A.N. - 15-07-2003 |
Le droghe accompagnano l' umanità fin dall' alba della specie. L' uso delle droghe è antico quanto l' uso del vino, del tabacco, della birra, tutte le più importanti sono state studiate, catalogate, sperimentate per provarne gli effetti; l' umanità è affascinata dall' alcool, dal delta-9-THC, dall' acido lisergico, dalla dimetiltriptamina, dall' MDA, ecc. ecc.., in una continua ricerca dell' essenza della felicità: un sogno che non è mai stato raggiunto, mentre è stata raggiunta la consapevolezza che queste sostanze creano solo sostituti illusori, spesso pagati a caro prezzo. Non ci può essere ignoranza nell' uso di questo genere di sostanze: sarebbe come ignorare l' aratro, a cosa serve, sarebbe come demonizzare una spada o un coltello solo perché può essere usato contro qualcuno. Per queste sostanze chiamate droghe, le varie civiltà hanno elaborato rituali che attualmente chiamiamo culture. Ne veniva così regolamentato l' uso ed erano sottolineati i pericoli, fornite eventuali avvertenze e modalità per evitarli, spesso creando tabù.Venivano usate nei più svariati modi, dalla ricreazione (molto poco, era preferito l' alcool) alle pozioni magiche, dai rituali religiosi al combattimento. e lo sono tutt'ora. E' solo in questo tipo di società moderna basata sul modello occidentale, quella nostra, che la droga ha assunto il connotato di piaga sociale, diffondendosi a macchia d' olio tra i giovani, diventando fenomeno di massa, generando così una nuova cultura, anzi una controcultura. E' noto che l' alcool ogni anno uccide una cifra spaventosa di persone, altrettanto le nostre strade. Dico adesso che le strade sono pericolose! Ragazzi, evitate la strada, anche se voi che siete prudenti, perché quello che vi schiaccia, prima o poi, lo trovate! Ragazzi la strada mai! Suona ridicolo no? Eppure è la verità. Perché allora esistono persone come te, che demonizzi la droga, che ti scandalizzi quando un giovane che tu definisci senza la saggezza e la coscienza di un adulto, ti dice che ha provato la droga? Cosa gli puoi dire adesso che lui ne sa più di te che probabilmente non ti sei mai fatto uno spinello? Cosa pensi di ricavarci facendogli l' esempio del ragazzo tossico a bestia o facendogli conoscere i travagli di quello che è riuscito ad uscire dalla morsa soffocante della droga? Pensi di spaventarlo? Te lo dico io, non fai niente, né male né bene, niente. Perché riceverà solamente un ammonimento, un "fidati di me che te lo dico io" che può essere ignorato in meno di mezzo secondo, senza nessun problema o rimorso di coscienza. Perché la pericolosità insita nella droga, nell' alcool, nell' andare per strada in macchina, è il frutto proibito di questa società, non c' è male in queste cose, e il tuo modo di combatterle è lo stesso modo della stradale che ha l' autovelox come deterrente per far andare più piano gli incoscienti. Così, per colmo delle cose, mi sembra che pure tu sia un mero frutto della società, all' antitesi di chi di droga si fa, colui che e messo lì a "combatterla". Hai parlato di droghe che mutano a seconda dei tempi, tutti moderni però, di droghe che si adattano a seconda dei costumi, della moda, attribuendo loro solo parole come male, fragilità umana, debolezza: in questo modo non dici che cosa realmente è una droga. Droga che fino al XIX secolo d.c. ha un uso autocratico, in quanto viene gestito dal potere con le proprie modalità e per i propri fini mistici, religiosi, terapeutici, bellici politici e perfino come strumento di delitto o di genocidio. Riusciresti adesso a definire il bisogno di spiritualità che accompagna l' essere umano e la religione in generale? Non è forse vero che anche le religioni sono autocratiche? Non è forse vero che anche chi abusa della religione diventa spesso molto pericoloso? Un fondamentalista? Un eretico? Non è forse vero che le religioni più costrittive sono quelle che producono il maggior numero di esaltati? Non è forse vero che i paesi dove l' alcool è vietato, a vita o fino ad una certa età, sono quelli con più problemi di alcolisti, giovani e