L'ineffabile Prof. Bertagna e la scoperta del territorio
Dedalus - 26-11-2003
Le illuminanti affermazioni del prof. Bertagna non cessano di stupirci, come pure la sua capacità creativa di "innovazione" e di trasformazione continua.
Nella fase preparatoria della legge 53/2003, il prof. Bertagna coordinava il Gruppo Ristretto di Lavoro costituito dal Ministro Moratti con decreto del 18 luglio 2001. Nel documento conclusivo dei lavori presentato poi agli Stati generali il 19-20 dicembre 2001 (vedi in particolare le "Raccomandazioni al Ministro") non solo si proponeva di "collegare in un percorso, continuo e progressivo, la scuola elementare e la scuola media" (un "biennio di transizione" che comprendeva l'ultimo anno di S.E. e il primo anno di S.M.), ma addirittura, in questa prospettiva, si raccomandava "lo sviluppo ulteriore del modello dei comprensivi", una loro diffusione e generalizzazione. Com'è noto, così non è andata: la legge di riforma 53/2003 ribadisce la netta separatezza dei due gradi di scuola, ridenominati "primaria" e "secondaria di primo grado" e si "dimentica" dell'esistenza dei comprensivi (oltre il 43% delle scuole di base sul territorio nazionale).
Nel frattempo il prof. Bertagna ha cambiato idea: al recente convegno milanese dell 'Anci "sul primo decreto attuativo della legge 53/2003 e sui modelli organizzativi" ha praticamente tacciato di "statalismo" la posizione dell'Anci, favorevole al riconoscimento e alla generalizzazione delle scuole comprensive ("Qui si rimpiange lo statalismo: ma perché mai lo Stato dovrebbe imporre questa scelta unica per tutti? Non sopporto e non reggo questo statalismo…").

Sempre nelle proposte del Gruppo di lavoro si suggeriva esplicitamente l'idea di ridurre l'orario obbligatorio del curricolo scolastico, o meglio, di configurarlo diversamente, con una quota obbligatoria (27 ore settimanali nella scuola primaria) cui affiancare una quota facoltativa di 3 ore (per attività differenziate a libera scelta delle famiglie). Questa idea di "riduzione" del tempo scolastico è stata sostanzialmente ripresa nello schema del decreto attuativo, con una variante in più: la possibilità da parte delle scuole di ricorrere a contratti con "esperti esterni" per le attività delle ore aggiuntive/facoltative o parte di esse.
Nel corso del convegno Anci, il prof. Bertagna ha introdotto un nuovo elemento. In pratica - dice il prof. Bertagna - "la parte della scuola può essere svolta nelle 891 ore (le 27 ore settimanali) per le altre ore deve essere creata un'offerta coordinata sul territorio, se non vogliamo che alle famiglie siano offerti solo laboratori di piffero".
Non solo ma anche all'offerta dei LARSA (che sta per "laboratori per il recupero, lo sviluppo, l'approfondimento") devono concorrere le strutture territoriali: "Quest'offerta non può essere solo della scuola, ma deve essere un'offerta coordinata ed organica con il territorio (…) la famiglia potrà scegliere le 891 ore in una scuola e le altre in altre scuole e, perché no?, in altre offerte territoriali, a partire da quelle del Comune". Come dire, in pratica, che si riduce l'orario scolastico e si lascia ad altri soggetti (o esperti esterni a pagamento, o interventi integrativi da parte dei Comuni) la possibilità di riempire le ore aggiuntive o facoltative.

Di fronte alle perplessità espresse dall'Anci e alla domanda posta dal responsabile della sua Commissione scuola nazionale, Massimo Nutini "… ma la scuola, si ritira?", Bertagna risponde di fatto prefigurando "un'offerta formativa territoriale che possa integrare le offerte delle scuole per le attività aggiuntive e facoltative".
Come diversivo non c'è male, specie se si tiene conto dei tagli ai finanziamenti agli enti locali disposti dalle ultime finanziarie. In un contesto di maggior restrizione di risorse sembra alquanto improbabile che i Comuni possano e/o vogliano subentrare allo Stato nel "completamento" dell'offerta formativa che, per quanto riguarda il tempo scuola e l'orario scolastico vero e proprio viene comunque ridotta e delimitata. Come pure è evidente, da tempo, la preoccupazione dell'Anci per il tempo mensa, che dovrebbe continuare ad essere "gestito dalla scuola come momento educativo" (vedi gli emendamenti al decreto proposti in questo senso dall'Anci in sede di Conferenza unificata).
Ci viene allora il dubbio che siano altri gli enti o i soggetti "territoriali" che potrebbero subentrare, naturalmente a pagamento. Ad esempio le cooperative educative che a Milano già gestiscono (in appalto) i servizi di prescuola e giochi serali e/o svolgono un servizio di assistenza educativa sugli alunni con handicap, oppure altre agenzie (società sportive, musicali, ecc.).

Insomma questo ci riporta al punto di fondo: in realtà il modello di scuola "statale" che si ha in mente è sostanzialmente quello di un tempo scuola ridotto (mattino, con al massimo uno o due rientri) con completamenti di orario pomeridiani a cura di altri soggetti (ente locale se disponibile, privato, cooperative varie). La versione moderna della vecchia "scuola del mattino più le attività integrative", antecedente la diffusione del Tempo Pieno. Perché questo, al di là delle roboanti parole e degli immaginifici scenari della Riforma, si cela dietro "l'ampliamento dell'offerta formativa delle scuole" prospettato dal Min. Moratti e dal prof. Bertagna.
Ah, la "modernizzazione"…!



