Il conto del ragioniere
Teo Orlando - 19-06-2003
Documento del Collegio Docenti del Liceo scientifico statale “Democrito” di Roma sulla “razionalizzazione” degli organici e sulla riconduzione delle cattedre a 18 ore.

Il Collegio Docenti del Liceo scientifico statale “Democrito” di Roma intende esprimere il proprio totale dissenso rispetto al recente provvedimento con cui vengono ricondotte le cattedre a 18 ore, ridefinendo gli organici e istituendo una vasta tipologia di cattedre “interne”, cioè orizzontali e trasversali, e non più “ordinarie”, cioè sui corsi completi, al fine di tagliare 9.000 cattedre in tutta Italia, di cui 6.133 nella scuola superiore.

Tale provvedimento, imposto dalla legge Finanziaria 2003 (art. 35, comma 1 della legge 27/12/2002 n. 289) in base ad una logica di natura puramente contabile (infatti, si parla esplicitamente dell’“individuazione di moduli organizzativi diversi da quelli previsti dai decreti costitutivi delle cattedre”) che nulla ha a che fare con la qualità della didattica, sta per produrre una serie notevole di guasti e disfunzioni (che non saranno limitati al prossimo anno, ma diventeranno permanenti) in tutte le scuole, ed in particolare in quelle superiori.

Verranno compromesse la continuità didattica, la collegialità, i livelli di occupazione, la professionalità, la scelta dei libri di testo (è ridicolo scegliere dei libri di testo per delle classi che non saranno affidate agli stessi insegnanti), la programmazione: in sintesi, la qualità della scuola pubblica e anche la dignità del nostro lavoro.

Molti studenti, visto che la logica del Ministero è quella di costituire il più possibile “cattedre interne”, anziché “cattedre ordinarie” (quelle che prevedono “ore a disposizione”), finiranno in corsi con docenti “ballerini”, con grave nocumento per quella parte dell'utenza che si vedrà cambiare insegnanti ogni anno.

Per tutti i colleghi cresceranno i carichi di lavoro e si accentueranno le difficoltà nella didattica, perché aumenterà il numero delle classi assegnate ad ogni docente. Senza contare che i consigli di classe non potranno svolgere un lavoro organico e rigoroso, perché essi non vanno intesi come organismi formali, ma come gruppi di lavoro supportati dalle esperienze didattiche continuative e non frammentarie.

A ciò va aggiunto il fatto che discipline tradizionalmente concepite in modo unitario in cattedre “ordinarie”, come Filosofia e storia o Matematica e fisica verranno “scisse”, con conseguenze nefaste per la preparazione degli studenti agli Esami di Stato.

Sarà poi impossibile proseguire le esperienze di recupero nelle classi del biennio (i moduli per classi parallele, possibili solo attraverso l'utilizzo delle "ore a disposizione"); infine, venendo a mancare le "ore a disposizione" per la sostituzione dei colleghi assenti, è prevedibile per il prossimo anno una situazione di maggiore rischio di classi scoperte, e conseguenti problemi di sicurezza.

Con l’obbligo incondizionato di ricondurre tutte le cattedre a 18 ore frontali sic et simpliciter scompariranno poi le cattedre per i precari (la cui immissione in ruolo sarà rimandata sine die) e quelle formate da “spezzoni”; queste ore andranno a saturare l'orario dei docenti rimasti, eliminando le ore a disposizione.
In diverse situazioni l'operazione sta creando sovrannumerari anche al di là della stessa ratio della legge, che prevede appunto, almeno in prima applicazione, che non si possano creare situazioni di sovrannumerarietà in conseguenza della sua applicazione (il che vuol dire che i nuovi organici possono essere applicati solo in presenza di un pensionamento o di un trasferimento).

L'idea che ogni insegnante debba svolgere regolarmente l'intero orario cattedra è ampiamente condivisibile e molto spesso preferita dagli stessi docenti che in tal caso non si trovano a dover “coprire buchi” in classi con cui non hanno alcun rapporto. Tuttavia la costituzione di cattedre di orario inferiore era strettamente finalizzata alla continuità didattica. La riconduzione a 18 ore solo di alcune cattedre (mentre rimangono inalterate le cattedre che, proprio per il rispetto dell'unitarietà dell'insegnamento, prevedono 20 ore, come per Scienze o Disegno e storia dell'arte; princìpi elementari di giustizia correttiva vorrebbero che anch'esse venissero ricondotte a 18 ore: infatti, o si sceglie il criterio dell'unitarietà della cattedra o quello del calcolo numerico) avviene in molti casi in totale difformità da questo principio e sarà sempre più frequente che nella stessa classe si alternino insegnanti nuovi ogni anno. È questo che la legge intende con “l'individuazione di moduli organizzativi diversi da quelli previsti dai decreti costitutivi delle cattedre”.

Siamo perplessi anche sulla congruità normativa di tale provvedimento: è vero che discende direttamente dalla legge finanziaria 2003, ma esso viene poi imposto con un semplice schema (!) di Decreto Interministeriale trasmesso attraverso la C.M. n. 27 del 7/3/2003: non è lecito, a nostro sommesso parere, attuare disposizioni così “pesanti” con un provvedimento non ancora approvato in via definitiva quale è lo schema di Decreto.

Siamo convinti peraltro che per molti versi questo provvedimento voglia artatamente accontentare vasti settori dell’opinione pubblica ancora convinti che gli insegnanti lavorino poco: in realtà, chiunque sia consapevole dell’impegno didattico profuso da qualsiasi insegnante scrupoloso, si renderà conto che essi devono essere messi nelle migliori condizioni di lavoro, evitando il rischio di burn-out.

