Marino Bocchi - 14-10-2003 |
George Gallup, l’inventore dei sondaggi di opinione, ha trasformato la statistica in una magia. Poni una domanda, e già il porla presuppone la risposta, poi elabori le risposte in numeri assoluti e da questi ricavi i relativi e le percentuali. Risultato: ottieni ciò che vuoi ottenere. L’esito del sondaggio è uno specchio non del senso comune di una società o di un segmento di essa, ma del senso comune di chi lo commissiona. Prendiamo, ad esempio, il rilevamento demoscopico pubblicato ieri, tra gli altri, da Repubblica. Qualche centinaio di giovani è stato chiamato a dire ciò che pensa dei propri insegnanti. Era ovvio che i ragazzi avrebbero risposto in base al cliché sociologico con cui vengono descritti: essendo ritenuti sostanzialmente degli idioti hanno detto che i docenti vestono male, sono sciatti e non guardando i programmi della De Filippi, non sanno comunicare con loro, né capirli. Il che è pure vero, tra parentesi e senza scomodare la De Filippi. E i giornali, che commissionano o pubblicizzano i sondaggi per poi, attraverso i commenti, ribadire e rilanciare il luogo comune, dedicano pagine di analisi, per due o tre giorni battono il ferro, quindi lo lasciano progressivamente raffreddare e infine non se ne parla più. Fino al prossimo sondaggio. Anche quello di ieri è falso e fuorviante. E per una serie di ragioni. Chi si fa interpellare sa perfettamente quello che si pretende che dica. I ragazzi conoscono il cliché che è stato creato su di loro e si adeguano. Perché sono ironici. Perché non gliene frega niente. Perché, ed è il fatto più grave, a forza di sentirselo ripetere da tutti (sondaggi, docenti, intellettuali, giornali e tv) si sono convinti di essere idioti. E ci giocano pure. E alcuni sono davvero qualunquisti, indifferenti e cinici, per aver assorbito il clima culturale che li circonda, prodotto dagli stessi che li analizzano e li giudicano. Insomma, i sondaggi rivelano che il rapporto fra le generazioni si è ormai trasformato in un gioco di specchi: ciascuna tende a vedere nell’altra l'immagine rovesciata di se stessa. E mi sorprende che in questa specie di corto-circuito sia caduto anche Marco Lodoli, bravo scrittore e bravissimo insegnante. Il quale commentando i dati dice che si è invertito lo schema che per secoli ha presieduto al conflitto vecchi-giovani, quello per cui “i vecchi si irrigidiscono in un realismo asfittico e i giovani li incalzano con la bufera delle loro emozioni disinteressate, nobili, spesso incomprensibili, e la vita si rinnova”. Adesso si gioca a parti capovolte, questa indagine lo dimostrerebbe in via definitiva. Sono i vecchi, cioè noi ex post-sessantottini, pare di capire, ad aver conservato gli ideali mentre loro, gli idioti, omai schiavi dell’ideologia del consumismo, non pensano ad altro che al denaro e al successo. Non alcuni giovani ma tutti i giovani. "Io arrivo a scuola (scuola di periferia, lo ricordo sempre, la più lontana dalle ansie culturali, la più vicina al televisore) portando riviste di musica, i cd dei Radiohead o di Capossela, i libri appena usciti, gettando sul tappeto argomenti d´attualità che mi paiono vitali, e spesso vado a sbattere su commenti tipo: «Professò, ste cose interessano solo a lei e a quattro matti come lei, a noi ce piacciono la De Filippi e Gigi D´Alessio, i tatuaggi e le vetrine del centro commerciale. Quando butta quel catorcio di vespa?». Lodoli, nel suo buon italiano, che sinceramente gli invidio, non si rende conto di dare credito al principale strumento di creazione dell’ideologia consumistica, che è per l’appunto il sondaggio. Non si rende conto di procedere in base a generalizzazioni, esattamente come fanno la Moratti e il sistema politico-economico dominante: che ha bisogno di creare questa immagine del giovane ebete e di inculcargliela nella mente, proprio per vendere i suoi stili di vita e i suoi prodotti, che crea il disagio perché il disagio serve al mercato: della pubblicità, delle droghe, per fare due esempi. Pure io insegno in un professionale: ma solo pochissimi fra gli alunni della mia scuola avrebbero risposto in quei termini. Anche se molti guardano la De Filippi. Sghignazzando. E ho un’alunna che ha partecipato alle selezioni per Il Grande Fratello. Ma che si è anche letta tutta la Divina Commedia e ha imparato, per puro piacere, il canto di Paolo e Francesca a memoria. Anch’io vado in vespa. Spesso gli “idioti” mi propongono un “garino”. Io, scrupolosamente, mi rifiuto. Però mi piacerebbe. |
Ilaria Ricciotti - 17-10-2003 |
Sindrome di burnout, sondaggi negativi sugli insegnanti. Alcune di queste osservazioni potrebbero essere anche vere, ma gli esperti non spiegano perchè si arriva a tanto. Perchè certi isegnanti sono così? E se lo sono, come arginare questo marasma prima che dilaghi a dismisura? Con le scelte che sta facendo questo governo? No alle affermazioni negative di una categoria generalizzando, sì ad una verifica seria ricercando giusti rimedi, affinchè gli insegnanti siano dei veri educatori. Parliamo inoltre anche delle cose positive che vengono portate avanti nelle scuole e non soltanto di malascolarità. |
Giuliano Galiardi - 20-10-2003 |
Mantenendo l'attuale struttura scolastica con classi numerose e lezioni frontali il 50% degli insegnanti non è adatto. E allora le strade sono due : o si alzano gli stipendi per attirare laureati adatti oppure si riduce il numero degli alunni per classe fino ai minimi termini In ambedue i casi è questione di soldi e siccome i soldi non ci sono le due soluzioni sono improponibili. Proposta: perchè il ministero non rinuncia a fare riforme che non hanno mai successo ? perchè non lascia agli insegnanti, che sono a contatto quotidiana-mente con i problemi scolastici, di organizzarsi nel modo migliore nelle singole scuole ? |
Vittorio Lodolo D'Oria - 08-02-2004 |
Caro Quagliozzi, condivido appieno quanto lei scrive (mi spiace leggere solo ora il suo intervento) e soprattutto quando lei afferma che dobbiamo occuparcene tutti (nessuna parte esclusa) al più presto. Il mio sconcerto all'incontrare così tanti insegnanti affetti da psicopatie (nel 70% dei casi di tipo ansioso-depressivo e cioè reattive ad una situazione e non primitive cioè a carattere eredo-familiare) mi indusse nel 98 a studiare il fenomeno accortamente. Il risultato che ne è emerso è riportato per intero nello studio Getsemani. Aggiungo inoltre che sto elaborando anche i dati del biennio 2002-03 e posso già anticipare che le psicopatie negli insegnanti passano dal 45% (biennio 92-92) al 58%. C'è bisogno di attendere ulteriori conferme? Nella speranza di riuscire a incontrarla personalmente per approfondire argomento e possibili iniziative alle quali sto già lavorando, le segnalo la rubrica che sono stato invitato a tenere sul sito www.proteofaresapere.it (burnout, psicopatie e antidoti). Cari saluti e complimenti per i suoi scritti. Vittorio Lodolo D'Oria |