non? L' unico intelligente tra tutti mi sembra il ragazzo, l' unico, tra i sicuramente molti suoi compagni che lo spinello se lo fanno ma non lo dicono, che ha agito sul piano della realtà, che mettendovi di fronte la sua verità vi ha messo tutti a tacere. vi siete scandalizzati, tu ti sei scandalizzato e lo vieni a scrivere perfino in giro, lo gridi quasi, tu che appartieni alla classe di chi la droga la dovrebbe combattere. Hai scritto di lui come una specie di demonio che insinua con parole allettanti la voglia di droga nei più deboli, mettendolo a paragone di chi "trasmette la vita con servizio", come se nelle sue parole ci fosse solo una lusinga della morte e tu fossi portatore di verità. Hai torto a parlare di tolleranza: ancora una volta dalle tue righe ho visto che l' hai confusa con l' indifferenza, con il silenzio, l' hai messa in una luce negativa; la "tolleranza" è una parola buona! E' una virtù e non le si dovrebbero attribuire connotati dispregiativi. Hai ragione a parlare di fallimento degli educatori e di società che sta a guardare. |
Vincenzo Andraous - 15-07-2003 |
Di solito non intervengo mai sulle critiche che mi vengono mosse, infatti ho il massimo rispetto per le opinioni altrui, soprattutto quando queste divergono dalle mie. In questo caso però mi pare necessaria una precisazione, e lo faccio servendomi delle orme scritte di Don Franco Tassone capo di questa comunità Casa del Giovane dove da qualche anno lavoro come tutor. Lo faccio per rendere giustizia alle parole, quando esse assumono il peso di una sentenza e influenzano le persone, in particolar modo quelle che ancora non hanno una personalità formata, mi riferisco chiaramente ai giovani, a coloro che ancora non hanno pieno il carico della coscienza, cioè l’essere presenti a se stessi, quale nucleo centrale della personalità che viene a formarsi nel tempo. Il lettore afferma che l’unico vero intelligente, gli è sembrato quel ragazzo, il quale ha saputo metterci a tacere e anche scandalizzarci…………. Occorrerebbe sempre rifuggire dalle doverizzazioni e catastrofizzazioni, ma in questo caso mi pare altrettanto doveroso ribadire l’importanza della coscienza, e un bambino sebbene grande, non è cosciente; esiste una entità psicologica, ma non ancora caratterizzata da elementi di consapevolezza. Allora forse serve rendersi conto di una realtà esterna ( l’intorno a noi ) per diventare coscienti di noi stessi, e il primo avvertimento è l’avvertimento dell’esistenza dell’altro. E’ chiaro che crescita vuol dire differenziazione, affermazione di sé come entità autonoma, attraverso le varie fasi di sviluppo dell’individuo, attraverso le occasioni e le opportunità della vita, ma ciò non autorizza nessuno a rilasciare patenti di maledetto per forza, perché questa è una vocazione destinata al macero, e cosa assai più grave, destina al macero i più deboli. Il lettore parla di droga che accompagna l’umanità fin dai suoi albori….io so che il fattore critico non è la sostanza ma l’individuo, occorre differenziare diversi tipi di consumatori, non esiste “ il drogato “ contrapposto a chi non ha mai consumato erba o altro, ma esistono consumatori abituali, saltuari, e addirittura esistono gli ex consumatori, in ogni caso chi lo fa vive male la propria condizione di persona. E nuovamente ribadisco che avere personalità non significa essere qualcosa per mezzo di una canna, chi possiede una personalità matura dimostra unità nel comportamento tra ciò che pensa e ciò che fa. Valuta in maniera obiettiva la realtà e se stesso, e perciò si rapporta al contesto coerentemente alla propria situazione. La stessa comprensione del contesto è segno di maturità, perché vuol dire essere coerenti con la realtà. Davvero quel ragazzo ha mostrato gli attributi con quello slogan? A tal punto da interpretarlo come pass per la conquista di una identità? Di un ruolo? In uno spinello “quotidiano” vi è l’impegno e la fatica per raggiungere una crescita personale accettabile? Oppure in questo atteggiamento vi è una considerevole instabilità emotiva che maschera un disagio con