente eliminato perché anacronistico. Ancor più non ha senso estendere il beneficio del raddoppio del punteggio a tutte le scuole situate oltre i 600 metri - o, peggio, che abbiano “almeno una sede” in località ubicata sopra i 600 metri dal livello del mare - nelle quali non si sono mai verificate le condizioni richieste dalla richiamata legge n. 90/1957; senza fare preciso riferimento alle condizioni orografiche della zona, alla viabilità, ai mezzi di trasporto, alle leggi regionali; perché, al di là dell’ubicazione al di sopra o al di sotto dei 600 metri, il raddoppio del punteggio può giustificarsi soltanto per le scuole situate in zone veramente disagiate, certamente non per quelle (specialmente di secondo grado) ubicate in grossi centri urbani (Enna, Potenza, Caltagirone, ecc.) da anni ormai facilmente raggiungibili in macchina o con autobus di linea che consentono al docente il quotidiano rientro nella propria sede di residenza.
Il solo requisito dell’altitudine non è sufficiente per giustificare un così grosso premio. Così come previsto dalla lett. h) del punto B della tabella di valutazione dei titoli, il raddoppio del punteggio diventa un autentico regalo ingiustificato a chi, per caso per scelta di vita o per posizione occupata in graduatoria, si è trovato ad insegnare in località situata oltre i 600 metri di altitudine; con le conseguenze sovversive, stravolgenti, devastanti di cui si è detto sopra.
Se si vuole proprio premiare taluni docenti, il criterio non può essere soltanto quello dell’altitudine superiore ai 600 metri che non è più - ma non lo era neanche negli anni Cinquanta - sinonimo di zona disagiata.

Altra considerazione da farsi - che non investe solo la questione delle scuole di montagna, ma l’intero impianto del D.L. e la legge di conversione - riguarda l’assoluta novità di avere disposto una tabella di valutazione dei titoli (da sempre approvata con decreto ministeriale, cioè con un atto amministrativo) con legge dello Stato. Nella premessa al D.L. si giustifica tale soluzione con il fatto che i “criteri previgenti definiti con provvedimenti amministrativi... hanno determinato una mole di contenzioso tra le diverse categorie di personale inserito nelle graduatorie”; per liberarsi da tale mole di contenzioso presso i Tar e il Consiglio di Stato, i cervelloni “creativi” del Miur si inventano una tabella di valutazione dei titoli deliberata dal Parlamento sovrano con legge dello Stato: così non ci saranno più ricorsi al Tar-Lazio o ad altri Tar. Non hanno pensato i suddetti cervelloni (o forse l’hanno pensato, ma se ne sono fregati) che operando in tal modo si viola l’art. 24 della Costituzione, che citiamo: “Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi”. La trasformazione della tabella di valutazione da atto amministrativo a legge, priva i cittadini-docenti del diritto costituzionalmente garantito alla tutela dei propri interessi legittimi: anzi, è un escamotage per cancellare la categoria degli interessi legittimi ed impedire al cittadino-docente di ricorrere al giudice amministrativo; e per sottrarre al giudice amministrativo una materia che sarebbe invece di sua competenza. Altra osservazione: a nostro avviso, il Parlamento non poteva modificare la tabella di valutazione dei titoli predisposta inizialmente dal Miur, perché la stessa - come dice l’art. 1 del D.L. - è soltanto “allegata al presente decreto”, non si dice che ne sia parte integrante; Camera e Senato potevano quindi modificare e integrare il testo del D.L., ma non anche la tabella di valutazione dei titoli che resta un atto amministrativo “allegato” al decreto legge. A parte il fatto che qualche giudice di Tar potrebbe comunque ritenere la propria competenza, considerato che la tabella di valutazione dei titoli resta pur sempre sostanzialmente un atto amministrativo, avrei vaghezza di sapere cosa ne pensa la Corte Costituzionale, sempreché qualcuno decida di devolvere la questione alla Consulta.

Tra diritti acquisiti stravolti, competenze regionali ignorate (art. 117 Costituzione), interessi legittimi repressi (art. 24 Costituzione) e quant’altro, penso che non manchi la materia prima per dare lavoro alla Corte Costituzionale."


Vito Cardella
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 Gildains    - 10-06-2004
Precari della scuola si ricomincia daccapo.

La lotteria dei punteggi: una vergogna nazionale.

La Gilda prepara ricorsi.

Le modifiche apportate dal Parlamento in sede di conversione del Decreto legge costringono tutti precari di terza fascia a ripresentare, a distanza di pochi giorni, la domanda e a riscrivere nuovamente complicatissimi modelli; un accanimento burocratico, incivile, iniquo e con effetti retroattivi contro il quale la GILDA presenterà ricorsi collettivi.

Dopo l’annosa vicenda che aveva visto rifare più volte le graduatorie dei docenti precari, a seguito di numerose bocciature da parte dei TAR delle tabelle di punteggio predisposte dal Ministero dell’Istruzione, l’incredibile odissea dei precari della scuola continua con una nuova puntata.

Entro il 21 maggio scorso migliaia di precari avevano dovuto presentare le proprie domande in base ad un Decreto legge varato dal Governo, ora – in sede di conversione legge – il Parlamento ha apportato delle forti modifiche per cui entro il prossimo 14 giugno i precari sono nuovamente in corsa per ripresentare le domande.

Del tutto inopinatamente è stata votata infatti una norma (con valore retroattivo) che raddoppia i punteggi per i servizi prestati “nelle scuole di montagna”, considerando come tali tutte quelle scuole che abbiano almeno un edificio situato sopra i 600 metri (in pratica gran parte del territorio nazionale).

L’effetto pratico consisterà in un totale sconvolgimento delle graduatorie che porterà i docenti che hanno lavorato in pianura a trovarsi retrocessi nelle graduatorie per l’assunzione in ruolo e per l’assegnazione delle supplenze temporanee.

Un’insperata fortuna per chi ha lavorato nelle scuole privilegiate e la disperazione per chi si troverà retrocesso nelle graduatorie solo per aver insegnato in una scuola al livello del mare.

La GILDA degli insegnanti di fronte a simili palesi ingiustizie ha già incaricato il proprio studio legale di predisporre un ricorso collettivo nazionale contro le nuove tabelle di valutazione.

Il Coordinatore nazionale

Alessandro Ameli

Roma, 9 giugno 2004

 alfio    - 16-07-2004
Sono perfettamente d'accordo, tutto è cambiato da quando è stata emanata la legge 90/1957, ma delle modifiche avvenute sul nostro stile di vita, chissà perchè, chi siede sugli scranni parlamentari, provincia-regione-stato, sembra non accorgesene

 Giampiero Carnevale    - 24-05-2005
Salve!
Sono un giovane neolaureato in filosofia e storia presso l'università degli studi di Roma Tre. e vorrei insegnare in un piccolo centro di montagna...
come posso fare?

Giampiero