I messaggi di San Patrignano
Pino Patroncini - 09-10-2003
Dice McLuhan: “Il messaggero è il messaggio”. Va tenuto presente quando si parla della scelta della Moratti di convocare i ministri europei dell’educazione a San Patrignano per discutere di disagio scolastico. In questo caso il messaggero è una comunità: San Patrignano, struttura privata contro le tossicodipendenze, comunità chiacchierata anche per i metodi repressivi.
I messaggi che ne escono sono almeno quattro:

1° messaggio: la privatizzazione. L’unica soluzione è la privatizzazione. Non interventi pubblici ma supporto pubblico a interventi privati. Non è una novità: privato è bello, privato è efficiente, privato è efficace. Come San Patrignano, appunto, con la sua fama in bilico tra inferno repressivo e ghetto dorato. Se ne è parlato fin troppo.

2° messaggio: la drammatizzazione. Per la privatizzazione si poteva scegliere una qualsiasi scuola privata di prestigio. La nostra ministra lo aveva già fatto in altra occasioni. No: ha scelto San Patrignano. Certo per esperienze, forse disgrazie, personali, ma il messaggio che ne esce è: il disagio giovanile porta alle tossicodipendenze. Vero in parte, ma troppo categorico e di pessimo gusto. Sarebbe come fare un convegno medico sull’epatite all’Istituto dei Tumori.

3° messaggio: la segregazione. San Patrignano è un mondo a parte, quasi totalmente autosufficiente. Chi lo ha visitato ne parla come di uno stato nello stato. Il messaggio è: separare le mele marce dal resto del cesto è il rimedio, la metodologia didattica, la pedagogia. Isolare prima di tutto, perché il disagio è visto come patologia non come fatto immanente la dialettica socioeducativa. E’ la costruzione del “diverso”.

4° messaggio: la repressione.San Patrignano è struttura chiacchierata per i metodi repressivi. Alcuni anni fa la morte di un ospite rinfocolò i sospetti sulla poca ortodossia dei metodi. Comunque la tolleranza zero è la sua filosofia. Si può essere d’accordo o meno sulla sua efficacia, ma è così.

La scelta di San Patrignano diventa dunque un manifesto. Ma non il manifesto di una scuola futuribile. Quello della scuola in fieri. Chi si era illuso di avere di fronte una destra, per così dire, amministrativa deve ammettere di essersi sbagliato. Ancora una volta la destra è politica e culturale e la cultura di destra vuole modellare una società.

In che modo lo si vede?

Privatizzazione. Tagli alle scuole statali, finanziamenti alle scuole private. Alla fine chi non si accontenta di quello che passa il convento sarà persino costretto a iscriversi a una scuola privata. E chi dovrà accontentarsi per mancanza di mezzi e di risorse, peggio per lui.

Drammatizzazione. Allarmismo: i giovani sono in pericolo nelle scuole e nella società. Così come la società è assediata dalla delinquenza, dall’immigrazione e dalla prostituzione. La psicosi deve servire a mettere in primo piano ordine e sicurezza. E l’allarmismo autorizza il Presidente del Consiglio a lasciare il tavolo della trattativa con i sindacati e a spettacolarizzare l’allarme pensioni a reti unificate in puro stile presidenzialista.

Segregazione. E’ la metodologia del mondo a parte. A ciascuno il suo mondo. Si comincia a separare il diverso dal normale, poi il disagiato dall’agiato, poi il bocciato dal promosso, poi l’operaio dal dirigente. Per i secondi ci sarà la scuola normale per gli altri percorsi di attività aggiuntive, classi passerella, formazione al lavoro, financo formazione alla formazione al lavoro ecc.

Repressione. E’ gabellata come il mezzo, ma in realtà è il fine. E’ direttamente connessa allo sfruttamento delle paure, enfatizzate da allarmismo e drammatizzazione, dei ceti proprietari( furti nelle case, delinquenza, prostituzione nelle strade), ma anche dei genitori ( la droga che circola nelle scuole). E’ repressione materiale: la polizia davanti alle scuole con la scusa della droga, le incursioni all’interno all’insaputa di docenti e dirigente scolastico, come è successo al Liceo Virgilio di Roma. E’ repressione culturale: con la scusa della droga si attaccano cantanti e musicisti, così come sono attaccati i libri di storia, e chi la insegna, con l’accusa di comunismo. In una parola è censura!

