Racconto di guerra
Francesco Paolo Catanzaro - 20-04-2003
Ora che il dittatore è stato cacciato ho ritrovato la voce per gridare il mio disgusto per i suoi metodi brutali.Un popolo lasciato a morire di fame, una collezione di automobili per il figlio, palazzi sontuosi e l'immagine del Grande Fratello onnipresente nella vita quotidiana: il solito rituale di assassinio della libertà.
Rubate i gioielli, rubate i palazzi, rubate le suppellettili ad un popolo ma non rubategli mai la libertà di amare, di pregare, di piangere e sorridere.
La cosa più crudele di un dittatore è che riesce sempre a farsi lodare da una classe dirigente, che ne assume la brutalità e molto spesso va oltre più del suo tiranno. Ora che sono arrivati questi soldati, che hanno usato la forza alla violenza e sono morti sui campi di battaglia, sepolti dalla polvere del cammino,la gente è ritornata per strada. Le donne cominciano a sorridere, i bambini giocano alla pace.
Il cielo sembra essersi rasserenato.
Ora vogliamo che la democrazia torni a regnare in Irak, vogliamo che uomini forti e decisi difendano la libertà di pensare ed amare del popolo e che la gestione sia degli irakeni. Vorremmo che questo non sia più un racconto di guerra ma di pace.

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