l’avvicinamento ai rischi estremi. Il lettore disegna speculazioni filosofiche, egli è buon architetto di ciò che è stato, ma non di ciò che è, e soprattutto non lo è per quanto concerne il DOMANI, come scienza del non ancora, come speranza che non muore…se con l’impegno di tutti. Fallimento degli educatori, di una società che sta a guardare ? Forse questo è il risultato che scaturisce da una sorta di nichilismo congenito a qualche generazione… fortunatamente passata, perché educare non sta più solo per trasmissione di nozioni-conoscenze, ma come formazione alla complessità, come insieme di comportamenti, quanto meno per colmare con il tempo certe carenze, e bisogna riuscirci in tempo affinchè non diventino LUCIDE FOLLIE. Perché esistono persone come me che demonizzano la droga ( io direi tutte le droghe )? Quel ragazzo ne sa più di me ? Probabilmente perché io non mi sono mai fatto? Cosa penso di ricavarci facendogli l’esempio del ragazzo devastato dalla roba e del suo difficile recupero ( quando ciò è possibile aggiungo ancora io )? Personalmente diffido sempre delle esemplicazioni, non mi accontento della dicitura: SI TRATTA DI BANALE REAZIONE A UN MODELLO CULTURALE, DI ACCETTABILE INDISCIPLINA ADOLESCENZIALE. Diffido molto, perché io ci sono passato per queste doppie e triple corsie preferenziali, potrei raccontare molto di me in proposito, e la mia non è una bella storia, anzi è una gran brutta storia; come a un certo punto della mia vita l’incontro con me stesso. Ho scontato trent’anni di carcere e sono ancora detenuto, come ho già scritto nei miei libri il mio è un viaggio lento e sottocarico, senza scorciatoie, privo di comodi rifugi, ma finalmente con il presente davanti e non più dietro. La mia è stata una vita di tragedie, di doppie tragedie, non solo aver tolto la vita a qualcuno, ma aver creduto per molto tempo di essere stato nel giusto. Potrei davvero dilungarmi, ma evito nuovamente di annoiare il mio prossimo, di certo c’è che la mia storia, ciò che è stato, ciò che ora è, mi consente di raccontare ciò che vedo e sento, senza essere maestro di niente, ma raccontare la mia esperienza ( come somma dei miei tanti errori ), sebbene non salverà alcuno dal proprio destino, quanto meno metterà A VISTA il baratro che lo attende, indipendentemente dalla tomba che ognuno si scava per propria scelta…..ma ciò può accadere solamente quando si è in possesso di capacità, strumenti, risorse sufficienti per poter effettuare delle scelte. Checchè se ne dica o peggio non se ne dica, l’uso di roba è prevalentemente una via di fuga senza progettualità, è la rappresentazione dell’impossibilità di trovare una uscita di emergenza, per cui non si può parlare di “ prevenzione del danno “, ciò che si deve e si può prevenire è il coinvolgimento nell’uso, soprattutto quello PRECOCE, fornendo ai giovani l’opportunità di trovare risposte più valide ai loro problemi- compiti di sviluppo. Comunque a quel lettore mi viene da dire che, sì, le sue argomentazioni meritano attenzione, ma io ho imparato a sfuggire le visioni ed i percorsi unidimensionali, e proprio accogliendo e accompagnando giovani e adulti in questa comunità, sono diventato estremamente attento al disagio che circonda le persone affaticate, al loro bisogno di essere aiutati a entrare un po’ in se stessi, per comprendere che ci si deve impegnare strenuamente per difendere la propria dignità personale. Qui non ritratta di esprimere giudizi sulle persone, bensì sui comportamenti, partendo dai miei naturalmente, appunto perché andare incontro agli altri, portare fuori ciò che si ha di buono, attraverso un adattamento interpersonale e intrapersonale, sottende capacità di iniziativa: NON SICURAMENTE FINE A SE STESSO, MA FINE A SE STESSI. Quel lettore parla di fallimento degli educatori e di una società che sta a guardare? Personalmente in questa comunità Casa del Giovane mi è stato insegnato che fare prevenzione è un intervento che costringe a farne altri, fare prevenzione è lavoro insieme, fare davvero prevenzione è un bisogno reciproco. Chi ha buoni orecchi intenda. |