Paola Ugliano - 23-02-2004 |
Ne ha parlato anche la trasmissione fahreneit, su radio3. (si puo' riascoltare collegandosi a www.fahre.rai.it) Riflettendoci, sono giunta alla conclusione che creare classi di questo tipo rischi di creare dei ghetti e un ulteriore gap tra ricchi e poveri. Il punto non è isolare i geni dai meno dotati (anche se, per esperienza vissuta tramite mio figlio, classi di soggetti con capacità di base simili approdano a risultati migliori che classi troppo eterogenee), ma creare classi numericamente gestibili, in cui sia davvero possibile aiutare ciascun ragazzo a tirar fuori il meglio di sé. Con le politiche dei tagli siamo arrivati a classi che superano i 30 alunni: altro che educazione personalizzata! Personalmente, ritengo che il confronto fra soggetti diversi permetta una maggiore e più rapida maturazione e un confronto democratico. Quindi, mi sento di non condividere quest'impostazione. |
pino patroncini - 24-02-2004 |
Ho seguito fin dal luglio scorso sul Guardian i passi di questa riforma e concentrare, come fa Repubblica, l'attenzione sulla questione dell'età e delle competenze non mi sembra colga l'elemento principale di questa riforma, anzi ne travisi proprio il senso. Il problema più grosso degli inglesi non sono infatti i bravi alunni che si annoiano a scuola o le eccellenze che non sono valorizzate, anche se la riforma affronta anche questo aspetto. Il problema è la dispersione scolastica, proprio come da noi, ma in modo differente dal nostro, visto che in Gran Bretagna l'obbligo scolastico è fino a 16 anni e non fino a 14. Infatti una volta terminato l’obbligo, a 16 anni, oltre il 25% dei diciassettenni d’oltremanica non frequenta più e della restante parte molti sono inseriti in corsi professionali molto parziali. Nel 2000 solo il 58% degli alunni diciassettenni studiava nella formazione a tempo pieno, collocando l’Inghilterra al 25° posto tra i 29 paesi dell’Ocse per regolarità degli studi e mantenendo assai basso il numero dei passaggi all’università. Inoltre circa il 60% degli studenti risultava insufficiente nelle prove di matematica e di inglese. Questi sono i dati preoccupanti su cui la commissione ministeriale presieduta da Mike Tomlison ha lavorato! Per risolvere il problema la chiave di volta dell’operazione è stata individuata nell’istituzione di un diploma al posto della confusione costituita dalle diverse certificazioni di competenze in uso in Gran Bretagna. Un provvedimento che si traduce sia in una più rigorosa omogeneità dei percorsi che in un riaccorpamento dei diversi corsi per uscire dal “minestrone alfabetico” a cui, secondo la commissione, sarebbe ormai ridotta la scuola secondaria inglese: 3700 corsi di studio con altrettanti programmi e circa 800 differenti qualifiche dentro cui devono districarsi gli alunni britannici. I diplomi di livello tra i 14 e i 19 anni dovrebbero perciò diventare quattro: di entrata (a 14 anni, corrispondente grosso modo alla nostra licenza media), di base ( a 16 anni, al termine dell’obbligo scolastico), intermedio (corrispondente a una nostra qualifica) e avanzato ( corrispondente alla nostra maturità). I diplomi dovrebbero avere la stessa struttura fondante suddivisa in tre parti: il nucleo centrale, gli apprendimenti fondamentali e le abilità comuni. Il nucleo centrale obbligatorio dovrebbe essere costituito da un livello minimo di preparazione nei calcoli, nella comunicazione e nelle tecnologie informatiche, al posto delle più tradizionali discipline di matematica e di inglese. Ma dovrebbero essere riconosciuti anche progetti e attività personali (sport, volontariato, lavoro). Gli apprendimenti fondamentali dovrebbero costituire la parte più consistente del curricolo, dovrebbero essere scelti dall’allievo in coerenza con l’indirizzo desiderato e dovrebbero comprendere specialismi sia accademici che professionali. Le abilità comuni dovrebbero includere l’autoconsapevolezza, le abilità nelle relazioni interpersonali e quelle relative alle tecniche di studio e di lavoro. Fino a 16 anni i ragazzi continuerebbero seguire il curricolo stabilito per legge, fatta eccezione per alcune attività opzionali non vincolanti per la specializzazione futura. Dopo i 16 anni gli alunni dovrebbero invece essere in grado di optare per diplomi “specialistici” o per diplomi “aperti”. Quindi è ben altro il senso di questa riforma, soprattutto se si ha chiaro quali differenze strutturali ci sono state finora tra la scuola inglese, absolutely free, potremmo dire, e quella del continente, la nostra compresa. Anzi possiamo dire che mentre da noi il MIUR sta spacciando per flessibilità curricolare la segregazione sociale tra licei e professionali e l’improvvisazione di percorsi formativi affidati all’inventiva delle regioni, il ministero dell’educazione britannico, che la flessibilità curricolare l’ha, per così dire, inventata e portata alle estreme conseguenze, sta rientrando rapidamente da questo sistema, reputandolo causa di una dispersione scolastica insostenibile. Mentre da noi si decanta l’abolizione del valore legale del titolo di studio sostituito da un portfolio di certificazioni, in Gran Bretagna si vuole fare marcia indietro e si vuole rafforzare il titolo, proprio per uscire dalla giungla delle certificazioni. Mentre da noi si vogliono anticipare le scelte di indirizzo dei ragazzini, in Gran Bretagna si ribadisce che fino 16 anni vige il curricolo obbligatorio per tutti. |