C’è bisogno di andare oltre?

interventi dello stesso autore  discussione chiusa  condividi pdf

 Caelli Dario    - 12-10-2003
Mi paiono francamente fuori bersaglio queste critiche gratuite. Soprattutto le accuse a San Patrignano andrebbero almeno motivate con qualcosa di più delle generiche e malevoli voci non meglio precisate. Quanto a episodi di violenza o di morti di ospiti delle case di cura dalle tossicodipendenze; ebbene, se non si è del tutto digiuni di una qualche frequentazione di questi luoghi, non si può non comprendere che è una situazione possibile e comune anche ad altre comunità.
Quanto alle quattro accuse:
- privatizzazione: nel caso di San Patrignano non centra nulla, si chiama sussidiarietà. Ovvero fin dove giungono le iniziative private, lo Stato non deve eliminarle o inglobarle, ma rispettarle e incoraggiarle. Un bel giro su google per cercare qualche notizia sulla sussidiarietà fa bene...
- drammatizzazione: ebbene malgrado il buonismo verso ogni sorta di disagio che è "fatto immanente la dialettica socioeducativa" esistono di fatto, nella concretezza della realtà, le persone che stanno cercando di uscire dal tunnel della tossicodipendenza e parlare di disagio senza nemmeno ricordare quati ogni giorno lottano per uscirne e per migliorare la propria vita sarebbe anche peggio. Che poi non basti l'operazione di facciata.... condivido. Ma è un problema collaterale e non direttamente quello posto dall'intervento.
- segregazione: anche qui si torna a cogliere l'equivoco che la comunità di recupero sia un ghetto. I veri ghettizzati siamo noi che incontrando un ex tossicodipendente non siamo in grado di dargli la fiducia che si merita per aver vinto la sua battaglia, perché è un uomo e una donna come noi, perché la sua dignità umana richiede il nostro rispetto. Il vero ghetto non sono le mura della casa di cura, la vera segregazione è fuori da quella casa! Rflettere e pensare come ciascuno si comporta. Poi ne riparliamo...
- repressione: E' sì, proprio repressione, ma siccome non centra nulla, più sotto, si ricordano fatti che non sono correlati. Però fanno effetto. Almeno a chi non ci pensa e beve tutto come se fosse la Verità con la V maiuscola. Invece se uno ci pensa un po' scopre che è tutto capovolto.
O si nega l'esistenza di certi eventi (furti nelle case, delinquenza, prostituzione nelle strade) o li si ritorce contro il governo dicendo che non li ha eliminati, come promesso. O si nega l'evidenza (la droga che circola nelle scuole) ammessa anche da alunni ed ex alunni di scuole statali ritenute fiori all'occhiello di grandi città, oppure si giustifica dicendo, come i ragazzi, che la droga non fa male... che è presente ovunque nelle scuole (quindi mal comune mezzo gaudio).
E da ultimo la repressione culturale. Qui siamo al ridicolo. Fini annuncia la linea dura contro la droga. Ebbene i cantanti fanno un manifesto per dire la loro opinione: la droga leggera non fa male, non crea dipendenza, deve essere legalizzata. Opinioni... certo insindacabili in quanto tali... ma anche false dal punto di vista scientifico. Chi si sia informato può sapere cosa causa la cannabis a livello di dipendenza, senza presumere un passaggio a sostanze diverse, più distruttive e tossiche. Quindi rispettiamo l'opinione dei cantanti finché non voglia, giocando sull'ignoranza, far diventare buono ciò che non lo è. Per ora la legge, con il concetto di modica quantità o di dose giornaliera, ha cercato di unire la tolleranza verso la tossicodipendenza con la durezza contro lo spaccio. E secondo me può andare bene così. Ma non facciamone una questione di repressione culturale. E' piuttosto un problema di ignoranza grave quello che ha portato i cantanti a fare certe dichiarazioni. E vsto il loro ruolo sui giovani forse era meglio che se ne stessero zitti, pensando ciascuno ciò che gli pare, ma senza veicolare opinioni frutto di ingoranza grave in materia di dipendenza da cannabis.
Concludendo.
Se ogni mossa del governo è comunque sbagliata, per la sinistra parlamentare e culturale, si abbia almeno il buon senso di argomentare meglio le accuse. Che siano circostanziate e documentate e non solo delle boutade di dubbio gusto e di scarso valore culturale.