Da Scuola Oggi
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 Red    - 25-11-2003
E a proposito di Tempo e Tempi modificati, leggiamo in Cgilscuola:

I tre tempi della scuola media

Il primo decreto attuativo della controriforma Moratti, quello che riguarda il primo ciclo di istruzione(scuola elementare e media) e la scuola dell’infanzia, sta compiendo il suo percorso di consultazione (Conferenza Stato-Regioni, commissioni cultura, CNPI).
Al termine di tale percorso, la pubblicazione sulla G.U. ne sancirà la definitiva traduzione in legge e pertanto la sua applicabilità.
Se questo avverrà a partire dal prossimo anno scolastico o da quello successivo, non lo sappiamo, dipende dai tempi di approvazione definitiva del decreto, in ogni caso da quel momento l’assetto organizzativo della nostra scuola media, verrà sconvolto dai tre tempi della controriforma Moratti.
Probabilmente la consueta astrattezza dei dibattiti politico – culturali e l’impermeabilità ai cambiamenti della burocrazia ministeriale spingono molti ad una sottovalutazione dell’impatto che ci attende.
E’ utile pertanto guardare da vicino la nuova organizzazione introdotta dal decreto, organizzazione di cui sono parte essenziale i tempi scuola.

Non si parla più di orari settimanali, parametro di misurazione della didattica e del servizio a cui siamo abituati, ma il Decreto introduce il concetto di orario annuale, per tre tempi diversi della didattica:

- 891 ore di tempo obbligatorio per tutti gli alunni, dentro tale tempo devono collocarsi tutte le discipline di studio arricchite dallo studio di una seconda lingua straniera e dall’informatica, più sei nuove educazioni
- 198 ore di tempo opzionale facoltativo rivolte solo agli studenti che scelgono tale offerta all’atto dell’iscrizione, tale tempo è rivolto a consentire la personalizzazione dell’offerta formativa
- un tempo indefinito dedicato alla mensa

Prima questione: all’aumento delle discipline (2 + 6 educazioni), fa da contromisura la diminuzione del tempo ad esse dedicato, infatti le 891 ore annuali corrispondono ad un orario settimanale di 27 ore. Un rapido calcolo porta a concludere che ciò determina una contrazione di cattedre. Un taglio secco che produrrà soprannumerari, trasferimenti e forse riconversioni.
Seconda questione: l’organico, dice il decreto, verrà attribuito sulla quota di orario obbligatoria e opzionale.
Non cambia nulla allora visto che le due quote complessivamente producono un offerta di 33 ore(27+6)?
Nulla garantisce che questa sia l’interpretazione corretta infatti:
1) l’estrema variabilità della quota opzionale, data dall’imprevedibilità della richiesta delle famiglie, provoca il fatto che di anno in anno il bisogno di cattedre possa cambiare e che dentro lo stesso anno la quantità di alunni che chiede un certo insegnamento possa variare da 1 ad un massimo pari agli alunni della classe;
2) il decreto parla,genericamente, di organico di istituto, da attribuire per i due tempi, obbligatorio ed opzionale.
E’ pertanto del tutto plausibile dedurre che si attribuirà un organico di diritto sulla quota obbligatoria e un organico di fatto sulla quota opzionale.
Ecco dunque che gli scenari possibili sono: un organico stabile ridotto, più una quota variabile di supplenti ed esperti, negli spazi non coperti dalle ore eccedenti (fino a 24) dei docenti stabili.
Terza questione: il tempo indefinito dedicato alla mensa non sarà più un tempo educativo, e sarà indefinito perché la sua attuazione dipenderà dalle volontà e dalle possibilità economiche degli enti locali. Qui potrà succedere di tutto: mense sostenute con il contributo delle famiglie e l’assistenza di personale non educativo, panino al sacco o soluzioni simili. Quel che è certo è che si tenderà a riprodurre la scuola del mattino, comprimendo le 27 ore in orario solo antimeridiano e le attività del pomeriggio potranno assumere caratteristiche di doposcuola o di laboratori per l’eccellenza dove gli alunni più bravi e fortunati potranno godere di un’offerta aggiuntiva.

Proprio un bel passo in avanti per una scuola che dovrebbe attrezzarsi per rispondere alla sfida rappresentata dalla società della conoscenza!

Roma, 24 novembre 2003

 UMBERTO TENUTA    - 30-11-2003
Due osservazioni:
1) La scuola, anche quella a tempo pieno (dal 1971 al 2001) ha saputo dare MUSICA, EDUCAZIONE MOTORIA, DANZA...?
2) Ma la democrazia non è la riduzione dei poteri dello STATO EDUCATORE e la rivendicazione del diritto delle persone umane (gli alunni ed i loro genitori) a gestirsi la loro piena formazione umana?

Ci sarebbe da aggiungere: stiamo veramente dalla parte degli alunni?

Che poi la Riforma Moratti sia integralmente accettabile è un altro discorso!