breve di cronaca
Italia anatra zoppa in Europa
La Sicilia - 25-06-2003
Le prescrizioni prima, ora lo scudo dell'immunità han posto il presidente del Consiglio al riparo dalle “aggressioni giudiziarie”. Vedremo presto come nessuno degli obiettivi indicati per il varo della legge di immunità, e per i tempi accorciati dell'approvazione, e che facevano riferimento al prestigio e alla serenità dell'ufficio imminente della presidenza italiana in Europa, trovi in questa frettolosa misura una copertura decente: anzi sul terreno che conta, quello etico-politico, il lodo Schifani ha reso ancor più vistoso lo zoppicar dell'anatra.

L'equazione del Cavaliere

Com'è nello stile arrogante di Berlusconi, da buon giocatore egli prova ad incassare e rilancia. Avranno presto anche gli altri (egli assicura) il viatico necessario ad evitar il suo calvario non solo, ma si vedrà in modo lampante, dopo la verifica della maggioranza, la differenza tra chi (egli stesso) lavora per il prestigio dell'Italia e quanti (l'opposizione, comunista e no) si impegnano per la sua denigrazione. L'equazione non risponde in alcun modo a verità; e se lo rilevo è per la speranza che i successivi comportamenti del premier possano realmente concorrere a quel prestigio che l'Italia di Prodi godeva, e quella di Berlusconi non gode nella pubblica opinione europea. Perché tanti “soccorsi” verbali a garantire il successo del semestre italiano, da quelli insistiti di Ciampi agli altri aiuti, a mezza bocca, di Prodi?

L'Italia e la politica europea

La prima risposta è che non esiste a tutt'oggi una idea italiana della politica europea del semestre: Ciampi e Prodi promettono una svolta mediterranea, Frattini parla di scommessa balcanica; la Francia piazza il suo uomo al vertice della Banca centrale europea, e non è solo dalla Francia ma dalla Spagna che giungono riserve alla “finanza creativa” di Tremonti; e sul nesso tra riforma della Nato (vieppiù Usa-dipendente) e creazione di force de frappe europea grava una spessa coltre politica. Per non dire della politica estera europea, che dà segni di intesa sul Medio oriente ma resta divisa (e peggio, dopo la scomparsa della meteora Blair) sui rapporti con gli Stati Uniti e rincorre con affanno i punti di crisi dell'Asia e dell'Africa. Su questo accidentato campo di Agramante l'Italia non c'è.

Un Paese molle sul piano etico

Tutto ciò riguarda i limiti “culturali” di una classe politica, che non ha qualità e competenze da esportare - dopo le prove che ne ha dato all'interno. La vergogna della traccia sui totalitarismi, elaborata dal pensatoio revisionista della Moratti, non è stato un fatto interno: in Germania e in Francia è stata assunta come la misura della corrente stupidità della Destra italiana. E l'Italia di Berlusconi, quella che egli ha presentato all'Europa, è l'Italia divisa tra comunisti ed anticomunisti, tra “giudici criminali” e politici acquattati in attesa di scudi propizi, di leggi ad personam e di condoni fiscali; un Paese molle sul piano etico e al tempo stesso diviso come mai prima in politica. Come potrà venire da un Paese che ha trasmesso di sé questa immagine di fragilità e di incoerenza la guida autorevole ad una sfida di costruzione europea, che non ha precedenti e che tutti definiscono “storica”?

La necessità di un impegno culturale

Lo stile che il centrodestra e il suo leader hanno portato nel Paese non può certo essere esportato in Europa: ed è augurabile che le difficoltà né poche né piccole che attendono la presidenza italiana concorrano alla maturità di politici “adolescenziali”, che si favorisca anche nel nostro Paese - certo il più europeista, ma non perciò il più “europeo” - un impegno culturale attorno ai nodi istituzionali politici economici etici della crescita dell'Europa. Evitiamo di compensare col fumo mediatico (“la nuova costituzione avrà a Roma il suo battesimo!”) il vuoto presente di idee e di progetti.

Scenari deludenti per la Sicilia

Dalla Sicilia e dal Mezzogiorno in particolare - vittime due volte, della indifferenza europea in materia di immigrazione, e delle “offese” leghiste rinfocolate dalle grida spagnole della Fini-Bossi - vengano serie e praticabili richieste all'Europa di una politica mediterranea, una politica che Francia, Spagna, Grecia hanno lavorato in questi anni per definire nel silenzio (o, peggio, nella sterile retorica) dell'Italia. Niente trionfalismi: il 2004, l'allargamento dell'Unione europea, passerà sul nostro Mezzogiorno come un uragano, aggiungerà macerie al passato degrado; e nessuno sa cosa intenda il nostro ministro degli Esteri quando localizza nei Balcani “il futuro dell'Europa”; il 2010, il libero scambio nel Mediterraneo, anticipa per la Sicilia alla deriva sul terreno della deindustrializzazione e in materia di servizi scenari ancor più deludenti. Nessuno ancora ha capito in quali di questi scenari si collochino i “sogni” del Ponte sullo Stretto (di cui sono ignoti i costi di gestione), l'aeroporto intercontinentale (ora che Malta fa parte dell'Unione europea), il Politecnico del Mediterraneo (in una stagione di crisi drammatica dell'Università e della ricerca) e il palinsesto riscoperto della multiculturalità.

Una credibilità da guadagnare

Le considerazioni che precedono non vogliono essere catastrofiste. Sono l'ennesimo appello. Richiedono da parte dei soggetti politici coinvolti un'assunzione consapevole di responsabilità. Non v'ha spazio per protagonismi, e per l'ottimismo di maniera, vuoto e inossidabile, del premier: egli deve accettare la condizione, resa più evidente dal frettoloso scudo apprestato dal suo Parlamento, di “anatra zoppa”: e guadagnare (in difficile salita) una credibilità di cui non dispone dentro e fuori dell'Italia - il Paese che nell'Unione europea ha al presente più problemi degli altri, e non ha contribuito significativamente a sperimentare percorsi, vie d'uscita da utilizzare come precedenti per guidar gli altri sui temi più tormentati.

L'Europa come muro di sostegno

Trovo a dir poco sconcertante il modo con cui il governo, dopo alcuni sciagurati tentativi di distruggere l'unità sindacale, cerca nell'Europa il muro di sostegno per scelte (in materia di sicurezza, di politica sociale, di immigrazione) cui non è riuscito a creare presupposti politici di consenso e di rispetto: e si vede ora aggirato dalla Confindustria che ne denuncia delusa sterilità ed impotenza. Temo che il livello della “verifica” imminente, che si è abbassato e incanaglito sempre più, imponga le scorciatoie della solita propaganda (“Tutto va ben signora la marchesa...”): e non sarà perciò un buon viatico per la presidenza italiana.

La scommessa da vincere

Serietà, competenza, stile sono esigenze non più rinviabili. Se vorremo limitarci a portare in Europa i guai di casa nostra, l'insuccesso è già scritto: e non è difficile immaginar le conseguenze di un fallimento europeo su un sistema politico e morale, fragile e malato, come il nostro. Saremo invece tanto più credibili se chiederemo, con umiltà e saggezza, indirizzi e progetti che giovino al tempo stesso all'Europa e all'Italia, all'Italia nell'Europa.

Giuseppe Giarrizzo
  discussione chiusa  condividi pdf