 sergio calumetti    - 13-10-2003
Caro Caelli, puoi chiamarla anche sussidiarietà ma un governo che non fa altro che sostenere le iniziative private e tagliare quelle pubbliche, incoraggerà pure le prima ma è fuori discussione che UCCIDE le seconde. Se poi un convegno su disagio e dispersione scolastica prescinde dalla scuola mi sembra proprio un non-sense.
Non so se tutte le comunità di recupero siano dei ghetti, che san Patrignano sia ormai un'istituzione totale lo sanno tutti quelli che in qualche modo se ne sono occupati. Una sorta di ciclo continuo autoriproducentesi (accoglienza, laboratori, allevamenti, un ospedale), sicuramente anche con ottimi risultati economici. Ma anche ciò contribuisce alla sua equivocità.
Infine se si vuole reprimere lo spaccio della droga o la prostituzione perchè non si comincia reprimendo la circolazione monetaria che queste attività producono? Oppure si ha paura di scoprire che i soldi sporchi di queste attività rientrano puliti nelle casse italiane ad ogni affare che si fa col "nuovo" Est europeo o con l'ex Unione sovietica? Guarda caso quel lato d'Europa di cui il nostro Presidente del Consiglio sembra essersi invaghito e in cui è collocabile in gran parte il racket di droga e prostituzione.

 Caelli Dario    - 14-10-2003
Carissimo Calumetti.
Che si voglia discutere fa bene.... ma che si voglia fare un minestrone di situazioni disparate è una questione diversa.
Quanto al problema droga. Io non ho mai detto che i traffici internazionali, verso ogni dove, non vadano colpiti duramente... anzi lo sostengo da sempre. Anche quando era al governo la sinistra e con la scusa delle missioni umanitarie in Albania entravano in Italia partite di droga da capogiro. Ma è storia vecchia. Il problema della droga per i giovanissimi a scuola è invece un problema culturale da affrontare con molta cautela. Se Vasco Rossi (ad esempio) vuole fumarsi un ettaro di cannabis e tirare una pista lunga come un aereoporto lo faccia, ma senza per questo pretendere di fare la morale a chi dice che la droga ai ragazzini fa male e che a scuola ci vuole prevenzione ed educazione contro ogni dipendenza. Perché solo così si risolve il problema! Se per fare questo bisogna anche controllare meglio i ragazzi e fuori dalle scuole ci dve essere la finanza con un cane antidroga, per me va bene. Ma non si dica che la cannabis va legalizzata o altre sconcezze del genere pensando di fare il bene dei ragazzi. E non si dica neppure che la libertà individuale deve essere così ampia da consentire a ciscuno di drogarsi come vuole... Siamo in una società e il prezzo delle vite spezzate da droga, alcool e disagi correlati le paghiamo tutti insieme. Nessuno è un'isola.
Questo mi sta a cuore più della libertà di dire ciò gli pare dei cantanti di oggi. Se la sinistra pensa che certi proclami siano giusti ci spieghi cosa vuole per i giovani di oggi e per le generazioni future. Quale futuro?
Quanto agli intenti del ministro io li apprezzo, anche se purtroppo in Italia la scuola non può fare tutto, possibilmente a costo zero per lo Stato. E questo da alcuni decenni dove la voce più ricorrente nelle programmazioni pluriennali è quella del taglio delle risorse. E il centro sinistra fece altrettanto, savo poi mollare un po' la corda della borsa sotto le lezioni, ma questa è pura tattica pre elettorale e non il frutto di scelte strategiche.