Paperopoli tra noi
Pino Patroncini - 31-10-2003
Alcune settimane fa paventavo che dopo il supplementino al settimanale Donna Moderna, il depliant allegato a pagamento al quotidiano La Repubblica, l’opuscoletto allegato, sempre a pagamento (… e Pantalone paga!) al quotidiano La Stampa, potrei aggiungere dopo i manifesti e le agendine copiosamente inviate nelle scuole, il MIUR, ormai ridotto a Ministero della Propaganda, ci avrebbe ammorbato con inserti in tutti i giornali fino a giungere a Topolino.
Ero stato ottimista, perché la cosa non si è fatta attendere così tanto, ma anche buon profeta: infatti con Topolino di questa settimana ecco l’opuscolo “Qui Quo Qua viaggio alla scoperta della Nuova Scuola” stampato in joint venture dal MIUR ( con tanto di intestazione) e la Disney (con tanto di copyright).
In copertina un allegro Paperino ( all’interno sarà un po’ meno allegro come si conviene ad uno mai baciato dalla fortuna) guida un trenino che ha per passeggeri i tre nipotini verso uno sfavillante edificio scolastico la cui eleganza si può trovare certo a Paperopoli, non nelle nostre scuole dove anche i fondi per l’edilizia sono stati taglieggiati.

Paperina al Ministero….

Ma per accorgersi che non siamo di fronte ad un normale fumetto basta aprire la prima pagina dove, davanti ad una classe festante di paperine e paperini, non c’è come si potrebbe pensare la maestra Paperina ma…Letizia Moratti. O meglio una sua foto a firma di una dichiarazione che è la fiera delle ovvietà. D’altra parte non si può pretendere che chi si prepara a selezionare ricchi e poveri, bravi e meno bravi, a separare le discipline teoriche dalle attività pratiche ed anche i relativi docenti lo dica apertamente. Tanto più che nel paese di Cartoonia, come ci ha insegnato Jessica Rabbit, ci si può sempre salvare dicendo “Io non sono cattiva. E’ che mi disegnano così!”

Se non che, tutti intenti, a catturare i bimbi con argomenti caramellosi, con la stessa suadenza con cui alcuni adulti di malaffare li accostano all’uscita delle scuole, i propagandisti del Ministero non si accorgono di alcuni svarioni.
Per non dire neppure “diritto-dovere” ( il termine che dovrebbe sostituire l’obsoleto obbligo scolastico che farebbe tanto “lavori forzati) il ministero tralascia la “dura” parola “dovere” e così si viene scoprire che il diritto, il solo diritto, all’istruzione e alla formazione dura almeno 12 anni fino al conseguimento di un diploma o di una qualifica professionale. Per il seguito sembra che questo diritto non sia garantito. Per la verità noi avevamo sempre pensato che il diritto - non l’obbligo o la gratuità, ma il diritto - all’istruzione fosse illimitato, ma tant’è!
Un riquadro che spiega la relazione tra scuola e famiglia viene intitolato “ Affari in famiglia” , come se l’educazione fosse un panno sporco, uno di quelli del famoso detto “I panni sporchi si lavano in famiglia”. Siamo molto oltre il familismo cattolico di democristiana memoria, che di affari almeno aveva il buon gusto di non parlarne. Questo “affari in famiglia”, diciamocelo, ricorda ben altre famiglie.
A queste cose fanno seguito tutte quelle immagini da paese dei balocchi a cui ormai la propaganda ministeriale ci ha ormai abituato: bambini che imparano a leggere a cinque anni, pargoletti nella scuola dell’infanzia, computer persino nella scuola materna, l’inglese fin dalla prima ( nella “vecchia” scuola si cominciava in terza ci tengono a dire), ecc. ecc.
Tra questi che ormai sono luoghi comuni a cui siamo abituati spiccano però due chicche: le definizioni di tutor e di portfolio.
Tutor, ci viene spiegato, non è una parola inglese come pensavamo ed è inutile che ci si forzi di pronunciarla “tiuto”, è una parola latina e vuol dire colui che dà sicurezza. Perché il compito del maestro unico è dare sicurezza. La parola “perciò va correttamente letta proprio come è scritta: tùtor” (sic! Con l’accento sulla “u”, tanto per capire chi comanda qui!)
Il portfolio invece che cosa è? E’ ( testuale): “ il catalogo dei propri prodotti”. Immagine più commerciale non si poteva usare. A uno viene da chiedere: ci sono anche i prezzi?

…. e Paperone for President

La cosa sicuramente più di effetto è invece il fumetto, la striscia che alla sommità della pagina accompagna la lettura delle istruzioni. Durante una scampagnata alla fattoria di Nonna Papera paperini e paperine si divertono nei prati, ma , incombendo l’inizio dell’anno scolastico, si lamentano della fine delle vacanze. Paperino condivide, ricordando di essere andato forzatamente e malvolentieri a scuola, ma viene rimbrottato, Paperone invece dice “facciamo loro una sorpresa che renderà più piacevole la scuola” e con la complicità di Paperina racconta che la scuola sarà un viaggio, un’avventura chiamata Safares, che consiste nella ricerca del significato di questa parola che sembra alludere all’avventuroso safari. L’entusiasmo tra i piccoli si accende e, dopo una notte in cui Qui Quo e Qua sognano avventure nella giungla e Paperino i ricordi dei vecchi fallimenti scolastici, vanno alla scuola dove li accoglie Pico De Paperis come maestro tutor e Archimede Pitagorico come maestro di laboratorio. Inutile dire che si divertono un mondo tra biblioteche, libri, computer, tanto da non accorgersi che passa la giornata alla fine della quale leggono casualmente il senso della parola Safares, che corrisponde a “sapere, fare e essere” o meglio a “ sapere, saper fare e saper essere”. Se ne tornano a casa tutti felici della scoperta e l’unico che come al solito rimane scornato è il solito Paperino che, deriso dai nipotini, una saccente Paperina rimprovera dicendo “Se anche tu avessi scoperto Safares non sarebbe stato necessario usare la forza per tenerti a scuola”.
L’edificante fumetto però, non si capisce se volontariamente o involontariamente, introduce una serie di sensi nascosti.
L’artefice di tutto è Paperon de Paperoni, che normalmente è l’antipaticissimo ricchissimo e avarissimo zio di Paperino, insensibile a ciò che non butti denaro. E’ un caso ? Non ci vuole molto a capire a chi potrebbe alludere. Il fatto che qui non appaia particolarmente taccagno può essere una concessione all’obiettivo politico, ma la sua identità è indelebile.
Il beffato è invece,come sempre, il povero Paperino, il personaggio che ha fatto la fortuna del fumetto per la sua ironica umanità sulle disgrazie dell’uomo comune. Secondo voi che cosa è preferibile? La petulanza di Paperina o il pensiero divergente di Paperino?
Di fronte a questo vergognoso capolavoro di indottrinamento che non risparmia neanche i bambini mi pare che non ci siano dubbi sulla scelta. Cerchiamo di godercelo ancora prima che le Giovani Marmotte si trasformino nella Berlusc….oops! Paperone-jugend.

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 laura    - 02-11-2003
Critica esilarante! Corro in edicola a cercare questo memorabile documento storico