Gli insegnanti possono dare il meglio di sé in 10-12 ore al massimo di lezione frontale: nelle rimanenti lo stress psicofisico di un docente non consente un rendimento agli stessi livelli.
Le 18 o più ore sarebbero possibili se si gestisse una scuola su modello anglosassone, dove il docente ha un numero di alunni limitato (non i nostri 30 per classe!), programmi modulari di norma inferiori anche del 60% rispetto ai nostri, e dove sono gli studenti a recarsi nelle aule dove c'è il docente di "fisica" ad esempio, non viceversa. Del resto, il vecchio Giovanni Gentile sosteneva che gli insegnanti non dovessero assolutamente insegnare oltre un certo numero di ore, perché nelle rimanenti dovevano studiare. Peraltro, è inverosimile pensare che per obbligare un docente di matematica e fisica (che fa 17 ore) a insegnare 18 ore occorra disgregare e destrutturare la sua cattedra, inserendolo in tre corsi diversi: sarebbe sufficiente destinare quell’unica ora ad attività di recupero (sempre necessarie per tali materie) o di supporto e rafforzamento didattico. Così come sarebbe possibile, anche nell’ottica di una “vera” scuola dell’autonomia, rimodulare l’orario di insegnamento di Filosofia e storia nel liceo scientifico portandolo allo stesso livello di quello del Liceo classico (ossia sei ore per ciascun anno del triennio, contro l’attuale scansione 4+5+6).

Non parliamo del fatto, inoltre, che tale provvedimento ipoteca pesantemente anche una possibile buona riuscita della riforma, almeno se si deve dare retta agli slogan propagandistici diffusi dagli organi governativi. Tra questi slogan c’è anche quello delle famose 3 i (inglese, informatica, impresa): ebbene, anche la cattedra d’inglese (di 17 ore) si trova a cadere sotto la scure di questa pretesa razionalizzazione. Ne discende che, mentre finora gli studenti venivano accompagnati per cinque anni da uno stesso insegnante che li seguiva nel loro percorso individuale, seguendone la crescita umana nonché aiutandoli a migliorare le proprie abilità linguistiche e ad acquisire particolari skills, d’ora in poi il turbinio continuo e l’avvicendarsi dei docenti produrranno effetti devastanti: (come le altre lingue straniere) sarà insegnato in un’ottica puramente strumentale, cosicché esso sarà destinato a impoverirsi in poco tempo, in netto contrasto con la prospettiva della programmazione pluriennale, nell’ambito della quale l’insegnamento delle lingue è uno degli elementi più qualificanti e arricchenti (si prevede forse un laboratorio pomeridiano a pagamento?).

Ancora, se si volessero realmente valorizzare le risorse intellettuali e professionali di molti docenti, sarebbe ipotizzabile anche un’attività didattico-seminariale di autoaggiornamento, grazie a cui soprattutto i colleghi che abbiano rapporti con l’università (ma non solo e non necessariamente) avrebbero potuto impiegare le ore “a disposizione” per illustrare ad altri colleghi i “progressi” nei rispettivi campi del sapere (anche in un’ottica interdisciplinare: in questo modo, il docente di filosofia potrebbe aggiornare i colleghi d’italiano sulle più recenti teorie estetiche, quello di fisica potrebbe spiegare ai colleghi di filosofia le implicazioni filosofiche della meccanica quantistica e quello di inglese potrebbe tenere corsi di lingua destinati ai colleghi che hanno meno confidenza con l’idioma di Shakespeare).

In realtà, queste considerazioni sono totalmente estranee alla logica “ragionieristica” di chi ha ideato il provvedimento: siamo solo di fronte ad un altro pezzo di riforma della scuola introdotto attraverso la legge finanziaria, così come è già stato fatto con l'abolizione dei commissari esterni agli Esami di Stato.


interventi dello stesso autore  discussione chiusa  condividi pdf

 Laura Venuti -Firenze    - 22-06-2003
Insegno da diversi anni Materie Letterarie, Latino e Greco in un Liceo Classico (Cattedra da sempre di 18 ore) e non mi sento nè poco lucida nè vittima di stress. Non sono una secchiona e ho altri interessi oltre la scuola. E'una questione di abitudine anche riuscire a districarsi, come facciamo noi della A052, su cinque materie.Sul resto del tuo articolo sono d'accordo.

 Claudio Tugnoli    - 24-06-2003
Sono d'accordo sulla necessità di uniformare l'orario cattedra (siano 12, 14, 16, 18 o 20 ore non importa), perché, come riconosce il collega, le ore frontali sono terribilmente stressanti e impegnative, anche dopo vent'anni di insegnamento. E non è giusto, credo, che il professore di filosofia e storia del classico faccia tre ore di lezione in più del collega che insegna allo scientifico e abbia lo stesso trattamento economico. Non mi si venga a dire che il secondo ha in carico tre ore a disposizione, perché, appunto, le ore di lezione sono incomparabilmente più faticose di qualsiasi altra attività alternativa o di supporto. Condivido peraltro le preoccuppazioni di Teo Orlando riguardo alla scomposizione delle cattedre, agli effetti sulla continuità didattica, ecc., tuttavia, a parità di trattamento economico, si dovrà richiedere lo stesso quantum di prestazione. Mi sembra elementare. Si può studiare il modo per risolvere i problemi organizzativi e di continuità didattica e insieme adottare parametri di equità.