breve di cronaca
Il nuovo che avanza, ovvero: la riforma secondo Confindustria
ScuolaOggi - 17-10-2003
Dopo mesi di schermaglie dialettiche in seno al Polo, dopo ipotesi e congetture su schemi, bozze e sintesi di decreti diverse (ah, i sofisti..!), è bastato un numero del Sole24ore, inserto Scuola, organo autorevole della Confindustria, per dare l'interpretazione autentica del decreto attuativo della Riforma Moratti della scuola primaria.
L'articolo in questione, "Orario scolastico, si cambia" di Giovanni Scaminaci, ed il resto della pagina di "Primo piano" del n. 17 del 10-23 ottobre, sono veramente un capolavoro di chiarezza espositiva. Altro che l'articolato dello schema di decreto, scritto da legislatori improvvisati e in imperfetto stile burocratese-fumo di Londra. Qui si dice con chiarezza esemplare come andranno le cose, quali sono le reali intenzioni del MIUR (e di Tremonti), quale la politica che il governo porterà avanti con determinazione sulla scuola (alla faccia di bipartisan e neocultori del dialogo e del buonsenso "oltre gli schieramenti partitici e ideologici"!..).
Qui si dice chiaro e tondo, senza tante perifrasi:

a) che l'orario base della scuola primaria sarà di 27 ore settimanali. "Queste devono essere frequentate da tutti gli allievi e sono sufficienti per assolvere l'obbligo scolastico" (punto)
b) che altre tre ore riguardano insegnamenti o attività del tutto facoltative e opzionali per gli allievi, che andranno di volta in volta concordate con le famiglie ed essere di loro "gradimento" (come ha scritto l'Ispettore Maurizio Tiriticco su queste pagine, una specie di "supermarket dell'educazione"…)
c) che sia le 27 ore che le 30 non comprendono l'eventuale tempo dedicato alla mensa, messo definitivamente e inequivocabilmente fuori dall'orario scolastico.

"E' evidente - scrive il Sole24ore - che non ci sarà più il tempo pieno (…) gli alunni potranno stare a scuola più delle 30 ore, per consumare i pasti e per eventuali attività di postscuola (…) ma tali attività saranno considerate di natura assistenziale e, quindi, affidate ad altro personale".

Finalmente un po’ di chiarezza su questo punto, visto che qualcuno (vedi il sottosegretario on. Aprea prima, l'on. Mauro di Forza Italia poi e, buon ultimo, Giuseppe Gatto dello Snals di Milano, che onorevole non è) ha continuato a sostenere che il tempo pieno ci sarà ancora e che chi diceva il contrario raccontava storie. Certo che il "tempo mensa" (non il Tempo Pieno che è un'altra cosa) ci potrà essere ancora, ma come "intrattenimento", tempo di permanenza a scuola e servizio a totale carico delle famiglie e/o della mirabolante e prodigiosa autonomia scolastica, con la quale si può fare di tutto e di più…"Valorizziamo l'autonomia", appunto.

Il Sole 24 ore può pure permettersi di commemorare con un affettuoso ricordo (anche se un po' impreciso) il tempo pieno: il T.P. è giunto alla fine di un'esperienza trentennale ed ora sta per lasciarci, "in tanti casi si è trattato e si tratta di esperienze positive". Ma suvvia: adesso c'è la modernizzazione e l'innovazione che avanza e il vecchio tempo pieno non ha più ragione di essere. E' il mercato, bellezza.

Da buon intenditore infatti il Sole24 ore tocca il vero nodo della questione, il punto cruciale. Torniamo cioè all'economia e ai rapporti di lavoro, senza tanti veli e sovrastrutture ideologiche. Quindi si sottolinea che "i riflessi sugli organici del personale insegnante saranno rilevanti": vi sarà "una notevole contrazione di posti", una "drastica riduzione per il personale docente". Perché questo comportano, ovviamente, la fine del tempo pieno e del tempo prolungato. "Quel che è certo - si dice - è che gli organici saranno formati tenendo conto dei tempi di funzionamento standard e delle ore aggiuntive. Non c'è, in atto, alcuno spazio per sperare di avere più insegnanti di quelli che spettano in base a tali parametri."
La nuova sfida che si pone per le scuole quindi è quella di programmare attività e insegnamenti che riscontrino il favore dell'utenza e di realizzarli, in tempi più ristretti, in modo tale da "rendere più confortevole e stimolante la permanenza per gli alunni" (sic).

Eccoci giunti insomma al cuore della questione: una scuola statale più breve e più leggera, come più volte abbiamo detto, con meno risorse professionali e finanziarie e immessa nel gran mare del libero mercato: ciascuna scuola si dia da fare per essere "accattivante" nei confronti delle famiglie e offra a loro prodotti "diversificati" (anzi, li contratti con queste, facendo ben attenzione all'audience e al "tasso di gradimento"…).
"Flessibilità": ecco la parola chiave. I genitori troveranno nella scuola "un sistema più flessibile", esattamente come nel mercato del lavoro. E possibilmente con meno aggravio per lo Stato (meno finanziamenti, meno investimenti nel settore della formazione e della scuola pubblica statale, appunto).
Adesso è chiaro (c'era qualche dubbio?) perché non si fanno immissioni in ruolo dei docenti precari. A che servono, quando per attuare il modello Moratti bastano e avanzano gli insegnanti attualmente in servizio?
Insomma, perché lo schema di decreto legislativo non l'hanno fatto scrivere da subito a Giovanni Scaminaci e/o al Sole24 ore? Avremmo avuto un testo scritto meglio e soprattutto non avremmo perso tempo con inutili disquisizioni e interpretazioni su questo o quell'altro comma. Il resto sono quisquilie e pinzillacchere.


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