breve di cronaca
Ecco la scuola della devolution
La Repubblica - 11-01-2002
La riforma, sette pagine e otto articoli, è pronta per il consiglio dei ministri. Oggi le ultime consultazioni

Ecco la scuola della devolution

Il ddl Moratti passa alle Regioni gli istituti professionali

Letizia Moratti spinge sull'acceleratore. Vuole la «sua» riforma della scuola prestissimo in Consiglio dei ministri. Per le eventuali correzioni ci sarà tempo, al limite, durante l'iter parlamentare. Il ministro dell'Istruzione ha infatti stretto i tempi sulla bozza messa a punto in queste settimane. Sette pagine, otto articoli, che sono il condensato della sua rivoluzione: percorso scolastico che comincia a cinque anni e mezzo e finisce almeno dodici anni dopo, una lingua straniera già alle elementari (due alle medie), e stage di lavoro nelle imprese durante i cinque anni delle superiori. Novità per gli esami, con alcune prove che saranno gestite dall'Istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione (di cui proprio ieri è stato insediato il consiglio di amministrazione). Per i docenti, ci sarà una laurea specialistica con valore abilitante e un tirocinio di almeno due anni da svolgere con contratti di formazione e lavoro. Resta infine la questione dell'istruzione professionale, che in ottemperanza con i principi della devolution dovrebbe passare da subito alle regioni.
L'attività del ministro, negli ultimi giorni, si è fatta febbrile. Ieri ha incontrato i sindacati e i rappresentanti delle regioni. Oggi sarà la volta della Conferenza dei rettori e del Consiglio nazionale della pubblica istruzione. A tutti, la Moratti ha illustrato la bozza del disegno di legge. Raccogliendo però reazioni non entusiastiche. «Tutto come prima, ma con dei peggioramenti», ha commentato la Cgil scuola. «Rimane l'attuale sistema scolastico ma ci si iscrive prima. C'è inoltre una separazione rigida tra istruzione e formazione professionale e si introduce un avviamento precoce al lavoro».
Ma anche dagli enti locali sono arrivate critiche. La riforma prevede infatti il passaggio completo dell'istruzione professionale dallo Stato alle regioni. Un trasferimento che riguarderà uno studente su quattro, e renderà difficile mantenere standard omogenei. La Moratti ha suggerito di affrontare la questione in un provvedimento ulteriore — da studiare d'intesa con la conferenza Statoregioni — che chiarirà i diritti degli studenti e dei docenti, e stabilirà una soglia di qualità sotto la quale lo Stato sarà chiamato a intervenire. L'idea non ha convinto del tutto. Innanzitutto per una questione di metodo: il ministro si è detto disposto a discutere modifiche della riforma soltanto dopo il sì del governo. Ma le perplessità hanno riguardato anche il merito. Tra i rilievi più polemici, quello dell'assessore alla Cultura della Regione Campania Adriana Buffardi: «Molti dubbi delle regioni non sono stati chiariti, così come non è chiaro il percorso del trasferimento delle competenze per l'istruzione professionale».

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