Pierangelo - 22-05-2004 |
Fido Bondi dixit: "è paragonabile a quello di un bambino maleducato delle differenziali". Quando facevo le scuole elementari dal 1966 al 1970 nel plesso, ubicato nel cuore del quartiere Madonnella di Bari, che ancora oggi si chiama "Scuola Balilla" e che è stato frequentato anche dalle mie due figlie, mi ricordo che c'erano veramente le classi differenziali, nelle quali venivano inseriti tutti i bambini che presentavano qualche problema con la scuola: quelli restii alla scolarizzazione (cioé i più discoli), quelli che presentavano un apprendimento più lento o difficoltà di espressione ed i portatori di handicap soprattutto mentale (i bambini con la polio, che a quei tempi erano tantissimi rispetto ad adesso, frequentavano invece le classi normali). Ricordo che il maestro usava con noi come extrema ratio la minaccia di chiedere al direttore il nostro spostamento in una di quelle classi "differenziali" se non ci fossimo comportati bene. Erano tempi cupi e noi eravamo un po' tonti, per cui una tale minaccia ci terrorizzava. Io in particolare ero preso tra due fuochi, perché a casa mia madre mi faceva intravedere lo spettro del "collegio" ed io ci credevo ed anche per questo mi impegnavo a scuola. Visto col senno di poi, mamma non avrebbe mai avuto i soldi per "mandarmi in collegio". Ma un'estate dal signor Enzo, il panciuto salumiere di sotto casa, a portare le spese a domicilio, era un pericolo ben più concreto, che però sono riuscito ad evitare. Negli ampi corridoi della Balilla, dove andavamo al gabinetto ad orario, in fila per due a passo di marcia, con lo scudetto, attaccato con le ciappe al grembiule, che indicava a numero romano la classe frequentata, ed il capoclasse che sembrava un caporale mentre scandiva "unò, unò, unò duè unò... passoooo" e noi "budubùm" da far venire giù i solai del corridoio, incontravamo i bambini delle differenziali. Mai scambiato una figurina con uno di loro, li guardavamo con commiserazione mista a curiosità, a volte soltanto leggermente invidiandoli perché in fondo se loro facevano un po' più di casino di noi a loro era concesso. Stavano alle differenziali: studiavano di meno perché poveracci "non ci arrivavano", li si metteva a "scaldare il banco" solo perché la scuola, ahimé, era obbligatoria anche per loro che, miserelli, non "erano tagliati" per gli studi. Questa si chiamava la cultura della separazione, vero e proprio apartheid, come i bianchi ed i neri in Sudafrica che non potevano salire sullo stesso autobus. Nel frattempo grandi conquiste sociali sono arrivate anche in Italia (alcune tuttora osteggiate da gente che allora era fuori dell'arco costituzionale ed ora si trova, miracolato, al governo del paese: in particolare quello che da loro, rimasti fascisti, viene considerato il male numero uno, la scuola media unica). Non sono nate come funghi, ma sono state il frutto di una cultura diversa: la cultura dell'integrazione. La visione dell'uomo dei cattolici e della sinistra è in antitesi con la visione dell'uomo dei fascisti e dei liberisti. Questi ultimi continuano ad ispirarsi al mito del Superuomo, ad un darwinismo sociale male inteso e nel campo educativo spesso senza mezzi termini hanno come modello gli Spartani della rupe Tarpea. Bondi, pur avendo militato a sinistra, è un autorevole esponente della cultura della separazione e della non solidarietà. Si dirà che se uno vuole rimanere "politically correct" certe cose le pensa ma non le dice. Ma prima o poi l'inconscio prende il sopravvento ed allora ecco le gaffes. Nel mio piccolo faccio l'insegnante anche per trasmettere, soprattutto con l'esempio, atteggiamenti improntati alla solidarietà, all'integrazione, alla legalità, al rispetto dei diritti umani. Per questo i miei ragazzi di terza il primo giorno di scuola vengono da me avvertiti che è severamente vietato apostrofare i compagni con epiteti abbastanza comuni come "handicappato", "mongoloide", "ricchione", "leccese" (incomprensibile odio tra tifoserie), "rabbino" (inteso come persona attaccata al denaro), "albanese" o "negro". Altrimenti avvierò azioni disciplinari. Mi guardano sorpresi, ma alla fine, anche per il quieto vivere, mi accontentano. Chissà Bondi che scuole ha fatto. Peccato se non ha mai avuto come insegnante un itp. Peccato per lui, naturalmente. |