breve di cronaca
Il crocifisso a scuola
Osvaldo Roman - 28-10-2003
Legalità costituzionale e campagna ideologico fondamentalista

La recente sentenza del tribunale di Aquila sull’esposizione del Crocifisso nelle aule scolastiche ha suscitato un autentica ondata di isterismo confessionale che ha coinvolto le forze politiche di maggioranza e di opposizione, cattoliche, e purtroppo anche laiche, nel tentativo di dimostrare il carattere provocatorio o comunque l’illegittimità della suddetta sentenza. Il famigerato ministro Castelli, senza conoscere il merito della sentenza, ha già preannunciato l’invio di ispettori ministeriali.Non è escluso, dato il modo diffuso di affrontare il problema, che venga attivata anche una commissione di inchiesta parlamentare.
Nella tempesta di reazioni clericali e para clericali manca sempre il merito del problema.
Cioè l’analisi della sentenza in base alla legislazione vigente.
Da tutte le parti si invoca l’importanza del significato del simbolo religioso per la cultura e la storia del nostro paese, cosa peraltro del tutto fuori discussione, e mai si esamina la legittimità della sua esposizione nelle aule della scuola pubblica.
Poiché tale legittimità, fino a prova contraria, non può essere dedotta da motivazioni extra giuridiche, di carattere parafilosofico o religioso o da opportunità politico elettorali del momento, ma esclusivamente dalla legge vigente e dalla interpretazione che ne hanno fino a questo momento fornito gli organismi istituzionali preposti a tale scopo, è opportuno richiamare tale dimensione di merito totalmente esclusa dal dibattito in corso.


I principali fatti giuridici sono i seguenti:


1) Non esiste più lo statuto Albertino sostituito dalla Costituzione repubblicana.
2) Le norme legislative e regolamentari che prevedevano l’obbligo di esposizione del crocefisso nelle classi derivano dallo statuto albertino.
3) La modifica del Concordato apportata nel 1984 abolisce ogni riferimento alla religione di Stato.
4) Un parere del Consiglio di Stato del 1988 e un parere dell’Avvocatura di Stato di Bologna interpretano la situazione giuridica nel senso che il nuovo Concordato non avrebbe modificato la legislazione fascista degli anni venti.
La sentenza della Corte Costituzionale( sentenza n.203/1989) sancisce il principio supremo di laicità dello Stato.
5) La sentenza della Cassazione (IV sezione penale, n.439/2000) tratta dettagliatamente della materia e confuta esplicitamente il parere del Consiglio di Stato


Innanzi tutto ci sembra importante sottolineare con forza che non si tratta qui di uno scontro fra religioni o culture diverse o del pur doveroso rispetto di sensibilità individuali, ma del più ampio tema della laicità dello Stato, che in nessun caso dovrebbe effettuare scelte di campo in materia religiosa essendo, appunto, lo Stato di cittadini cattolici, appartenenti ad altre confessioni religiose e non credenti.
Questo dice la Costituzione, questo affermano numerose sentenze della Corte Costituzionale; e questo afferma anche la più recente sentenza sull’argomento (Corte di Cassazione, Sezione IV penale, n.439, 1 marzo 2000).
L’obbligo di esporre il crocifisso nelle sedi dello Stato venne introdotto dal fascismo subito dopo il suo avvento, prima con disposizioni amministrative (P.I., n.68/1922 e Interni 16 dicembre 1922), poi con Regi decreti (965/1924 e 1297/1928). Queste norme si basavano sul principio della “religione di Stato” presente nello Statuto albertino.
La Costituzione della Repubblica italiana non riconosce più alcuna religione di Stato e sancisce l’uguaglianza dei cittadini, quali che siano le loro convinzioni; Stato e Chiesa cattolica hanno di comune accordo riconosciuto che in Italia non c’è più religione di Stato (“nuovo Concordato”, Protocollo addizionale); la Corte costituzionale ha più volte ribadito il carattere laico dello Stato italiano, fino a considerare la laicità “principio supremo” della Costituzione (sentenza 203/1989).
Questa sentenza annulla di fatto il “parere” con cui il Consiglio di Stato dichiarava ancora legittimo e in vigore l’obbligo di esporre il crocifisso nelle aule: non una sentenza, quindi, ma un “parere” in nessun modo vincolante e per di più in contrasto con i principi costituzionali.
La sentenza della Cassazione citata dall’Avvocatura di Bologna (III sezione penale, n.3064/1998) non è una sentenza definitiva, ma di rinvio alla Corte di Appello. Nella sentenza definitiva (IV sezione penale, n.439/2000 si esamina tutta la materia riguardante l’esposizione del crocifisso nelle sedi statali concludendo che tutte le vecchie disposizioni sono in contrasto con i principi costituzionali di laicità e di eguaglianza e ledono il diritto alla libertà di coscienza in materia religiosa. I giudici della Cassazione ritengono infondato il sovente richiamato “parere”del Consiglio di Stato perché “urta contro il chiaro divieto posto in questa materia dall’art.3 cost.” e precisano che la motivazione del “parere” “è stata espressamente superata da corte cost. 329/97”.
Il parere dell’Avvocatura di Bologna – che inoltre è per l’appunto un “parere”, come quello del Consiglio di Stato, in nessun caso vincolante, - non può quindi considerarsi esaustivo o conclusivo e riteniamo che non debba essere diffuso con modalità che possono trarre in inganno i destinatari ed indurli ad iniziative che, oltre ad essere incostituzionali o, meglio, proprio per questo motivo, possono esporre i dirigenti della scuola ad iniziative legali.

La sentenza del Tribunale dell’Aquila

La giurisprudenza sull’argomento

In particolare: il parere dell’Avvocatura di Bologna





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 ilaria ricciotti    - 28-10-2003
Leggendo gli altri testi e questo,
ora ho più certezze su di "Esso".

Il Crocifisso a scuola è un nuovo problema,
che distoglie da un altro gravissimo tema:

quello della "contoriforma" del Ministro Moratti,
che sta rendendo moltissimi arrabbiati ed insoddisfatti.

Ogni volta che il governo prende delle batoste,
escono fuori, come per incanto, altre tematiche toste.

Ora è la volta del Crocifisso e dell'intolleranza,
che regna nella nostra e nell'altrui stanza.

E' l'animo dei popoli che dovrebbe essere rieducato,
craendo una scuola mondiale all'insegna del rispetto che viene dimenticato.

Le guerre sono un altro esempio di atti di supremazia e di prepotenza,
di quei popoli che vogliono comandare su altri, di coloro che non hanno pazienza.

Tutti perciò in un mondo multicolore e multirazziale,
dobbiamo parlarci, rispettarci e non pensare a farci del male.

Qualcuno potrebbe dire che sono un'idealista,
forse è vero, ma non vorrei più vedere il sangue di un "occidentale" e quello di un "integralista".

Il buon senso l'abbiamo ancora o non ce lo abbiamo più?
Se abbiamo radicata la fede nel cuore, che significa vedere appeso questo e quel crocifisso con l'effigia di Budda o di Gesù?
Noi adulti siamo troppo complicati e contorti,
staimo cercando di costruire un mondo di vivi o di morti?

 rosa dive    - 29-10-2003
sono una docente di un liceo napoletano e credo che uno stato laico non debba dare adito a polemiche pericolose e per nulla democratiche ed educative;andrebbe rimosso il dirigente scolastico che avrebbe dovuto mediare con intelligenza una situazione che può essere strumentalizzata a bella forza